Briciole dalla mensa - Immacolata concezione di Maria - 8 dicembre 2025
LETTURE
Gen 3,9-15.20 Sal 97 Ef 1,3-6.11-12 Lc 1,26-38
COMMENTO
Il dogma dell’Immacolata concezione di Maria è stato definito da Pio IX solo nel 1854. Ancora oggi, però, alcuni pensano che si tratti della concezione verginale di Gesù, mentre invece si tratta di Maria preservata da ogni macchia di peccato fin dal primo istante della sua esistenza. La Chiesa ha sempre proclamato l’incomparabile santità della vergine “piena di grazia”, che la potenza dell’Altissimo ha preso sotto la sua ombra. Perfetta “serva del Signore”, di un’assoluta fedeltà alla parola di Dio, ella è “benedetta fra tutte le donne”. Questi dati espliciti del Vangelo di Luca (Lc 1,28-42) fondano la venerazione di cui la fede cristiana ha circondato Maria, la Madre di Dio. Celebrando l’Immacolata concezione di Maria, la Chiesa rende grazie a Dio, la cui potenza redentrice è senza limiti.
Iniziamo la nostra riflessione dal libro della Genesi. «Io porrò inimicizia...». Luomo, pur avendo infranto il suo rapporto con Dio, non viene abbandonato. Dio stesso riprende l’iniziativa, prospettando un piano di rivincita nei confronti del “serpente”. Ѐ una grande lezione di confidenza per chi vuole misurare con l’occhio della fede le tensioni fra il bene e il male, fra l’amore e il non-amore. Paolo potrà esclamare: «Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Rm 8,31).
«Fra te e la donna...». Il «serpente» è simbolo di quanti si oppongono alle vie di Dio. L’insegnamento biblico è originalissimo rispetto alla mentalità religiosa di quella remota antichità. Non vi è un Dio del bene e un Dio del male, ma un solo Dio. Anche il male, benché avverso a Lui, è ricondotto alle finalità del suo disegno. Egli è il Signore di tutto, perfino del male. Con linguaggio paradossale, dichiara per bocca del profeta: «Io sono il Signore, e non v’è alcun altro. Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura. Io, il Signore, compio tutto questo» (Is 45,6-7).
La «donna» è sicuramente Eva, di cui si è parlato fino a questo momento nel contesto narrativo di Gen 2-3.
«Fra la tua stirpe e la sua stirpe...». La «stirpe del serpente» sono coloro che seguono le sue istigazioni, rendendosi solidali con il maligno (Sap 2,24; Gv 8,44). La «stirpe della donna», per logica esclusione, include quelli che si schierano dalla parte di Dio.
«Questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno». Nei suoi attacchi contro la donna e la sua discendenza, il serpente conterà al suo attivo alcuni successi, però tutti parziali. Infatti gli sarà «schiacciata la testa», subirà cioè una sconfitta mortale. Chi canterà vittoria sarà quindi la «donna» mediante la sua «stirpe», cioè quella porzione di umanità che si mantiene fedele alle vie di Dio. Per dare compimento al suo progetto, Dio sceglierà Abramo e la nazione che da lui discende, il popolo di Israele. A questo popolo donerà la sua Legge, il culto, il tempio; manderà i profeti, punirà le sue trasgressioni e lo rinnoverà di continuo con il suo perdono. Così Dio vuole strappare progressivamente la comunità di Israele all’egoismo distruttivo, per fare di lei la Sposa tutta bella, senza macchia (cfr. Ct 4, 7-8).
Al termine delle generazioni che da Abramo conducono a Cristo, appare Maria (cfr. Lc 3,23-38; Mt 1,1-16). Essa spunta all’orizzonte della storia della salvezza come «stella del mattino» che prelude a Cristo, «sole di giustizia» (cf. Ml 3,20). E dal momento che Cristo è il solo Santo, Dio volle che fosse Tuttasanta fin dal grembo materno colei che doveva esserne l’arca vivente. Non poteva essere inquinata dai germi del male la carne che sarebbe divenuta carne di Cristo.
Anche Maria, come figlia di Eva, sale dal fiume delle generazioni scaturite dal grembo della «madre di tutti i viventi» (Gen 3,20). E siccome la Vergine, sin dal primo istante del suo esistere, non fu toccata dal male, si può dire che in lei la «stirpe di Eva» consegue una prima eccezionale vittoria sul serpente. Questa singolarissima rivincita anticipa quella definitiva che Cristo - al quale fu strettamente associata la madre - segnerà con la sua morte e risurrezione (cf. Gv 8,44; 12,31; 19,25-27 e Ap 12).
In tutto questo fu operante la potenza dell’amore di Dio, che teneva fede alla promessa antica: «Io porrò inimicizia fra te e la donna...Questa ti schiaccerà il capo».
Facciamo ora un piccolo commento alla seconda Lettura, tratta dalla lettera di Paolo agli Efesini. Il Padre, in Cristo suo Figlio, vuole renderci «suoi figli adottivi», «santi e immacolati al suo cospetto nella carità». Così egli ci ha pensati: fare di noi persone che siano capaci di aprirsi totalmente all’amore, quell’amore che ci ha manifestato nel Figlio. Ѐ nella persona di suo Figlio che il Padre ci dona la sua grazia, con effusione straordinariamente ricca. Il sangue che Gesù ha sparso per noi, il dono che egli ha fatto di sé sulla croce ha il potere di strapparci dal Maligno. Più avanti, nella stessa Lettera, Paolo dirà che «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa» (Ef 5,25-26).
Pure Maria - insegna la Chiesa - poté splendere tutta bella agli inizi stessi del suo esistere, in virtù del sangue di suo Figlio. Essa fu redenta in maniera più alta (sublimiori modo), in quanto fu preservata da ogni macchia di peccato «in previsione della morte di lui».
Occorre sottolineare il carattere gratuito e preveniente di questo progetto divino. Il Padre, «secondo il beneplacito della sua volontà», l’ha stabilito «prima della creazione del mondo». Il suo amore precede i nostri meriti: «Egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,10). Allora la nostra piena realizzazione come persone (la nostra “salvezza”), prima di essere una nostra presunta conquista, è puro dono di Dio.
Anche l’Immacolata è puro dono di grazia. Maria nulla poteva metterci di suo, nulla poteva fare per nascere immune dal male. Maria ha corrisposto al dono impegnando la sua libera volontà. In partenza però l’Immacolata è tutta opera di Dio.
Anche della Chiesa Dio farà una sposa «tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma “santa e immacolata”».
Nella pagina del Vangelo di Luca che ci viene proposto l’angelo saluta Maria con il titolo di «kecharitoméne, piena di grazia» (Lc 1,28) quasi fosse questo il suo nome proprio. Il significato di questo appellativo - che è il participio perfetto passivo del verbo «charitòo», risulta da quattro osservazioni.
La radice del verbo «charitòo» è il sostantivo «chàris». Nel vocabolario del NT, la «chàris» ha la sua sorgente in Dio e indica il suo amore, la sua grazia, la sua benevolenza, il suo favore. Questo amore gratuito e illimitato ci viene offerto in Cristo. Ѐ in lui che abbiamo la redenzione mediante il suo sangue, la remissione dei peccati, secondo la ricchezza della sua grazia. Egli l’ha abbondantemente riversata su di noi.
Il verbo ha anche un valore causativo: «rendere amabile, grazioso, favorito, gradito». Dio ha reso Maria piena della sua compiacenza, l’ha trasformata con il suo amore. «L’effetto di questo dono eterno è come un germe di santità, o come una sorgente che zampilla nell’anima come dono di Dio stesso» (Giovanni Paolo II, Redemptoris Mater, n.8).
Nel testo di Luca il verbo è usato al perfetto, un tempo che indica un’azione passata, che prolunga però i suoi effetti anche nel presente. Ciò significa che Dio ha già ricolmato Maria del suo amore, e Maria, da parte sua, persevera attualmente in questa condizione. «L’accento non cade dunque più sull’azione di Dio che agisce, ma sull’effetto che ne è derivato per Maria» (Ignace De la Potterie, Biblica, 68, 1987, p. 369).
Per quale motivo il Padre ha riversato su Maria la pienezza della sua grazia? La risposta è data dall’angelo: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia (chàrin) presso Dio. Ecco: concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù». Maria è ricolma della «chàris» di Dio in quanto è stata scelta da Lui per una «chàris», ossia per in compito, un carisma del tutto singolare, quello di accogliere in grembo e dare alla luce Gesù, Figlio dell’Altissimo. La singolarità unica della vocazione di Maria spiega la misura eccezionale della «chàris» in lei profusa. In forza di questo dono benevolente e trasformante Dio l’ha resa santa e immacolata. Come alla Sposa del Cantico, Egli può dire a Maria: «Tutta bella tu sei, amica mia, in te nessuna macchia» (Ct 4,7).
Cosa dice il Magistero della Chiesa a proposito dell’Immacolata? «La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente e in vista dei meriti di Gesù Cristo, salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia di peccato originale» (Pio IX, Ineffabilis Deus, 8 dicembre 1854). «La Tuttasanta e immune da ogni macchia di peccato, dallo Spirito santo quasi plasmata e resa una nuova creatura, adornata fin dal primo istante della sua concezione dagli splendori di una santità del tutto singolare» (Lumen gentium, n. 56).
Maria è per i cristiani:
Segno dell’amore di Dio
Icona della santità della Chiesa
Immagine dell’umanità autentica
Inizio della Chiesa santa e immacolata
Icona della Chiesa Sposa senza macchia
Una promessa di Dio che ama e non abbandona.
Giorgio Scatto
Monastero di Marango
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