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Una fede minoritaria e marginale

Briciole dalla mensa - 28° Domenica T.O. (anno C) - 13 ottobre 2019

 

LETTURE

2Re 5,14-17   Sal 97   2Tm 2,8-13   Lc 17,11-19

 

COMMENTO

«Lungo il cammino verso Gerusalemme»: Gesù vi sta andando con il «volto indurito» (Lc 9,51), cioè con il cuore aperto e disponibile a spendersi senza riserve, per amore. Ma «Gerusalemme» la incontra già nel cammino: in dieci lebbrosi bisognosi. È strano che, quando entro in un villaggio, questi gli vengano incontro: anche se Luca dice che si tengono a distanza, essi non dovevano proprio accostarsi ai centri abitati. Ipotizzo che si trattasse di un piccolissimo e poverissimo agglomerato di casupole, dove la povertà del villaggio si mescolava con quella dei più emarginati, i lebbrosi appunto. Gesù, infatti, non disdegnava questi passaggi fra l'umanità ferita, perché è il buon Samaritano, non il sacerdote o il levita che fanno larghi giri per evitare di chinarsi sui poveri.

 

«Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Insieme al "buon ladrone" e al cieco di Gerico sono gli unici personaggi che hanno l'intimità e la confidenza per chiamarlo direttamente per nome: perché lo sentivano vicino a loro. Forse, anche, lo sentivano come loro: ferito ed emarginato da una religione capace solo di giudicare e sanzionare proprio coloro che avevano bisogno, invece, di sentirsi abbracciati da una comunità credente. E sarà proprio subendo e accettando la croce che Gesù mostrerà l'assurdo di questa forma religiosa e la condannerà assumendo, come Signore, la stessa parte degli ultimi.
I lebbrosi invocano la sua misericordia («Abbi pietà»): riconoscono in Gesù l'amore materno di Dio, che non smette mai di prendersi cura dei suoi figli (cfr. Is 49,13-16).

 

Gesù non li guarisce subito: li manda a mostrarsi al sacerdote, che era l'addetto ufficiale a certificare la guarigione dalla lebbra e quindi la purificazione dell'uomo. Devono partire da lebbrosi per arrivare da chi doveva riconoscere che non lo erano più! Nel loro cuore si devono essere mescolati timore e fiducia. Resta il fatto che si sono incamminati obbedendo alla parola di Gesù. Perché ogni cammino umano che si avvia grazie alla Parola produce sempre una guarigione della vita. Il fatto che poi sia solo uno a tornare a ringraziare Dio non toglie nulla alla fede, in quel momento, degli altri uomini. Ma rivelerà una "finezza" del credere, che non è di tutti, ma che tutti dobbiamo sperare.
«Mentre essi andavano, furono purificati»: nel mezzo del cammino. Cosa fare: proseguire per farsi riconoscere purificati dai sacerdoti oppure tornare indietro a riconoscere ed essere riconoscenti nei confronti di Colui che si è rivelato Dio per la loro vita (solo il Signore poteva guarire un lebbroso, perché veniva considerato un maledetto da Dio)?

«Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce». Guardarsi e riconoscersi trasformati dalla Grazia è il primo e fondamentale passo verso la conversione: tornare a Gesù, a fare eucarestia, confessando la sua opera di amore miracoloso. E’ questo che la Chiesa deve fare oggi. A quest'uomo non importa la purificazione rituale e la reintegrazione sociale: il ringraziamento («fare eucarestia») a Chi lo avevo purificato è la sua vera purezza di vita e la sua collocazione fra i credenti. Solo una piccola minoranza sa avere un cuore riconoscente e capace di lodare Dio: la maggioranza si accontenta del riconoscimento religioso degli altri uomini. Una religione senza Dio e senza vita: perché la vocazione umana è lodare Dio per le cose belle che solo Lui sa compiere per le sue creature.
Ma la lode a Dio non è solo minoritaria, è anche marginale. «Era un Samaritano»: dice il racconto. E Gesù è esplicito nel dire i pregiudizi con i quali era rifiutato: «Questo straniero». Era considerato un senza Dio e un peccatore di natura. Eppure lui è tornato «a rendere gloria a Dio», non gli altri. Gesù non fa discorsi ideologici o discriminatori: si limita a constatare fatti. La sua vita non è stata solo rivelazione di Dio: attorno a Lui si è anche rivelato l'uomo. Chi poteva vantare qualche privilegio religioso o sociale ha preferito i suoi vantaggi alla relazione con Gesù Cristo. Anche i nove lebbrosi, che con fede l'avevano supplicato, credendo alla sua forza di guarigione, una volta purificati dal suo miracolo hanno preferito andar subito a riscuotere i vantaggi sociali per essere tornati sani, piuttosto che tornare a gioire per Colui che con straordinario e gratuito amore si era preso curo della loro sofferenza.

 

«Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». La fede è lasciarsi spingere dal moto di ringraziamento a tornare da Gesù. La gioia e la riconoscenza ci portano a Gesù: ci portano alla relazione con Lui che è riconoscimento e ringraziamento per la sua Grazia nei nostri confronti. Anche gli altri avranno ringraziato Gesù, ma a distanza, come un malato di lebbra si teneva a distanza da un sano. Erano guariti fuori, non dentro. Tutti dieci sono stati purificati dal miracolo di Gesù, ma solo al Samaritano Gesù annuncia la salvezza. Perché non ci salva tanto la Grazia, quanto il fatto che il riconoscimento dell'opera della Grazia in noi ci porta a far ritornare la nostra vita a Gesù: lì sperimentiamo la salvezza come uno stare in relazione grata con Lui. Il Signore, però, non ci vuole legati a Lui da un dovere di riconoscenza, ma da un libero e spontaneo desiderio umano di riconoscerci amati perché purificati, invece che sottoposti al rigore formale e impersonale della religione, che può dirci sanati ma mai può dirci salvati.

 

Alberto Vianello

 

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