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Un bambino. Un segno che bisogna saper leggere

Briciole dalla mensa - Natale del Signore - Messa della notte - 25 dicembre 2025

 

LETTURE

Is 9,1-6   Sal 95   Tt 2,11-14   Lc 2,1-14

 

COMMENTO

 

Mi trovo in difficoltà a fare gli auguri di Natale. Ne arrivano a centinaia in questi giorni: per posta, su face book, su whatsApp. Alcuni sono originali; il più delle volte sono un copia-incolla di frasi ad effetto, prese dalla Bibbia o da qualche autore importante. Accompagnano i testi delle belle foto, con angeli, artistiche Madonne, paesaggi ricoperti di candida neve. Talvolta c’è anche la musica, da quella tradizionale alla più moderna e raffinata. Sui social ti porti a casa pure qualche insistente pubblicità dei propagandisti della politica o dei venditori di sogni a buon mercato. Sono auguri comunque quasi sempre graditi, che dicono di una relazione, di un legame di amicizia, di un qualche interesse per quello che sei e che fai.

 

Io però non so trovare la citazione più appropriata, le parole più poetiche, l’immagine più convincente, per dire quello che ho nel cuore. In questo momento, in questi giorni, in tutto questo tempo, porto nel cuore, come una profonda ferita, le immagini di Gaza divenuta simbolo universale dell’odio e della violenza che ci sta massacrando tutti. Porto in me i volti disperati di uomini e donne in fuga. Penso all’Ukraina, al Sud Sudan, alla Siria, allo Yemen, alla Nigeria, all’Etiopia, alla Libia, per non parlare delle persistenti insurrezioni in Afghanistan e nel Congo. Mi giro da ogni parte e vedo solo sangue e dolore. Vedo gli occhi dei bambini che mi guardano terrorizzati, senza più lacrime. Osservo le rovine delle città distrutte: pietre a cui è stata rapita l’anima, storie di lavoro, di sudore, di cultura, di fede, cancellate in un istante dall’orribile e devastante rumore delle bombe. Scorrono davanti ai miei occhi le foto orribili delle case devastate, delle chiese e delle moschee profanate e incendiate, dei palazzi svuotati, le sagome di una città nella quale regna il silenzio dei cimiteri.

 

Piango e mi domando come questo può ancora accadere. Piango e mi chiedo se ancora potrà rinascere la vita, se un popolo potrà tornare ad abitare la sua terra. Oggi centinaia di migliaia di profughi sopravvivono nei campi, che si ingrossano sempre più, in una emergenza umanitaria che non finisce mai. Piango in silenzio, preparandomi al Natale.
Ricordo a memoria le parole che hanno accompagnato il mio Avvento, e che sono state per me come un balsamo di speranza, un olio per le ferite: “Un germoglio spunterà dal tronco di Jesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Dite agli smarriti di cuore: «Coraggio, non temete!»”(Is 11,1-10). Nei tempi antichi il Signore, per mezzo del profeta Isaia, aveva parlato al re Acaz, che credeva fermamente che ormai il mondo gli crollasse addosso e che fosse impossibile ogni speranza di futuro: «Il Signore vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e darà alla luce un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7,10). Leggo anche, con un po’ di anticipo, le parole che udremo nella notte di Natale: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Perché tu hai spezzato il giogo che l’opprimeva, il bastone del suo aguzzino. Ogni calzatura di soldato che marciava rimbombando e ogni mantello intriso di sangue saranno bruciati. Un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Il suo nome sarà: Principe della pace».
Mi asciugo gli occhi con il dorso della mano. Due opposte visioni mi prendono l’anima: l’oscurità, nella quale è precipitato il mondo, la violenza che dilaga ovunque, anche nei nostri rapporti più quotidiani, con nessuna resistenza da parte dei molti che vogliono difendersi solo dalle loro paure, e non hanno voce per difendere il fratello. Vedo la morte che canta il suo lugubre lamento e diffonde il suo odore dappertutto. L’ideologia della guerra, il vedere nemici dappertutto è ormai nella normalità dei pensieri di molti. Ci stanno abituando al peggio.
E vedo anche un Bambino, un tenero germoglio, che è nato tra noi. Verrebbe spontaneo affermare che questo Bambino viene come vittima, che entra nel mondo per subire la stessa sorte di milioni di innocenti, violentati e uccisi dai dominatori di questo mondo. La Chiesa del resto, nella sua lettura sapienziale del Vangelo attraverso le immagini delle icone, ha letto nella culla di questo Bambino la prefigurazione della tomba e nelle fasce che lo hanno avvolto appena nato il lenzuolo e le bende con le quali sarà deposto nel sepolcro.

 

Questo Bambino sperimenterà fin dalla nascita la violenza assurda di Erode. Ma il mondo non sa della sua vittoria sulla morte. Questa vittoria dovrebbe essere il nostro canto di Natale: viene in mezzo a noi colui che vince la potenza della morte! Mi domando come questo Bambino inerme, quest’uomo che sarà crocifisso tra due malfattori, faccia ancora paura, fino a distruggerne le immagini, spezzare le croci, sfregiare con odio il suo volto santo. Accade anche da noi. E non pensiamo solo a chi usa violenza. Con le nostre canzoncine piene di buoni sentimenti, i riti celebrati a Natale nei supermercatisempreaperti, le nostre feste d’inverno e l’invasione di luci finte, abbiamo ugualmente ucciso il Bambino. In modo indolore. Facendo finta di fare festa.
Allora prenderò il Bambino, lo avvolgerò in fasce con amore, lo porrò con delicatezza nel suo presepio, tra le pietre di Gaza o tra i palazzi sventrati di Kiev, lui che è preso a bersaglio da uomini senza i tratti di una residua umanità, profanato e fatto oggetto di violenza dai mercanti di morte; ma questo Bambino non sarà ucciso, perché verrà custodito dalla mano provvidente del suo Dio: “Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire, in modo da divorare il Bambino appena lo avesse partorito. Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e suo figlio fu rapito verso Dio e verso il suo trono. La donna invece fuggì nel deserto, dove Dio le aveva preparato un rifugio” (Ap 12,4-6). Questo sarà il mio presepio, la culla sopra la quale adagerò il mio Signore. E verranno molti, soprattutto i poveri, che hanno visto una luce nella notte e hanno udito la voce dell’angelo: «Vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore». Un Bambino, un segno che bisogna saper leggere. La vittoria sulla notte più oscura. E accompagnerò la madre nel deserto, per contemplare in silenzio, assieme a lei, il dono di Dio. «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Vieni, ancora, Signore Gesù!

 

Giorgio Scatto

giorgio.scatto@gmail.com

 

 

 

Una bella coppia, cresciuta nel timor di Dio con un super progetto che li toglie al menage ordinario e un po’ qualunquista del resto del mondo. Ci sono le buone disposizioni, il rispetto, l’affetto, terra buona su cui approda la profezia antica. Stima, pulizia di intenti, rispetto, modi umili ed alti. Una coppia custodita e circondata dal bene. Così la Chiesa ce li presenta.
Ma la vita scorre su altri binari, sui quali le famiglie spesso deragliano. Don Oreste, prete di strada, incontrò migliaia di ragazzi. Gliene venne una lettura rovesciata dei comandamenti. In Scatechismo, al punto quarto scrisse: “Onora tuo figlio e tua figlia”. Essere padre e madre non costituisce titolo di autorità ma di servizio, C’è anche questo.

 

Forse sulla relazione si investe poco, conta di più la professione, il riconoscimento sociale. La relazione, l’intimità, la fedeltà sono oggetti fluidi, relativi al mutare dell’orizzonte. La relazione costitutiva dell’uomo-donna è sempre stata a rischio fin dalle origini ed ogni coppia in tanto resiste in quanto ristabilisce l’intero, l’unità. Anche la coppia è terra di contrasto e di competizione. Niente di nuovo, ma nemmeno la cura è nuova. Paolo spiega agli Efesini: “Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due popoli uno e ha abbattuto il muro di separazione, che li divideva, cioè l'inimicizia…”.  Ragion per cui (in Galati) “non c'è più giudeo né greco; non c'è più schiavo né libero; non c'è più uomo né donna, poiché tutti (sono) uno in Cristo”.  Ma capirlo!

 

La pace allora ci appare come un miraggio, Gesù come un mito e l’annuncio su cui sta la Chiesa una mitologia. Siamo immersi nel materiale. Ci vuole più consapevolezza. Diceva Marconi, che aveva scoperto le onde radio, di non meravigliarsi affatto che la mente producesse onde simili e pregando raggiungessero Dio.
Ma non c’è dubbio che su e giù per il medio oriente ne hanno fatte di fatiche. Quante volte il buon Giuseppe sarà tornato ai dubbi, alle domande alle quali Maria non sapeva rispondere, eppure tirava avanti l’asinello. E Maria non sarà tornata alla predizione oscura del vecchio Simeone?
Anche a noi costa la fedeltà, la pazienza, la fiducia.  Non sono stati rose e fiori per loro. Non sono per nessuno rose e fiori. Ma se ci si vuol bene le fatiche passano meglio. Volersi bene è da furbi. Poi vengono il gioco, gli scherzi, l’umorismo, così per loro così per noi.

 

Ma chi nasce oggi eredita una cultura non lineare, stramba. Ciascuno è legge a sé e il carattere è preminente sulla persona. In cielo non si vedono più le stelle fino a pochi anni fa compagne della notte. Al tempo in cui ciascuno è norma a sé stesso non si va più in là di sé stessi. Ma il dolore che ne viene può essere propizio.
Così dobbiamo rifare esperienza di quel che fa bene ad entrambi, dei valori che vanno riscoperti, rifatti. La ricerca riapre porte chiuse. Funziona così. La fede stessa può essere riscoperta, tale da basarsi sull’assenso della ragione. Il cardinale Henry Newman è stato dichiarato da questo papa dottore della Chiesa. Era anglicano, ha cercato, riflettuto, confrontato come si fa per conoscere come stanno le cose ed ha riconosciuto che tutto ciò che riguarda Cristo è reale e vero il racconto che ne fa la Chiesa cattolica. Dopo l’illuminismo la ricerca è la via di ogni conoscenza.  ‘Grammatica dell’assenso’ è il suo titolo più noto. Assenso della coscienza ai dati che si connettono. Così nella famiglia: la ricerca del suo senso coincide con il bene della coppia e con la gioia.
Nasce un bimbo speciale ad una coppia di giovani timorati di Dio. Ogni bimbo che nasce è speciale, unico ed irrepetibile. Quando i suoi occhi ci guardano Dio ci guarda.
E lasciandoci guardare ci salva.

 

Valerio Febei e Rita

 

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