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Il segno dell’Emmanuele

Briciole dalla mensa - 4° Domenica di Avvento (anno A) - 21 dicembre 2025

 

LETTURE

Is 7,10-14   Sal 23   Rm 1,1-7   Mt 1,18-24

 

COMMENTO

 

In quei giorni il Signore parlò ad Acaz”. I giorni di cui si parla si collocano tra il 740 e il 728 a.C.: l’avvenimento che domina questo periodo è l’invasione della Siria e della Palestina da parte del re d’Assiria. Non è la prima volta che la minaccia assira grava sulla regione, ma ora la Palestina è direttamente e duramente provata: i territori che saranno annessi dal vincitore dovranno riconoscere la sua pesante sovranità.
Inevitabilmente, scrivendo queste note, penso al Libano, alla Siria, all’Iraq, all’Iran e allo Yemen, alla Palestina e a tutto il Medio Oriente, dove il terrore, le bombe, la violenza, hanno devastato tutto e ridotto città e villaggi a cumuli di rovine. Rovine di umanità. Penso soprattutto alla Striscia di Gaza, dove hanno fatto il deserto e l’hanno chiamato pace! Decine di migliaia di morti, più di ventiduemila bambini uccisi, e questa la chiamano pace! È puro orrore, oscuramento della coscienza, abbruttimento all’ennesima potenza. Viene spontanea una domanda, ieri e anche oggi: che cosa diventa ormai il diritto sovrano del Signore sulla terra che egli ha dato agli uomini? Che cosa è rimasto dell’uomo, creato a immagine di Dio?

 

Ritorniamo ai fatti narrati da Isaia. I re di Damasco (Siria) e di Samaria (Israele), volendo trascinare il re di Giuda nella loro coalizione contro il temibile re di Assiria, attaccano Gerusalemme e vogliono detronizzare il giovane re Acaz. È a questo punto che interviene il profeta Isaia, che si reca dal re e gli dice di continuare a confidare nel Signore. Non viene ascoltato. Il re Acaz, sconvolto dalla minaccia che ora gli viene da coloro che erano i suoi alleati, fa appello al re di Assiria, al prezzo del riconoscimento della sua interessata protezione. Alleanze incrociate: il nemico è contemporaneamente amico, in triangolazioni difficili da comprendere. Allora come anche oggi.
Nello scacchiere mediorientale – ma anche tra le potenze che dominano il mondo - ancora non riesco a capire quali siano gli schieramenti, le alleanze, gli interessi, chi sia il nemico e chi l’alleato. L’unica cosa che si vede con chiarezza è il massacro degli innocenti, di fronte ai quali i nostri Paesi continuano a far finta di non vedere, alzando muri e sprangando le porte; e l’immorale commercio delle armi che ingrassa i venditori di morte.
La scelta di Acaz sarà carica di conseguenze, poiché la tutela del temibile tiranno non mancherà di estendersi a tutta la vita del popolo, rivelandosi un abbraccio mortale.

 

«Chiedi per te un segno dal Signore tuo Dio». Per Isaia, che torna ad incontrare il re, il segno non è necessariamente un miracolo, ma un fatto presente, messo in relazione con un avvenimento futuro, che ne confermerà pienamente il senso. Il segno non è semplicemente un’indicazione, ma l’inizio di ciò che si compirà pienamente in futuro. È come se il profeta chiedesse al re di non essere prigioniero della propria visione politica. «Non tutto – gli sussurra Isaia – è avvolto dall’oscurità. Leggi i segni». Ma Acaz non vuole essere trascinato in questa logica, si tira indietro, rifiuta di comprendere ciò che il Signore gli chiede nella situazione presente. Con la sua superficiale e presuntuosa religiosità si rende “insopportabile”: questo è il senso del verbo “stancare”.

 

«Il Signore stesso vi darà un segno. Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele». La “vergine” (almàh, in ebraico) è la giovane regina, sposa di Acaz, che darà alla luce il suo figlio primogenito, il futuro re Ezechia. Nello spazio di meno di un anno il regno di Damasco e di Samaria saranno devastati, mentre la nascita di questo bambino verrà presentata come una testimonianza nuova e meravigliosa della protezione di Dio stesso nei confronti della vacillante dinastia davidica e di tutto il popolo.
È il segno che Dio stesso offre a coloro che sanno leggere il tutto nel frammento. Poi, in realtà, la storia continuerà tra molte contraddizioni, smentite, oscurità. La fede nelle promesse fatte alla dinastia di Davide sarà mantenuta, ma con uno sguardo rivolto al futuro, oltre le tragedie e le negatività del presente, in mezzo alle quali, tuttavia, per chi ha “l’occhio penetrante” possiamo sempre scorgere i segni che preannunciano il sorgere di un giorno nuovo.

 

Così fu generato Gesù Cristo”. Per i cristiani Gesù di Nazareth è il «segno» dato per noi da Dio stesso, «nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza, secondo lo Spirito di santità». Vorrei sottolineare, come semplici appunti, alcune parole dal brano del Vangelo odierno.
Maria, promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme, si trova incinta per opera dello Spirito Santo. Così il testo di Matteo. Quale fu la reazione di Giuseppe a tale notizia? Giuseppe “era uomo giusto”: così è scritto. Giuseppe è chiamato «giusto» non tanto per l’osservanza formale della Legge che autorizza il divorzio in caso di adulterio, né per il fatto che si sarebbe mostrato ‘comprensivo’ di fronte a quello che appariva un evidente tradimento. Giuseppe è giusto perché non vuole farsi passare per il padre di un bambino che ha in Dio stesso la sua origine. Egli è a conoscenza del mistero, per un verosimile avvertimento di Maria, di cui non dubita affatto.
E non voleva accusarla pubblicamente”, dice la traduzione della CEI. È una interpretazione del testo che non condivido, assieme a molti autorevoli esegeti antichi e moderni. Traduco piuttosto: «e non voleva divulgare pubblicamente il fatto». Questa interpretazione non è meno fondata di altre; sembra invece offrire meno difficoltà e riposa su un migliore fondamento letterario.

 

Pensò di ripudiarla in segreto”. Coerentemente con la lettura precedente, traduco in questo modo: «pensò di ritirarsi in segreto». Se Dio stesso è entrato nella vita di Maria con tutta la sua potenza, a questo punto Giuseppe si ritiene fuori gioco: deve subito allontanarsi da una vicenda che non coincide più con i suoi progetti iniziali, e che si rivela troppo alta per lui.
Sarà invece il medesimo Signore a riprenderlo e a renderlo protagonista di una storia davvero incredibile: «Non temere di prendere con te Maria, tua sposa… ella darà alla luce un figlio, e tu lo chiamerai Gesù». Si compie nella vicenda di Giuseppe quanto Isaia nei tempi antichi aveva annunciato: «Dio stesso ci darà un segno. Nascerà un bambino. Si chiamerà Emmanuele, Dio con noi». In una storia tragica, fatta di incomprensibili alleanze e di inaudite violenze, Isaia ha saputo vedere un «segno» carico di futuro. Lo ha visto nella nascita di un bambino. Matteo ha visto nel figlio di Maria, nato dalla potenza dello Spirito e dall’umile disponibilità di una giovane ragazza, il segno definitivo dell’amore e della fedeltà di Dio.
E noi? Sappiamo chiedere «un segno dal Signore»? Sappiamo riconoscere, nella trama di una storia ancora intrisa di sangue, di tradimenti, di morte, «il segno dell’Emmanuele»? Donaci, Signore, di saper vedere con il cuore.

 

Giorgio Scatto

giorgio.scatto@gmail.com

 

 

 

Entriamo: Acaz è il re di Giuda minacciato da Siria ed Israele, alleati. Nel gioco delle alleanze forti ha in animo di rivolgersi al re di Assiria: ogni epoca ha il suo impero. Non si fida di Dio, e che vuoi? Il nemico si vede ed è una minaccia armata, Dio no… “Beh, dice il profeta, chiedigli un segno, vediamo se ti risponde”. E se poi gli risponde per davvero il suo piano politico salta. La risposta di Acaz vorrebbe sembrare un gesto di umiltà: “Non tenterai il Signore tuo Dio”, dice il Deuteronomio. Fa finta. A noi può succedere che con certe richieste vorremmo che Dio ‘dimostrasse’ che è lì per noi prima di fidarci di lui. Oppure crediamo assai poco nelle nostre stesse preghiere. Sì, le diciamo, ma chissà se salgono in su, tanto che possiamo anche distrarci nel mentre. Riserve insomma.
Acaz quindi teme di ricevere un segno contrario al suo progetto: ha già deciso per la real politic: nel conflitto che si profila conviene schierarsi col più forte, l’Assiro. Che infatti verrà, strapazzerà Siria ed Israele, ma poi metterà sotto anche Giuda.

 

Il caso di Acaz esplicita un genere di rapporti insinceri, strumentali, manipolatori. La religione va bene, ma poi bisogna essere concreti: le armi fanno più rumore dei profeti che, tra l’altro, annunciano cose chissà dove situate nel tempo.
“Dio stesso vi darà un segno, una vergine partorirà un figlio”. Il segno ha del sovrannaturale: come può una vergine partorire? E poi che c’entra con gli imbrogli di Acaz? Già, non c’entra solo Acaz: con quella profezia è come se Dio, stanco dei pasticci passati presenti e futuri degli uomini e della loro inclinazione a scusarsi e mentire, in quel Figlio dirà la sua parola conclusiva, misericordiosa non meno che responsabilizzante. Dice Gesù: “Lo Spirito Santo convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (Gv 16). Il Figlio avrà pagato già il conto. Ma a coloro che lo accolgono ha dato il potere di riprendersi l’innocenza e di non essere più soli. Tutto passa, le invidie e sue applicazioni, i conflitti, il dolore, le illusioni... Lui rimane.

 

Cosa passa fra uno che cerca di essere credente ed un altro che non se ne dà pensiero? Un’inquietudine, una resipiscenza, un desiderio…? Sarebbe già molto, ma non basterebbero per cambiare il mondo che proceda senza meta nonostante quel Figlio sia venuto. Ma basta per attenderlo per attenderlo con affetto. Se la Parola di Dio fosse conosciuta direbbe più cose di quante gli uomini desiderino sapere di sé. Chi non è come Acaz faccia un passo avanti. Chi non dice una cosa e ne pensa un’altra, chi non ha cercato o cerca l’alleato più grosso, chi non ha mai pensato di fare di Dio questo alleato in guerra… il Dio degli eserciti! O, per contro, chi ama il nome di Dio così da tenerlo fuori da contese umane? Chi comprende la passione di quel Figlio che condivide la sorte degli uomini, e peggio, fa ricadere su di sé il loro estro omicida? Perché tutti abbiamo un’ora propizia al male, il nostro bel ‘pacco regalo’! Quelli che si rialzano per nostalgia di amore, prima sono caduti. Quelli che non sono caduti scoprono presto che solo Dio è buono.
Sì, insomma, se la Bibbia fosse letta scopriremmo che ci sono delle ambiguità in noi, ma saperlo non è come non saperlo. La nostra preghiera, se preghiamo, diverrebbe una cosa più seria e più bella: un’operazione a cuore aperto. Possiamo occuparci solo della nostra sincerità, della domanda non della risposta.

 

Valerio Febei e Rita

 

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