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Rifiuto e accoglienza secondo la fede

Briciole dalla mensa - 28° Domenica T.O. (anno A) - 11 ottobre 2020

 

LETTURE

Is 25,6-10   Sal 22   Fil 4,12-14.19-20   Mt 22,1-14

 

COMMENTO

 

Chi non risponde volentieri a un invito a nozze?! È un momento di gioia e di godimento; non tanto perché si mangia e si fa festa, ma soprattutto perché si partecipa insieme a quell'esperienza di pienezza umana che è il «per sempre» di due persone che si amano. Un banchetto nuziale è così evocativo di soddisfazione e felicità umana che è l'immagine biblica preferita per raffigurare la pienezza di piacere che l'opera del Signore realizza.
Così la prima Lettura parla di un «banchetto di grasse vivande, cibi succulenti, vini eccellenti e raffinati». Una felicità come quella che si vive partecipando a una festa di matrimonio è quella dovuta al fatto che «Dio strapperà il velo che copriva la faccia di tutti i popoli»: tutti potranno vedere Dio e vivere la relazione con Lui. La prova "storica" che l'umanità arriverà a questa pienezza nel faccia a faccia con il suo Dio sta nel fatto che Egli «eliminerà la morte per sempre»: ciò che tiene in scacco l'uomo, cioè la morte, massima esperienza della sua fragilità, sarà per sempre eliminato. Per cui «il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto»: la sensibilità e la tenerezza di Dio, il suo consolare e liberare da ogni tipo di dolore e sofferenza.
Il dramma umano, se abbiamo cuore, sta ancora oggi davanti ai nostri occhi: una guerra mondiale a pezzi, come dice papa Francesco, perché ci sono miriadi di conflitti tutti collegabili fra loro; la vergogna mondiale della fame, oggi che abbiamo i mezzi per saziare tutti; il cancro dell'egoismo che ci impedisce di vivere quello che siamo, tutti fratelli. L'uomo è, per sua natura - quella del suo stesso Creatore -, fatto di bene e perciò chiamato ad essere facitore di bene. Ma si è fatto disobbediente a Dio e a se stesso, cioè alla sua vocazione: invece di essere strumento di bene, è diventato carne debole perché esposta al male, per propria responsabilità. Per questo Dio si è posto come suo traguardo, orizzonte, oggetto di speranza di un'esperienza umana finalmente positiva; come suo dono, Grazia immeritata e gratuita: «Questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza».

 

Gesù si ispira alla stessa immagine e allo stesso contenuto, drammatizzando e storicizzando la parabola del banchetto nuziale. Perché Egli parla di un rifiuto degli inviati a venire alle nozze, le sue, quelle dell'Agnello: sono i capi dei guidei, rappresentanti di quel popolo per il quale, innanzitutto, Egli si offre. Ma la loro incuranza all'invito, la loro trascuratezza e superficialità - per cui preferiscono il «proprio campo e i propri affari» a venir a far festa - li rende rappresentanti di tutte le generazioni, compresa la nostra. Chi si rifiuta a Dio e al suo dono, si rifiuta poi agli altri.
Certo, il rifiuto di Dio è dovuto, oggi, anche a una Chiesa che pratica una fede ancora bigotta e estranea alla vita delle persone; quando, anche, non le scandalizza. Ma è anche vero che dove ci si sforza di tornare alla freschezza del Vangelo e di essere più in comunione e in ascolto della gente, spesso si continua incontrare una certa indifferenza. Del resto, questo non riguarda solo il campo della fede: c'è, infatti, una certa tendenza a chiudersi nel proprio guscio, così da essere abbastanza refrattari a diverse proposte di crescita umana, personale o spirituale.
Ma il cuore della parabola evangelica non sta nella denuncia del rifiuto da parte degli invitati: che è rifiuto di Dio e delle nozze che Egli ha preparato. Il Signore condanna sì questa loro scelta, perché non può essere indifferente il partecipare o meno a quell'esperienza di pienezza umana, gioia illimitata, libertà dalla morte, intimità con Dio! Ma Egli non si ferma qui: ordina ai suoi servi di far venire alle nozze quelli che trovano per le strade, quelli che non erano invitati. Il rifiuto di alcuni porta ad allargare l'invito a tutti. Così alle nozze non manca nessuno: «cattivi e buoni». In questo modo, appare ancora più trasparente la gratuità della partecipazione alla pienezza, data dal Signore.
Questo ci insegna che l'esperienza del rifiuto della fede deve essere letta come segno che invita ad allargare gli orizzonti, a porgere l'invito a chi non consideriamo in grado di accoglierlo, ma che invece lo è perché non pensa al proprio campo e ai propri affari.

 

Infine una parola su quel partecipante alle nozze che è trovato senza l'abito nuziale e che per questo viene condannato: sembra una sentenza che contraddice la gratuità dell’invito. In verità, la partecipazione è sì totalmente gratuita, tanto che vi sono coloro che non erano stati invitati. Ma tale dono di cui non si è degni non è irrilevante: ci trasforma, è una grazia trasfigurante e fecondante. Non vestire l'abito nuziale corrisponde a credere che sì, il Signore è buono anche con me, anche se non lo merito, ma che io sono fatto così, e che anche la Grazia non potrà cambiarmi. Perciò, alla fine, l’invito è esteso a tutti, e a nessuno Dio si nega; ma un cammino consapevole di una Grazia immeritata che mi trasforma e mi fa godere delle nozze della vita non sarà, per forza di cose, di tutti. È proprio perché sono cattivo che il Signore vuole trasformarmi e darmi la veste della bontà.

 

Alberto Vianello

 

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