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Una storia d'amore

Briciole dalla mensa - 32° Domenica T.O. (anno A) - 12 novembre 2023

 

LETTURE

Sap 6,12-16   Sal 62   1Ts 4,13-18   Mt 25,1-13

 

COMMENTO

Pare che gli usi matrimoniali antichi prevedessero che le amiche della sposa attendessero a casa di lei l'arrivo dello sposo. Rimane l'anomalia che, nel racconto parabolico di Gesù, la sposa non è mai nominata: alcuni autori interpretano che siano le dieci vergini a rappresentarla corporativamente, a simboleggiare la Chiesa.
Esse «uscirono incontro allo sposo», portando le loro lampade accese (evidentemente è già buio) e attendono la venuta del Signore. Così esprimono, in una sola immagine, la missione della Chiesa nella storia. Essa è chiamata ad uscire dai comodi ma asfittici recinti religiosi; ad andare nel mondo, ottenebrato dalla guerra e dal rifiuto dell'umano, con la luce evangelica dell'ascolto e dell'accoglienza dell'altro, della riconciliazione e della pacificazione; a cercare il Signore dentro le pieghe tragiche dell'uomo ferito e oppresso, perché questa sua situazione è un appello all'intervento di Dio; ad aspettare con costanza e pazienza la sua venuta, che sarà il Regno d'amore su questo mondo; e, nell'attesa, a custodire la riserva di luce che sono la fede, l'amore e la speranza.

 

È affascinante ed entusiasmante considerare che Gesù paragoni la sua venuta definitiva ad una festa di nozze. È proprio l'opposto della prospettiva di rovine e cataclismi: invece è esperienza di pienezza di umanità. Lui viene come uno sposo che corona il suo sogno di unione d'amore con la sua sposa: l'umanità. Dovremmo allora attenderlo con la passione che leggiamo nel Cantico dei cantici tra l'amato e l'amata. Il Signore verrà a sublimare l’umano che si è impregnato di divino: a far regnare l'amore, a dare eternità ai gesti di carità più umani e quotidiani. Noi non attendiamo un venir meno del mondo, ma la sua trasfigurazione da luogo nel quale si celebra prevalentemente la morte, a causa della violenza (come in questi giorni), a luogo dove si celebra solo l'amore, l'armonia, la concordia.
Forse non siamo tanto vigilanti proprio perché non consideriamo veramente questa prospettiva che il Vangelo ci presenta, e ci portiamo ancora dietro una certa attesa minacciosa di severi rendiconti e castighi.

 

Dieci ragazze che attendono lo sposo: cinque con la riserva di olio per le loro lampade, le altre no. Lo sposo tarda e tutte si addormentano, e quando sta per venire sono tutte sorprese così. Nessuna è capace di una vera vigilanza, e quindi di una piena corrispondenza alla venuta del Signore. Forse non ci è nemmeno richiesto. Quando vediamo i limiti e le povertà della Chiesa non dobbiamo diventare dei delusi scettici. Quello che può salvare è l'umiltà: il preparare quello che è possibile per l’incontro con il Signore che viene, sapendo che tutto è dono, è grazia, quindi ci sorprenderà sempre dentro le nostre non corrispondenze della fede.
Il cammino sinodale che dobbiamo fare parte da una presa di coscienza dei propri errori e mancanze, da una giusta misura di sé, sapendo che il Signore non fa mancare la sua grazia. Questo per liberarci dalla deriva efficientista e attivistica di un certo protagonismo ecclesiale.

 

Il racconto della parabola suscita l’interesse e la domanda circa l'olio di riserva che le cinque ragazze hanno preso, e le altre no. Alcuni studiosi invitano a non insistere troppo sull’allegoria del racconto: cioè a capire che cosa rappresenti l'olio. La parabola vuole essere innanzitutto una lezione di intelligenza, di saper mettere in conto un tempo lungo di attesa (A. Mello).
Io prendo in considerazione l'ultima, dura affermazione dello sposo verso le cinque ragazze che sono giunte in ritardo al suo arrivo: «In verità io vi dico: non vi conosco». L’ho sempre interpretata come una condanna: Io non voglio aver nulla a che fare con voi. Questa volta, invece, la leggo come la constatazione di ciò che è mancato a queste ragazze: il rapporto con lo sposo. Non è l'infedeltà di un momento, di quella notte, ma l'infedeltà di una vita, tanto che lo sposo proprio non le conosce. È nella vita di ogni giorno, con la sua ordinarietà, che dobbiamo farci prendere dalla bellezza della relazione con il Signore. Con la sua affermazione, lo sposo non vuole essere implacabile e tranciante: costata semplicemente la realtà: non può entrare alle nozze chi non ha costruito una relazione vitale con lui. L'amore deve essere una storia, non l'atto dell'ultimo momento.
Questo può anche rispondere ad una certa perplessa antipatia che suscita la reazione delle cinque ragazze, quando hanno rifiutato di condividere l'olio con le altre. Il Regno non è il luogo della solidarietà, della condivisione, della comunione? Certamente, ma la relazione con il Signore deve essere per forza personale, per essere vera relazione, e quindi non la si può prendere in prestito da altri.
Alla fine, il Signore ci riconoscerà se avremo vissuto la relazione con Lui, riconoscendo e mettendo a frutto i suoi doni ricchi e gratuiti (parabola dei talenti: Vangelo di domenica prossima) e se lo avremo riconosciuto e servito nella carità praticata verso i fratelli più poveri e fragili (racconto del giudizio finale: Vangelo fra due domeniche). Allora entreremo alle nozze eterne, grande traguardo che attende l'umanità nella notte della guerra e della violenza. A noi, tenere le lampade accese con una riserva di desiderio di relazione d'amore.

 

Alberto Vianello

 

 

Signore, signore, aprici! Sarà così anche per noi e ce ne staremo fuori a tribolare tra i tormenti o vagando in ‘un’aura senza tempo tinta’, rammaricandoci della vita mancata badando a sé soli? Da lontano arriveranno attutiti i suoni della festa e sapremo quel che abbiamo perso. Conteremo le volte in cui avremmo potuto, dovuto… Possibilità mancate. Né ci si potrà avvalere di giustificazioni cercando le cause fuori di noi, non varranno psicologi o preti…
Ce n’era uno che esortava a ravvedersi ‘dal peccato a cui siete affezionati’. Ne sapeva di penitenti ai quali veniva bene confessare i peccati altrui. I peccati di omertà e di omissione sono i più diffusi e meno contrastati, diceva. Dice bene il Sal 35 questa situazione: “Egli si illude con sé stesso nel ricercare la nostra colpa e detestarla”, ma stavolta il racconto della vita, di come abbiamo usato il tempo, sarà un altro a farlo. Quel che è stato è stato.

 

La parabola delle vergini stolte e sagge dice che non basta la scelta iniziale, la prima intenzione, l’esserci fatti cristiani, entrati al banchetto ma senza l’abito della festa (la cura che le mamme avevano nel vestire i figli per la messa della domenica!). Non si è convertiti una volta per tutte, scritto sulla patente. Lo sanno bene gli anziani ancora alle prese col poco amore, degli anni lunghi e inconcludenti… L’invito a nozze è accolto, Il cammino insieme c’è, le lanterne per la notte anche, il riposo fisiologico è rispettato. L’olio nelle lampade è abbastanza, non copre gli imprevisti. La pratica della carità come modo di vivere: la meta si declina nel mezzo, come a dire che Gesù lo si incontra ‘strada facendo’.

 

Le parabole sulla vigilanza presentano un punto di vista retroattivo, sono uno sguardo dal futuro, oggi si gioca la partita. È la prospettiva di questo Vangelo che carica di responsabilità i nostri giorni. Entreremo al banchetto di nozze? Saremo come ‘sposi’ del Re, vale a dire amati per sempre nel profondo dell’anima? Ma forse ‘amati’ ci dice poco e poco ne pregustiamo il senso, poco ne sappiamo, poco desideriamo. La parola ‘amore’ evoca poco più di un’emozione affettiva riportata a sé, l’amore coincide col piacere, per usare un nesso caro e fatale a Leopardi. Siamo lontani dall’intendere la misericordia e la cura vigile del presente piuttosto che lo sguardo che scruta il bene futuro non cedibile perché ognuno è responsabile di sé. Dovrà alzarsi nella notte, cintura ai fianchi: è l’esodo verso il banchetto di nozze, accolti con un abbraccio così dolce e forte che consolerà ogni pena, ogni tristezza, riempirà ogni vuoto, ripagherà ogni attesa. Tale è la consolazione che ci attende che niente giustificherà l’averla mancata.
Ma tutto questo ci è già dato: è Gesù eucarestia… Nulla manca ad ogni attesa!

 

Questo Vangelo è per noi che procediamo con traballante consapevolezza della posta in gioco e viviamo per lo più una realtà creata dalla nostra mente, ed è una fra le tante rappresentazioni in suo potere. Di qua vendiamo, di là compriamo, dappertutto facciamo guerra. Qui non c’è speranza, non c’è senso. E allora il Vangelo spariglia le nostre carte che risultano false dalla ragione del poi. A niente mi servirà il non aver amato, e per contro: non c’è nessuno che mi impedisca di farlo.

 

Valerio Febei e Rita

 

 

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