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Lo stupore del Vangelo

Briciole dalla mensa - Ascensione del Signore (anno B) - 12 maggio 2024

 

LETTURE

At 1,1-11   Sal 46   Ef 4,1-13   Mc 16,15-20

 

COMMENTO

 

Per la festa dell'ascensione, la liturgia ci offre Mc 16,15-20, che sappiamo essere un'aggiunta posteriore al Vangelo di Marco, perché vengono usate parole diverse dal resto del Vangelo. Il racconto autentico di Marco finiva con le tre donne che, al sepolcro vuoto, si sentono dire: «È risorto, non è qui. Ma andate e dite ai suoi discepoli e a Pietro: "Egli vi precede in Galilea"» (Mc 16,7). A questo incontro le donne sono fuggite e non hanno detto niente a nessuno, «perché erano piene di spavento e di stupore» (v. 8). Il Vangelo finiva con questo timore e stupore.
Sul motivo per il quale un redattore ha voluto aggiungere i versetti che leggiamo questa domenica, qualcuno suggerisce l'ipotesi che, con la fine canonica, veniva ignorata la consegna agli apostoli della missione, che sembrava affidata effettivamente solo alle donne. Figure più fragili, più paurose, come dice il Vangelo stesso, ma, in definitiva, più fedeli al Signore: sono loro che stanno ad osservare la crocifissione, mentre i discepoli sono tutti fuggiti, e sono loro che la mattina hanno il coraggio di recarsi alla tomba. Forse suonava strano e un po' sconveniente che il Vangelo fosse affidato a chi si fa prendere da paura e stupore, a chi non ha la pienezza della fede. Ben presto si affermerà l'immagine della comunità forte, delle verità certe, della decisa adesione, della ferma proclamazione. Si è perso lo stupore delle donne: lo stupore di un Vangelo, di un annuncio della risurrezione, di una speranza affidati a ciascuno di noi; non importa se è debole nella fede, se intimorito dai propri dubbi, se esitante a credere.

 

Le donne dovevano portare, poi, l'annuncio dell'incontro con il Risorto in Galilea: nel paese delle lontananze, delle nuove appartenenze, dei rimescolamenti culturali e religiosi. Ebbene, proprio l’aggiunta al Vangelo di Marco dice chi sono questi destinati a vedere Gesù risorto dai morti per poi andare ad annunciarlo in tutto il mondo. Sono «Maria di Magdala, dalla quale aveva scacciato sette demoni». Sono i discepoli, rimproverati da Gesù «per la loro incredulità e durezza di cuore». Siamo tutti noi, che leggiamo e non capiamo, che ascoltiamo ma non crediamo, che vorremmo avere fede, ma rimaniamo inchiodati, dalla paura, ai nostri silenzi.
Dobbiamo prendere coscienza dello stupore del Vangelo, non solo per il suo contenuto, per il suo aprirci il regno di Dio. Ma lo stupore anche per un Vangelo, per una speranza, affidati alle nostre debole mani. Questo è il modo per essere davvero veri. Cioè non far finta di non aver dubbi, né, dall'altra parte, pensare che le nostre mani sono troppo deboli per accogliere il Vangelo.

 

Se siamo più veri possiamo anche interpretare in modo più coerente, quindi più umile lo "stile" di chi annuncia il Vangelo, così come lo descrive questa aggiunta al Vangelo di Marco. Si parla di segni prodigiosi: cacciare i demoni, parlare lingue nuove, prendere in mano serpenti, imporre le mani ai malati.
Scacciare demoni, pur rispettando gli esorcismi veri e propri, può voler dire impegnarsi a stanare, ogni giorno, i fantasmi che li tengono dentro agli uomini: sete di danaro, protagonismo aggressivo, possesso delle persone, forme diverse di violenza e coercizione sulle persone. Sono questi i demoni dell'uomo di oggi.
Parlare lingue nuove significa usare parole autentiche: dire cose vere, oneste, fondate, mantenute.
Prendere in mano i serpenti vuol dire non farsi fagocitare dalle cattiverie.
Imporre le mani ai malati non è la pretesa di procurare miracoli di guarigione, ma l'impegno a curare, a prendersi cura di chi sta male. Il verbo usato per dire delle guarigioni che Gesù operava, è il termine da cui deriva il nostro «terapia»: la guarigione era il modo in cui Gesù mostrava che si prendeva cura dei malati, non solo li guariva.

 

«Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio». Gesù non raggiunge un lontano luogo stellare: non pensiamo a un luogo "fisico", seppur lontano e diverso dal nostro. Nell'evento dell'ascensione siamo chiamati a contemplare nella fede come alla destra di Dio Padre da allora sieda un corpo umano come il nostro. Cioè, nel destino finale e definitivo di Gesù dobbiamo vedere la prefigurazione della destinazione nostra e di tutta l'umanità.
Infatti, con l'ascensione, Gesù porta dentro, nella stessa vita trinitaria, quella carne umana che Lui aveva assunto dall'annunciazione e che è stata redenta con la risurrezione dai morti. È la condizione che Gesù garantisce in modo formale e inequivocabile al ladrone crocifisso con Lui: «Oggi con me sarai in paradiso» (Lc 23,43). A nessun altro, se non a questo povero uomo dalla vita sbagliata, è garantito subito e incondizionatamente quello stare in Dio. Il "passaporto" è la nostra esistenza umana concreta, come quella rappresentata dal corpo umano di Gesù, che contempliamo in Dio Padre.

 

Alberto Vianello

 

 

“Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono” e segue elenco di una qualità di vita che è nei nostri sogni, o magari desideri. E siccome non possiamo pensare che la Parola del Signore sia detta a caso, dobbiamo ritenere che ci attende un passo più in là un altro modo di essere.

 

“Nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno”. C’è da supporre che queste parole non si riferiscano solo a quei discepoli e ai primi tempi della Chiesa ma a tutti quelli che credono, tutti, presenti e a venire. La parola del Signore fa quel che dice ed è valida per sempre, quindi siamo autorizzati a pensare che la promessa riguardi anche noi. la promessa di una ‘coabitazione’ di Gesù in noi quale terza Persona della Trinità. Cose alte, ma non incomprensibili.
È sempre Gesù che spiega prima di salire in Cielo: ha fatto tutto, col dono di sé ha sanato il nostro debito, la mente ed il cuore offuscati, incapaci di conoscere il Padre amante della vita, cioè della sua stessa opera. Così ripuliti, e rivestiti a festa con la sua risurrezione come un giorno luminoso di ‘vera’ primavera, siamo abilitati ad accogliere il suo Spirito, che è il modo della sua presenza ‘dentro di noi’ in questo mondo, dopo che Egli è tornato a casa.
Risuonano le parole di Ez 36,26: “Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo… Porrò il mio spirito dentro di voi…”. Proprio così, tutto scritto secoli prima. Uno Spirito presente accanto e dentro di noi, ovvio che si tratti di una qualità nuova del vivere, qui solo accennata, sperimentata dai discepoli e da quanti per loro mezzo, ma anche no, ricevono il Paraclito. Parleranno lingue, imporranno le mani… faranno cose che rimangono nell’immaginazione dei più. E per non essere sempre compresi fra questi più? Essere di quelli che credono. ‘Ma io frequento la Chesa, i sacramenti da tanto tempo, ecco il prete lo sa, può certificarlo…’. Ci avvaliamo di piccole strategie…

 

Ma la fede è appunto ‘sapere’ che Gesù è davvero risorto, è qui e crederlo è già una qualità nuova del vivere. Chi crede ha già presenti le cose di lassù, o di quaggiù che restano invisibili. Sa già che la realtà vera è per lo più invisibile ma non meno reale, ne è certo. E la porta di accesso è il corpo e il sangue del Signore, accolti con amore. Sa che la salvezza è confessare che Gesù è il Signore e credere con cuore che è risorto. Poi viene il dono dello Spirito con il corteo dei suoi doni. Per una missione: perché la vostra gioia sia piena e perché contagi il mondo intero. Che, è bene saperlo, è attaccatissimo alle sue credenze, ai suoi interessi e vi aggredirà come l’animale selvatico capitato in una trappola morderà la mano che cerca di liberarlo. 
“Per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi…”.

 

Comunque, la realtà in cui siamo immersi non è vera, non dura, non consiste, ‘non conclude’ diceva Pirandello. Tutta la rivelazione di Gesù si completa in queste ultime battute: dopo la sua risurrezione ben dimostrata in quaranta giorni e molte apparizioni, sale in alto, ma non tutto è finito, manca il pezzo più importante per noi a cui tendeva la sua venuta, la sua breve vita, la sua pasqua: metterci a parte della famiglia divina. 
Maranatà, vieni Santo Spirito.

 

Valerio Febei e Rita

 

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