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Siamo opera del suo amore

Briciole dalla mensa - 4° Domenica di Quaresima (anno B) - 14 marzo 2021

 

LETTURE

2Cr 36,14-16.19-23   Sal 136   Ef 2,4-10   Gv 3,14-21

 

COMMENTO

 

Tutte e tre le Letture di questa domenica parlano dell'amore di Dio per il suo popolo e per l'uomo. Un amore concreto, storico, reale, sperimentabile. All'uomo è chiesto solo di credere all'amore di Dio.
La prima Lettura è una sintesi dell'intera storia di Israele. «Moltiplicarono le loro infedeltà»: è rendere culto ad altri dei, che non hanno salvato Israele, né possono farlo. Ma Dio «mandò premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri»: cura premurosa e insistenza preoccupata. «Perché aveva compassione del suo popolo»: si tratta della profonda commozione e del pieno coinvolgimento delle viscere materne di Dio. Il rifiuto di tanta amorevole premura è la rovina di Israele, con il dramma della deportazione e dell'esilio. Ma Dio non conosce la definitività dell'abbandono, pur dopo averle provate tutte. Infatti «il Signore suscitò lo spirito di Ciro, re di Persia». La politica di Ciro di lasciar tornare in Palestina i deportati ebrei che l'avessero voluto è letta come opera provvidenziale di Dio. Il Signore ha sempre l'ultima parola nella storia, ed è una parola di ripresa di amore e quindi di apertura di un nuovo futuro, dentro la crisi più totale vissuta.
Non si torna indietro, ma si va avanti: perché l'esperienza dell'amore del Signore rinnova radicalmente la fede. In quell'esilio, la grazia del Signore ha permesso al popolo di ripensare alla storia di Dio con Israele e lo ha portato a comporre gran parte del corpo delle Scritture. Al ritorno dall'esilio, esse diventeranno il luogo privilegiato per vivere l'alleanza con Dio e anche il suo culto.

 

Anche la seconda Lettura proclama Dio «ricco di misericordia» e un Dio che è mosso solo dal «grande amore con il quale ci ha amato». E anche qui si parla dell'opera di questo amore che provoca un passaggio radicalissimo: «Da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo». Sempre l'opera di Dio in favore dell'uomo è azione di riscatto e di liberazione; perché l'uomo, lasciato a se stesso, si fa prendere dal male e ne subisce la rovina: la storia e l'attualità ce lo mostrano.
L'opera dell'amore di Dio avviene in Gesù Cristo: in Lui ci fa rivivere. Non solo: «Con Lui ci ha anche risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli». La Pasqua di morte e risurrezione di Cristo è stata talmente efficace e noi siamo così uniti a Lui, per grazia, che è come se fossimo già risorti e già sedessimo nella gloria divina: nulla può più separarci dall'amore di Dio e dalla sua opera di salvezza.
Se guardo a me stesso oppure alla condizione generale dell'uomo, verrebbe da pensare che abbiamo davanti un inevitabile destino di morte, fisica e morale. Invece, la fede nell'amore di Dio per ciascuno di noi ci porta a considerare, con una parola di Dio come questa, che già apparteniamo alla vita piena, già il corpo della nostra miseria è un corpo che diventa glorioso, come quello di Cristo (cfr. Fil 3,21). La forza, la vitalità della risurrezione e della gloria già invadono il nostro povero limite, grazie alla determinazione e all'assolutezza che esse hanno sul nostro destino.

 

Riviviamo in Cristo, siamo come già risorti in Lui, siamo salvati mediante la fede: tutto «per grazia», dono gratuito di Dio. Tale grazia fa sì che ci rapportiamo a Dio non attraverso le nostre opere, ma per fede. Credere nel Signore significa credere nel suo dono gratuito. Usciremo dalla crisi ecclesiale che stiamo vivendo quando punteremo davvero tutto sulla grazia: perché confidiamo ancora troppo nelle nostre opere. Tanto che misuriamo la bontà di ogni idea, progetto, impegno sulle capacità umane di portarli a termine. Noi, invece, possiamo testimoniare che concretamente la grazia del Signore non ci lascia mai i soli, quando, con fede e discernimento, si guarda al futuro con una progettualità evangelica.

 

Anche il Vangelo invita ad attivarsi nella fede per vivere il rapporto con l'amore di Dio in Gesù Cristo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito». L'amore di Dio non va conquistato, non va ripagato, ma solo creduto.
«Il Figlio dell'uomo innalzato» è la storica espressione di tale amore. Innalzato sulla croce, ma anche verso il Padre. Perché, per il Vangelo di Giovanni, la croce - dramma umano - è concreta rivelazione della gloria di Dio: il Dio amore si rivela proprio come amore nella croce di Gesù, dove il Padre dona il Figlio e il Figlio si dona per amore nostro. Siamo perciò invitati a guardare, nella fede, l'innalzamento del Figlio dell'uomo, trasfigurazione di Dio, che trasfigura anche il nostro sguardo e la nostra vita. Credere diventa un passaggio continuo dal fissarsi in Dio allo stare nel mondo, dove sta infisso Gesù Cristo innalzato, nell'atto continuo della sua offerta. Significa che, in ogni condizione umana e creaturale, agisce costantemente la Pasqua di Gesù, l'amore concreto del Padre. Un mondo, continuamente condannato dalle sue opere, è continuamente salvato dall'opera di amore del Signore. Nessuno va perduto, nessun amore per le tenebre prevale, nessuna opera malvagia rimane. La fede e le sue opere sono una presa di posizione dell'uomo nella scelta di campo dell'amore di Dio.

 

Alberto Vianello

 

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