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Trasfigurato dalla Parola

Briciole dalla mensa - 2° Domenica di Quaresima (anno A) - 8 marzo 2020

 

LETTURE

Gen 12,1-4   Sal 32   2Tm 1,8-10   Mt 17,1-9

 

COMMENTO

Nell'episodio delle tentazioni (Vangelo di domenica scorsa) Gesù si era rifiutato di cedere al miracolistico e allo spettacolare. Sarebbe quindi contraddittorio leggere l'episodio della trasfigurazione (Vangelo di questo domenica) proprio come una scena che volesse esibire la grandezza di Dio presente nell'umanità di Gesù.
Nel racconto, ciò che viene particolarmente evidenziato come oggetto della trasfigurazione è il «volto» di Gesù, che divenne «radioso come il sole», dice particolarmente Matteo. Questo elemento si assomma ad altri che richiamano la manifestazione di Dio a Mosé sul Sinai, quando donò le tavole della Legge: il monte alto, le tende, la nube luminosa, la voce di Dio. Perciò il particolare del volto radioso rinvia a Es 34,29: «Quando Mosé scese dal monte Sinai non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con Dio». Perciò il volto raggiante di Gesù non è altro che la rivelazione e la conseguenza del suo conversare con il Padre, del suo mettersi in ascolto e in obbedienza della parola di Dio.
Essa ci rivela e ci dona Dio: è un'esposizione della luce divina che trasfigura in luce anche la povera carne mortale dell'uomo. Dobbiamo accogliere cordialmente e vivere senza riserve la nostra umanità tanto fragile. Questo significa riuscire a non sentirsi sminuiti e svantaggiati quando sperimentiamo i nostri limiti e le nostre malattie (fisiche e spirituali). Ma questa consapevole e coraggiosa responsabilità di farsi carico di se stessi deve essere quel lavoro essenziale da fare per poi presentarsi alla luce della Parola: come quando ci mettiamo al sole per abbronzarci. La Parola sa far diventare luce ciò che è pallido ed emaciato: è un'esperienza che supera il limite umano. Eppure non ci fa essere altro che persone umane, rese bellissime di tale luce. Se vogliamo, possiamo pensare invece ad una luce interiore che si manifesta e si esteriorizza nel corpo: è sempre la potenza della Parola che la opera.

 

Ma perché la parola di Dio è una luce che illumina e dà vita come fa il sole? Mosé ed Elia, che appaiono accanto Gesù nella sua trasfigurazione e che «conversavano con lui», sono accumunati, fra gli altri, da un particolare elemento. Mose ha ricevuto da Dio le tavole della Legge, mentre il popolo già tradiva il suo Signore facendosi il vitello d'oro. Dio dovrà rinnovare l'alleanza con Israele non basandosi più sulla Legge, che rivelava l'infedeltà del popolo, ma sulla sua misericordia. Ed è proprio così che “si mostra” a Mosé: «Il Signore, Dio misericordioso e impietoso, lento all'ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato…» (Es 34,6-7). È da questa esperienza che il volto di Mosé diventa raggiante. Anche per Elia l’inizio si pone nello zelo religioso fondato sulla Legge, per il quale combatte anche con violenza integralista, fino a uccidere 450 sacerdoti di Baal (cfr. 1Re 18,20-40). Ma poi vivrà tutto ciò non come una vittoria ma come una sconfitta. Allora vorrà addirittura fuggire da Dio, ma lo incontrerà sull'Oreb. Però non sperimenterà Dio in una sua manifestazione gloriosa, tipica dello zelo religioso, ma «nella voce sottile quasi silenzio» (cfr. 1Re 19,9-18). È la voce divina della misericordia, non quella dello zelo vendicativo: severissima lezione, che Elia deve imparare, al prezzo della fine della sua missione. Dio si riconosce soltanto nella parola di un profeta che annunci misericordia e pace, da parte del Signore. Mosé ed Elia: il superamento della Legge e la scoperta di Dio nel suo amore fedele e incondizionato. Questa è l'esperienza che trasfigura il volto.

 

Per Gesù, questo contatto luminoso e illuminante con la Parola permetterà al suo volto così trasfigurato di passare attraverso il suo indurimento («ferma decisione») per andare verso Gerusalemme a vivere la sua Pasqua (cfr. Lc 9,51); permetterà di offrirlo a coloro che lo percuotevano (cfr. Is 50,6), testimonianza di un amore radicale e pacifico; permetterà di far ardere il cuore ai volti tristi dei suoi discepoli, che non credevano nella resurrezione, non credendo alla Scrittura (cfr. Lc 24,13-35). Tutto questo è confermato dalla voce che i tre discepoli ascoltano nella «nube luminosa»: è la voce del Padre, che non ha altre parole da dire che quelle stesse della Scrittura. Esse proclamano che Gesù è veramente il Messia atteso («Questi è il Figlio mio», Sal 2), è l'amato come l'Unigenito («L'amato», Gen 22,2), è il servo del Signore («In lui ho opposto il mio compiacimento», Is 42,1), è il nuovo e vero Mosé («Ascoltatelo», Dt 18,15).
Oggi la Chiesa deve riscoprire un maggiore attaccamento e una frequenza più assidua alla parola di Dio. Se in questi giorni sentiamo la privazione dell'Eucarestia, non dobbiamo dimenticare che essa è la carne della Parola, è uno dei due pani della Messa. L'ascolto della parola di Dio non la sostituisce, ma ha la forza di irraggiare luce sulla nostra carne mortale, come in quella di Gesù.

 

Alberto Vianello

 

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