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Lo sguardo di Dio

Briciole dalla mensa - Assunzione della Beata Vergine Maria - 15 agosto 2021

 

LETTURE

Ap 11,19; 12,1-6.10   Sal 44   1Cor 15,20-26   Lc 1,39-56

 

COMMENTO

 

In un certo filone dell'iconografia classica (e anche degli affreschi della nostra chiesetta di Ottava Presa) l'incontro di Maria con Elisabetta - nella sua visita alla cugina - è raffigurato attraverso un bellissimo abbraccio, nel quale, l'accostarsi dei due volti, provoca quasi la fusione del loro occhio. Maria e Elisabetta si vedono con un unico sguardo: quello con il quale Dio ha guardato ambedue, e, specificamente, la sterilità di una e il non conoscere uomo dell'altra. L'incontro tra persone si trasforma in celebrazione di gioia quando ci si riconosce visitati dallo sguardo del Signore, che opera fecondamente, secondo la sua Grazia, dentro il limite e la piccolezza della nostra condizione.

 

L'intervento di Dio nella vita delle persone non è finalizzato a "supplire a un deficit". Infatti, dopo una lunga vita di sterilità, Elisabetta non considera "suo" quel bambino donato da Dio nella sua vecchiaia: lo chiamerà Giovanni, con il nome datogli dall'angelo per la missione che dovrà compiere, e non lo tratterrà per sé gelosamente, ma il bambino crescerà nel deserto, quasi estraneo ai genitori. Maria, poi, ha ricevuto l'annuncio di «grandi cose» che Dio opera in lei, ma si riconosce nel rimanere «piccola, povera» (non «umile», come dice la nostra traduzione, al v. 48). Siamo attraversati dallo sguardo di Dio che guarda oltre: oltre le nostre povertà, i nostri limiti, le nostre fragilità. Ed Egli non interviene per eliminarle, ma per dirci che sono sì reali, ma non sono il tutto di noi e della nostra vita.
In questo tempo - dopo oltre sessant'anni di vita e venticinque di professione monastica - sto pensando alla mia vita presente e futura come dettata dalla necessità non solo di riconoscere e accettare i miei limiti, ma anche di entrare in relazione con essi. Fanno parte del mio essere, ma non sono il tutto di me: sono come degli ospiti in casa mia. Devo riceverli per come sono e viverli non come uno svantaggio, ma come occasione di esercizio di rispetto, accoglienza, considerazione, riconoscimento; per quanto scomodi siano, dicono di me, anche se non sono il tutto di me, e sono solo "ospiti permanenti". Non ribellione né rassegnazione, ma reale e sana convivenza nel reciproco rispetto: di me che non sono solo le mie povertà, e dei miei limiti, che dicono di me anche se non sono il tutto di me.

 

Del resto Maria dice: «Dio ho guardato alla piccolezza della sua serva». Ancora più del proprio personale sguardo, vale quello di Dio, sulla nostra miseria. Maria riconosce che Dio ha riconosciuto i suoi limiti e, forse proprio per questo, le ha reso l'onore di essere madre del suo Figlio: perché fosse trasparenza del suo dono gratuito. Dio vede i nostri limiti: non si scandalizza, non ci condanna, nemmeno si limita a perdonarceli; si sente provocato da essi a dimostrare che per Lui valiamo molto più di tutte le nostre fragilità.
È una bellissima provocazione quella di Dio: è un invito a guardarci come Lui ci guarda. Perché Lui ci conosce meglio di noi stessi; perché, per Lui, custodiamo una preziosità che nemmeno noi sappiamo riconoscere di noi stessi; perché Lui, proprio per questo, scommette sul bello e sul buono in noi, anche quando noi siamo completamente sfiduciati di noi e della nostra condizione. Lo sguardo di amore di Dio, e dei fratelli, sul mio limite mi permette di accogliere la mia piccolezza non come negatività, ma come occasione di Grazia, di ricchezza, che non la annullano, ma la superano.
Come Maria, questo diventa una via di fede: vedere la propria miseria, ma come Dio la guarda, per arrivare a vedere e riconoscere Dio e la sua azione in me. Il peccato non è essere miseri, ma non riconoscere la propria miseria, e così non vedere l'opera di Dio in noi.

 

Mi incanta sempre il Magnificat per l'arte di Maria di passare dallo sguardo di Dio su di lei allo sguardo divino sul mondo. Quello che Egli opera in lei diventa azione feconda nella storia. Dio «salva» la vita di Maria perché la fa diventare luogo di abitazione celeste nell'incarnazione del proprio Figlio. E così Dio «salva» la storia facendovi abitare la sua Grazia. Il paradigma del passaggio dal personale al comunitario e viceversa, nell'opera di Dio, vale anche per tutti noi.
Io vedo quanta pazienza e misericordia Dio ho avuto con me; non posso far altro che sperare e attendere che sia così anche per il mondo: se spero la salvezza per me, non posso che pensare che sia davvero per tutti. E se talvolta dispero di me, devo riconoscere che il Signore ha preso in mano la storia degli uomini in Gesù Cristo, e quindi anche la mia vita personale.

 

Alberto Vianello

 

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