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La tentazione di non essere uomo

Briciole dalla mensa - 1° Domenica di Quaresima (anno C) - 9 marzo 2025

 

LETTURE

Dt 26,4-10   Sal 90   Rm 10,8-13   Lc 4,1-13

 

COMMENTO

 

«Gesù pieno di Spirito Santo… Era guidato dallo Spirito nel deserto». Inizia così il racconto delle tentazioni, che costituisce sempre il Vangelo della prima domenica di Quaresima.
Il deserto è il simbolo della precarietà e dell'essenzialità della vita, perché questa è l'esperienza di chi affronta tale luogo. Dunque è lo Spirito che conduce Gesù a vivere l'esperienza della sua fragilità, che è toccare con mano il proprio limite e aprirsi con fiducia alla relazione, perché ci porta a confidare in qualcun altro, uscendo dall'egocentrismo di bastare a se stessi.
Lo Spirito non è una fuga idilliaca dalle fatiche della vita reale: lo Spirito è la libera volontà di Dio di comunicare con gli uomini e di avere comunione con loro. Perciò anche nelle relazioni umane il protagonista è lo Spirito, a partire dalla fragilità umana.

 

Se la Quaresima inizia con la conduzione di Gesù da parte dello Spirito, questo tempo verso la Pasqua termina con un'altra conduzione di Gesù: Egli viene condotto (stesso verbo), «insieme ad altri due malfattori», alla crocefissione (Lc 23,32). Estrema povertà di colui che è Figlio di Dio: un malfattore insieme ad altri due, per questo condotto a morte.
Nell'uomo totalmente negato nella sua stessa umanità lì c’è, paradossalmente, tutto Dio: perché lì si realizza pienamente la sua solidarietà con la nostra realtà e con la nostra storia. Non un Dio che si impone, come fanno i potenti della terra, ma un Dio che è Dio Amore quando vive, insieme a noi, la condizione di condannato e rifiutato, come tanti uomini e donne della terra, soprattutto oggi.

 

La prova, dunque, riguarda l'assunzione o meno della propria umanità, che è esperienza anche della nostra fragilità. Se possiamo confidare solo in noi stessi, non ci apriamo agli altri e nemmeno a Dio. In fin dei conti, gli inviti insinuati dal diavolo sono tutte e tre delle "spinte" a evadere dall'umano. Nessun uomo può trasformare le pietre in pane, avere in un istante tutti i regni della terra, e buttarsi giù dall'alto e volare portato dagli angeli. Gesù non ha cercato il favore immediato né ha soddisfatto la gente, stuzzicando gli interessi egoistici. Se dava pane a tutti, se illudeva di grandezza facendosi grande, se mostrava i poteri divini per lasciare tutti a bocca aperta, avrebbe avuto gli interessi egoistici di tutti dalla sua parte, non sarebbe stato Lui dalla parte dell'uomo. Ci avrebbe umiliato, invece che umiliarsi.

 

«Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino al momento fissato». Il testo letterale non dice «avere esaurito», ma «avere completato». Per esserci vicini, Gesù non si è risparmiato alcuna prova, alcun limite, fino ad assumere la condizione di schiavo, per essere al di sotto di tutti.
Gesù «è stato ripetutamente messo alla prova sotto ogni aspetto, a profonda somiglianza di noi» (Eb 4,15, secondo la traduzione letterale). Egli ha provato in maniera totale la nostra condizione umana fragile. Così "ha imparato" quanto abbiamo bisogno di aiuto, e lo chiede incessantemente al Padre. E noi non abbiamo un Dio lontano, chiuso nel sacro e nelle definizioni teologiche, ma un Dio che patisce con noi, e proprio per questo sentiamo di poter avere fiducia in Lui: perché ci sa capire. Gesù Cristo è guida solidale con noi.

 

«Il diavolo si allontanò da lui»: è stato come un mollare la presa. Le tre tentazioni raccolgono simbolicamente, in unico episodio, tutte le prove che hanno attraversato l'intera esistenza umana del Cristo.
Resta comunque il fatto che gli "esorcismi" realizzati da Gesù sono stati tutti dei gesti e delle parole che aprivano speranza ai poveri e agli scartati, dalla società, dal mondo e dalla religione: lì il diavolo non poteva avere alcuna presa. Il miglior antidoto al male è il bene compiuto con gratuità e cura nei confronti dell'altro, specialmente se povero.

 

«Fino al momento fissato». Questa traduzione fa pensare un tempo predeterminate e definito nel quale il diavolo potrà fare i conti con Gesù. In realtà, il «momento fissato» letteralmente è un kairós: un’apparente occasione favorevole di rivalsa del maligno su colui che, nell'estrema essenzialità dell'uso solo della parola di Dio, lo ha sempre sconfitto nelle tentazioni.
Il riferimento va al tempo della passione di Gesù, estrema prova di affidamento al Padre e di dono di sé. La prova sta nello scendere dalla croce, e così convincere tutti di essere il Messia (cfr. Lc 23,35-37). Ma anche questo estremo kairós del diavolo viene annullato.
Invece della difesa di sé e della rivalsa, Gesù accetta totalmente la croce così da farne il luogo della misericordia più grande: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno» (Lc 23,34). Poi il ladrone crocifisso con Lui ricorda a Gesù che, provvidenzialmente, la croce è la realizzazione della sua missione, non il suo fallimento: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23,42).
Sulla croce Gesù raggiunge davvero gli ultimi e assicura ad essi la pienezza di vita: «Oggi con me sarai in paradiso» (Lc 23,42). La tentazione è vinta perché Gesù non cerca la propria realizzazione e salvezza, ma si offre come dono a tutti coloro che la vita e il mondo hanno scartato.

 

Alberto Vianello

 

 

Bisogna dire che il cristiano, comunque gli vada, deve sentirsi grato del tempo e delle occasioni che gli sono date, anno dopo anno, per ritrovarsi davanti alla Parola che lo invita a conversione. Come tra due giovani (perché solo giovani?) che si danno prova d’amarsi, fuor di stupidi malintesi: di lealtà, pulizia, verità… sono queste infatti le virtù unitive.

 

Non è questa la fede? Se credere vuol dire conoscere, essere vis à vis, a tu per tu con l’Amato, il credente può ben avvertire la distanza ancora e sempre infinita che lo separa dal suo Dio. Allora è suo lo sfogo, l’appello di Daniele 3: “Potessimo essere accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito…”. Questa è la Quaresima, quando il desiderio dell’Amato, cioè di colui che solo ci ama, si fa più intenso e doloroso tale che siamo spinti a dare prove di amore. Più il tempo si fa breve e più mi manchi, Signore.

 

Chi credente non è, non si pone il problema del fine o del destino che non sia in obiettivi terreni. Non gli viene in mente che, se entra in un luogo e chiude la porta dietro di sé a Qualcuno può parlare sapendosi sentito. Ché se poi è allenato quel Qualcuno può essergli presente in ogni momento. “Io e te. Gesù, oggi sempre insieme”, così un prete cominciava il giorno. Non mancherà a costui, anche se non ne ha conoscenza e proprio per questo, il Salmo 138, quello che dice: “Signore, tu mi scruti e mi conosci…”? La Quaresima ci fa capire il desiderio dei mistici.

 

Ci risiamo quindi, anche quest’anno abbiamo la grazia di rifare Quaresima, di ascoltare il richiamo all’unicità di Dio, contro la vanità degli dei falsi e bugiardi, i soliti: il potere, la ricchezza, l’affermazione dell’ego. Che mentre ci sussurrano di seguirli usano motivi sensati: una posizione sicura bisogna pur farsela, le preoccupazioni dei beni terreni o per il futuro dei figli o per difendersi da un mondo ostile…
Come al tempo di Roma si diceva ‘Si vis pacem prepara la guerra.’ Tale e quale oggi che i tromboni dicono che per mantenere la pace occorre riempire gli arsenali. La pace non sarebbe garantita da un’educazione alla pace, no, ma dal prepararsi alla guerra: se no ci attaccano e noi siamo conquistati. Parole solo apparentemente sensate. Il satana è convincente, come no? Se mangi del frutto dell’albero non morirai, anzi! Chi può negare che occorre affermarsi nella vita, cioè nella società? Guai ad essere dei perdenti o sembrar tali! Quindi è il tempo dei bulli. Questo mondo è stato dato in potere al satana. Quindi è terreno di guerra, come l’arena al tempo di Roma. Quanto alla pace, pare che la gente ne sia annoiata e si sa che quel che la mente pensa si realizza. Ecco perciò le resistenze di Gesù. Pur provato dalle astinenze e dalla fame, al momento della maggior debolezza, gli si insinua il pensiero di tagliar corto con tutto, di usare per sé il suo potenziale, di fare come se Dio non ci fosse…

 

Così è la nostra vita: talvolta siamo di quelli che pregano, vanno a messa…, sembrerebbe che tutto sia al posto giusto. Sennonché poi arrivano inevitabilmente le tentazioni e i pensieri cattivi, e il gioco ricomincia. Senza le prove non si sa di chi siamo, perciò il tempo di Quaresima, il tempo in generale è una grazia.
Oggi, Gesù, io e te sempre insieme. Vigilo, sto attento, sono cortese, benevolente, paziente, preveniente nelle relazioni. So cosa fare di questo giorno: oggi mi faccio cristiano.

 

Valerio Febei e Rita

 

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