Briciole dalla mensa - Domenica di Pasqua di Risurrezione- 20 aprile 2025
LETTURE
At 10,34.37-43 Sal 117 Col 3,1-4 Gv 20,1-9
COMMENTO
Il discorso di Pietro davanti ad un consesso di pagani (il centurione romano, la sua famiglia e gli amici) - siamo nella prima Lettura di Pasqua - ci offre la più eloquente descrizione dello stile di Gesù: «Passò beneficando e risanando tutti». Questo era il cuore di Gesù, questa la sua opera, questa la sua missione, questo è il suo annuncio del regno di Dio: non un evanescente luogo dove si adora come servi un Dio inavvicinabile, ma un vivere fra gli uomini (questo mondo, ma che diventa un "altro" mondo) dove Dio si prende cura dell'uomo, soprattutto se è fragile e ferito, «operando tutto il bene» per lui e guarendolo con il suo amore da ogni ferita. Un mondo dove sono gli uomini che diventano come Dio, perché si comportano come Gesù ha mostrato che si comporta Dio: prendendosi cura gli uni degli altri, e vivendo tutti da fratelli.
Per Pietro, tutto ciò è come un essenziale risurrezione: in lui muore la fede in un Dio che premi i bravi e condanni i cattivi, risorge un Dio che chiama a far festa, alle sue nozze con umanità, quelli che non erano nemmeno invitati, «cattivi e buoni» (cfr. Mt 22,1-14). E lì, ad ascoltare Pietro, c'è quella schiera di pagani, considerati della religione dei senza-Dio, eppure, davanti a questo Vangelo, anche il meno disponibile, come lo era Pietro, è costretto ad arrendersi: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone».
Questo "nuovo mondo" è inaugurato della Pasqua di Gesù, e mette fine al vecchio mondo fatto di distinzioni fra le persone, divisioni, opposizioni, esclusioni e violenze fra gli uomini.
«Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo; rivolgete il pensiero alle cose di lassù, non a quelle della terra». Queste parole della seconda Lettura non ci vogliono rendere degli assurdi spiritualistici, con il naso all'insù, staccati da ciò che è concreto, umano e storico. Infatti, nei versetti precedenti, la lettera ai Colossesi aveva scritto: «Se siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché, come se viveste ancora nel mondo, lasciarvi imporre precetti quali: "Non prendere, non gustare, non toccare?"» (2,20).
Che cosa siano questi «elementi del mondo» lo spiega Giuseppe Dossetti: «Sono gli elementi cosmici tutti intesi come esseri i quali, con l'autorità di Potenze soprannaturali ponevano richieste agli uomini e li avevano asserviti esigendone venerazione religiosa. Chi, dopo la venuta di Cristo e la liberazione da lui apportata agli uomini si sottomette volontariamente questi esseri, si sottomette alle Potenze negative che lo portano non più ad agire da uomo, ma ad essere agito dalle stesse Potenze» (Giuseppe Dossetti, «Non restare in silenzio, mio Dio» in Giuseppe Dossetti, La parola e il silenzio, Figlie di San Paolo, Milano 2005, p. 83). In questo modo, Dossetti dà ragione della negazione radicale di un'umanità di chi è diverso compiuta dai nazisti. Il loro era un «ateismo assertivo» che «poneva chi lo professava in balia dell’idolo, cioè della potenza spirituale di cui l'idolo era solo un simbolo». Non si trattava semplicemente di un'assurda cattiveria, compiuta poi da gente ordinaria, comune, brave persone, diventate capaci di efferatezze e di odio implacabile. Si trattava di un vero e proprio asservimento a queste potenze mondane di male, rispetto alle quali il cristiano deve porsi in atteggiamento di totale e completa estraneità.
Essere uniti alla risurrezione di Gesù significa, per il cristiano, vivere la storia con vigilanza e scelte di vita che lo pongano, all'opposto, sotto le Potenze che vengono dall'alto, da Dio, e che sono quelle che rispettano le persone, soprattutto se fragili, se diverse, se estranee. Con la Pasqua di Gesù possiamo porci docilmente e confidenzialmente sotto tali Potenze ed essere pronti a negare, in tutta coscienza e con lucidità di fede, ogni logica e ogni visione che abbiano qualche forma di sottomissione diabolica. Ed oggi, nel mondo, esistono delle derive da cui è bene guardarsi che, non a caso, applicano proprio un revisionismo storico su quei avvenimenti.
Quando il discepolo entra nella tomba vuota di Gesù (Vangelo), si dice: «Vide e credette. Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti». La parola di Dio contenuta nelle Scritture è la protagonista degli eventi della Pasqua. Al momento precedente la morte di Gesù si dice: «Sapendo [Gesù] che ormai tutto era compiuto affinché si compisse la Scrittura»; e, dopo aver preso l'aceto, «Gesù disse: "È compiuto!". E, chinato il capo, consegnò lo spirito» (Gv 19,28.30). E anche dopo la sua morte ciò che avviene è sempre secondo le Scritture: la mancanza di spezzamento di alcun osso e la trafittura. Ad indicare che colui che è morto in croce è il vero e definitivo Agnello pasquale che opera la salvezza piena dell'umanità.
Dunque non solo la sua vita, ma soprattutto la sua passione, morte e risurrezione avvengono come compimento delle Scritture e, perciò, sono le Scritture stesse che possono condurci alla vera fede, quella nella risurrezione di Cristo dai morti, senza della quale crederemmo invano (cfr. 1Cor 15,16-19).
Possiamo capire Gesù, e soprattutto la sua Pasqua, solo attraverso le Scritture, perché esse narrano e rivelano il percorso dell'opera di salvezza del Signore. Se nella passione, morte e risurrezione di Gesù non si fosse compiuta la Parola, esse non ci avrebbero portato la salvezza. Dunque la vita del cristiano è stare dentro la storia contro le Potenze mondane e essere in assiduo ascolto della parola di Dio che, unica, ci può aprire la fede nel Risorto. Possono davvero rinnovarsi delle comunità cristiane che, personalmente e comunitariamente, mettono al centro il Vangelo e vivono la storia nel servizio dell'amore.
Buona Pasqua.
Alberto Vianello
La paura segreta della morte è l’origine di ogni peccato. Se avessimo paura del peccato come della morte saremmo a cavallo! Cristo è risorto, dunque. Un uomo così la morte non poteva tenerlo per sé.
Ma che cosa è la risurrezione, di che è fatta e come si risorge? Il primo Vangelo, quello di Marco termina con la tomba vuota e l’annuncio dell’angelo: “Non è qui, è risorto. In Galilea lo vedrete”. Poi seguono pochi versetti con l’elenco succinto delle apparizioni, evidentemente un’aggiunta.
Qualche decennio ancora e i Vangeli di Matteo e Luca, con gli Atti e, più tardi di Giovanni riporteranno i racconti delle apparizioni come facenti parte della struttura dell’opera. Gesù venne in mezzo a loro, le porte erano chiuse, mangiava con loro mostrando di essere di carne ed ossa, accendeva il fuoco e vi cuoceva il pesce e il siparietto di Tommaso, senza il quale non rischieremmo di essere beati. Gli dobbiamo molto.
Prova Paolo nel 56 a spiegare in modo razionale che dobbiamo intendere a proposito di risurrezione, dando pure dello stolto a chi gli pone la domanda: “…Si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale…”.
Si resta comunque ai bordi del mistero, ma la certezza della risurrezione di Gesù è fonte di pace.
La Chiesa insomma sentì in quegli anni la necessità di non lasciare dubbi sulla questione essenziale della fede: è veramente risorto, lo dimostra con dovizia di particolari, anche se si continua a non capire come stia ‘tecnicamente’ la faccenda. Un’esplosione di luce, dice la Sindone. È risorto e le nostre pene hanno senso, le fatiche, le rinunce, anche il peccato ha senso! Cose pazze dice la liturgia del cero: Felice colpa che ha meritato un tale redentore! Pace, quindi, sollievo, senso di liberazione. È già molto. La risurrezione di Gesù ci è donata, un regalo per noi. Per noi egli risorge.
E noi? Abbiamo una parte nella nostra risurrezione? Certo che sì. Passione e risurrezione si corrispondono, come la croce e la gloria, poiché l’Agnello è immolato e risorto insieme. Abbiamo una parte di sofferenze da partecipare: la pazienza, le benedizioni contro le maledizioni, il perdono, le benevolenze, il continuo salto di qualità nelle relazioni con i vicini e i lontani perché il mondo sia migliore… Non è così che si partecipa alla croce di Cristo? Quindi anche alla gloria!
Se non proprio artefici siamo almeno collaboratori della nostra risurrezione. Anche così vale il detto: chi ci ha creato senza di noi non ci salverà senza di noi. Gesù ci salva comunque, dove arriviamo arriviamo, lui che interpreta per primo quel che ci propone a vivere. Una risurrezione a punti, la nostra, ma butta via! Ogni gesto di benevolenza già contiene una caparra di risurrezione. Ogni volta che moriamo a noi stessi facciamo esperienza di risurrezione.
Ogni volta che amiamo risorgiamo. Già questa è una buona, ottima Pasqua per noi e ci apre alla comprensione della grande Pasqua del Signore.
Valerio Febei e Rita
Monastero di Marango
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