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Un Vangelo non domestico

Briciole dalla mensa - 14° Domenica T.O. (anno B) - 4 luglio 2021

 

LETTURE

Ez 2,2-5   Sal 122   2Cor 12,7-10   Mc 6,1-6

 

COMMENTO

«Venne nella sua patria»: anche se Gesù è ormai dedito all'annuncio del Regno, non trascura i rapporti familiari, parentali, amicali. Questa visita a casa fa pensare a relazioni - che Lui intrattiene - che sono semplicemente gratuite e affettive. Immagino che lo rigenerasse non solo la relazione orante e meditativa con il Padre, ma anche l'incontro con i suoi familiari, la visita a qualcuno che gli facesse mantenere il ricordo dei trent'anni di normali relazioni umane a Nazaret, oppure il ricordo di lunghi anni di umile lavoro come «falegname»: attraverso la continuazione di questa esperienza umanissima, Gesù era poi capace di annunciare un Vangelo che toccasse in profondo la carne umana. Nazaret deve essere stata la sua "scuola di teologia" per trent'anni, e ad essa continuava a rifarsi.

 

«Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga»: quante volte, in quel luogo, avrà ascoltato la parola di Dio e avrà pregato con la Scrittura! Ora si fa Lui interprete autorevole di essa, con una Parola che, fin dall'inizio del suo ministero (cfr. Mc 1,22), si rivela forte perché in grado di liberare l'uomo dal suo male. Solo che gli abitanti di Nazaret vengono colpiti sì dallo stesso stupore di quelli di Cafarnao, ma non per la forza e l'amore di quella Parola, bensì perché la sta dicendo «uno di loro»: da dove vengono queste cose, questa sapienza, questi prodigi se Lui è «il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo», e anche gli altri parenti sono dei nostri?
Dobbiamo sempre vigilare sui criteri di discernimento che applichiamo riguardo a una persona, a partire dalla conoscenza che ne abbiamo: cioè non possiamo rinchiudere l'altro nella prigione del già noto. La vera conoscenza di una persona - che è, insieme, un volerle bene - deve rimanere aperta alla possibilità di una scoperta sorpresa e gradevole di una novità sul suo modo di essere. Dire, come gli abitanti di Nazaret, che è impossibile che Gesù faccia o dica delle cose così belle perché è uno come loro, vuol dire ridurlo ad una propria misura e ad un proprio limite. In fin dei conti si squalifica la novità dell'altro perché non si ha stima nella propria condizione.
Conosco dei giovani che hanno saputo maturare un'umanità bellissima e sorprendente, come elevazione rispetto all'ambiente in cui sono cresciuti; e, magari, sono poco considerati proprio da quel contesto che li ha pur generati, ma che ora li vede diversi da sé.

 

«Ed era per loro motivo di scandalo». Per gli abitanti di Nazaret, Gesù è motivo di inciampo innanzitutto perché non sanno capacitarsi della sua sapienza: cioè della ricchezza di esperienze di vita che scaturisce dalle sue parole.
Anche oggi rischiamo la deriva del sapere unico: quello che afferma la dottrina religiosa secolare, nobile ma ormai intrisa di pensiero solo umano. Un sapere che non sa mettersi al confine per scoprire terre altre; che non vuole aprire le porte per accogliere le sensibilità attuali; che non è capace di dialogo, fatto di ascolto e di umile ricezione di pensieri diversi. La messa in discussione del pensiero della Chiesa deve avere come reazione non la chiusura, ma l'apertura a trasmettere il Vangelo ad un'umanità diversa.

 

Poi - secondo la stessa denuncia di Gesù - Egli risulta, per loro, un profeta che non è riconosciuto fra i suoi. La sua origine ordinaria si scontra con il suo ministero di annunciatore del regno di Dio che attira folle innumerevoli. Gesù viene da Dio, ma viene anche dal popolo, cioè dai poveri del Signore, com'era sua mamma Maria: il Figlio di Dio è espressione del piano di salvezza divina, ma anche della speranza e dell'attesa del popolo, che non delega, ma genera.
Anche oggi la parola profetica di Gesù rischia di essere disprezzata, perché asservita ai poteri religiosi, che non sanno cosa farsene dell'annuncio di liberazione per tutti poveri, di un Signore che si fa servo, e di una fraternità che ci lega e ci fa tutti uguali.

Infine, il suo misconoscimento impedisce a Gesù di prendersi cura dell'umanità ferita e bisognosa: «Lì non poteva compiere nessun prodigio». Gesù è come un medico rifiutato: dato che è di Nazaret, non si crede che possa prendersi cura dei suoi abitanti. Se nel Vangelo di Luca essi cercavano, in quel loro concittadino, dei privilegi rispetto agli altri, qui non credono che possa essere a loro favore. Essi sono simbolo di una fede ridotta a ricerca di un beneficio immediato, di soddisfazione superficiale, senza alcuna speranza in un futuro di apertura ad una nuova umanità, ma un futuro impegnato con l’oggi attraverso segni attuali accolti nella fede.
In conclusione, questo episodio mette sull'avviso riguardo al rischio di rendere insignificante la fede proprio da parte di coloro che si credono loro paladini, custodi e difensori. Essi, invece, assolutizzano la loro visione del mondo (vecchia, confessionale) e non sono disponibili a lasciarsene mettere in discussione.

 

Alberto Vianello

 

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