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Lo scarto umano è fondamento di salvezza

Briciole dalla mensa - 27° Domenica T.O. (anno A) - 4 ottobre 2020

 

LETTURE

Is 5,1-7   Sal 79   Fil 4,6-9   Mt 21,33-43

 

COMMENTO

 

Nella prima Lettura, Isaia ci riporta la stupita constatazione di Dio: «Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna che io non abbia fatto?». Davvero il Signore ha fatto tutto quello che era necessario - e molto di più – per donare la salvezza al suo popolo e all'umanità, per far sì che tornasse il paradiso, dove Dio si intratteneva con l’uomo come con un amico, non solo come una sua creatura, perché gli aveva donato il suo Spirito e lo aveva fatto a sua immagine e somiglianza. Per questo Dio si aspetta dall'uomo che gli dia i frutti: perché la sua Grazia lo rende capace di vendemmiare fecondità e gioia nella vigna della vita.
Ma il «mistero di iniquità del mondo» (cioè dell'uomo che si fa conquistare dal male) porta alla ribellione. Nella parabola evangelica, Gesù denuncia tutti i rifiuti che i capi religiosi hanno messo in campo nella storia: hanno ripetutamente negato e violentato tutti gli inviati di Dio che li richiamavano a non attribuire a sé i "meriti" della fede, perché tutto è dono di Dio, non opera dell'uomo. Invece loro si sono serviti del loro potere religioso a proprio vantaggio: Dio non vuole restituzioni, ma che si riconoscano come suo dono gli atti di fede, perché è Lui che crede in noi, più che noi che crediamo in Lui.

 

Ma, di fronte a un tale rifiuto, Dio ha ancora accresciuto la sua Grazia, follia della sua gratuità: ha mandato suo Figlio a quegli uomini così contrari e violenti! È qui che si misura davvero la distanza fra il nostro pensare e quello di Dio. Di fronte a tali personaggi così assetati di potere, noi non avremmo mai rischiato il Figlio, e avremmo anche pensato che nemmeno se lo meritavano. E i fatti che sono seguiti ci confermano: «Costui è l'erede. Su, uccidiamolo e avremmo noi la sua eredità!», dicono i contadini della parabola.
Certa religione uccide il futuro di Dio, il suo più pieno rappresentante, perché è esclusivamente finalizzata a trarre i maggiori vantaggi possibili per la propria sete di autorità. Non pensiamo a pittoreschi e paradossali personaggi da films e romanzi anticlericali. È una realtà purtroppo ben reale e ben presente: basta che osserviamo le dure resistenze che oggi vengono poste a una riforma della Chiesa, voluta dal concilio Vaticano II e portata avanti da papa Francesco, perché essa torni a stare fra gli uomini di questo mondo e vi annunci il Vangelo. Certi gruppi ecclesiastici, restii in ogni modo a tutto ciò che odora di apertura, assolutizzano la propria visione e vogliono far rimanere norma generale della Chiesa le loro arroganti miopie ecclesiali. Soprattutto mi preoccupa la ristrettezza di cuore anche di parecchi giovani, nella Chiesa: per questi, il rapporto con il mondo è una sfida ad essere sordi ad ogni istanza e a sentenziare che la gente è nell'errore, nel peccato e che deve pentirsi. Se anche fosse, non sarebbero comunque capaci di questa gratuita apertura divina che dona il Figlio a chi lo rifiuta.

 

Ma Dio sa anche (e soprattutto) cambiare il male in bene. È questo che leggiamo lungo tutta la Scrittura, è questo che spero, per la Chiesa e per il mondo. Così, «la pietra che i costruttori hanno scartato è diventata la pietra d'angolo; questo è stato fatto dal Signore». Gesù è la pietra che gli esperti, cioè gli uomini religiosi, hanno buttato via sulla croce: perché sarebbe stato l'elemento fondante di una fede che apriva all'uomo, soprattutto bisognoso, e che fondava tutto sulla carità, ovvero su presupposti addirittura contrari a quell'apparato religioso di cui loro erano signori.
Il male diventa bene perché, in questo modo, se il riferimento di base (cioè di tipologia) è ciò che è stato scartato da una certa religione, allora tutti, anche i più rifiutati, possono diventare pietra di un edificio così fondato. Anzi, forse è proprio a titolo del proprio essere scartati (dalla religione della perfezione) che si possiede la legittimità di far parte con Cristo, pietra angolare per prima disprezzata e rigettata. Qui il Vangelo raggiunge davvero il suo cuore: Dio fa dello scarto umano il fondamento della storia della salvezza, perché Lui stesso ha accettato di diventare scarto.
Nell'economia e nella cultura dell'efficienza, oggi imperanti, che necessitano di fare scarti, un tale Vangelo non può che diventare anch'esso rifiuto, insieme a quel Dio e a quella salvezza che annuncia. Ma, per chi scommette nella fede, tale scarto non è che la conferma che Dio ha davvero fatto il possibile e l'impossibile per l'uomo.

 

Alberto Vianello

 

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