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L'inattesa presenza di Dio nell'ospite

Briciole dalla mensa - 16° Domenica T.O. (anno C) - 21 luglio 2019

 

LETTURE

Gn 18,1-10   Sal 14   Col 1,24-28   Lc 10,38-42

 

COMMENTO

Dio appare ad Abramo e Sara: appare come tre viandanti, stranieri, che Abramo accoglie. Un Signore che non si mostra in un luogo sacro o attraverso chissà quali fenomeni. Si mostra, invece, come pellegrino, stanco e in cerca di un luogo di riposo e di ristoro. Quante volte potremmo incontrarlo quando bussa alla nostra porta come un povero che chiede aiuto!
È proprio questa sua accoglienza del Dio pellegrino che cambierà la vita di Abramo: «Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio», gli dice Dio. Era tutta l'attesa e la speranza di Abramo: il senso del futuro della sua vita, un figlio. Dio glielo aveva promesso, ma ormai aveva cento anni! Fecondità straordinaria del gesto di accoglienza. Dio desidera essere accolto da noi, nella nostra realtà, spesso povera, attraverso un gesto di gratuità e di bontà. Allora si rivela a noi tutta la bellezza del saper accogliere: Dio trasforma la nostra vita, da infruttuosa e vecchia qual è. Miracolo dell'aprire la propria casa a Colui che passa. Se non torniamo ad aprire le porte delle case e del cuore, lasceremo il Signore fuori della nostra vita, nonostante i nostri proclami religiosi.

 

Anche le due sorelle Marta e Maria accolgono un viandante: Gesù. Bellissimo il verbo greco dell'accoglienza: «ricevere sotto». Accogliere è come quando si riceve un regalo, mentre la preposizione «sotto» allude, evidentemente, al tetto della propria casa: ricevere un ospite come un dono introducendolo sotto lo stesso tetto che copre la propria vita, questa è l'ospitalità.
Mentre Marta si dà da fare per accogliere Gesù, Maria si dà ad un'altra forma di accoglienza dell'ospite: gli dà spazio nella propria anima, «Maria, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola». È «la parte migliore, che non le sarà tolta», dice Gesù. Non le sarà tolta significa che abbiamo sempre la possibilità di dare spazio all'altro e al suo esprimersi, attraverso la nostra disponibilità all'ascolto. Dio va ascoltato: in tutta la Bibbia, Egli non chiede altro. Sta qui tutta la sapienza dell'uomo, tutta la sua presa di coscienza del mondo e della vita: prestare orecchio alla parola del Signore. Allora potrà capire il senso della propria esistenza. Anche il rapporto con gli altri uomini è salvaguardato solo attraverso l'ascolto. La prima delirante proclamazione della legittimità della violenza viene da Lamec , discendente di Caino, che impone alle sue mogli il silenzio e l'ascolto della sua brutalità: «Ada e Silla, ascoltate la mia voce; mogli di Lamec, porgete orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura...» (Gen 4,23).
La mancanza di disponibilità all'ascolto dell'altro è uno dei peccati gravi della nostra società. Ognuno dice di «avere le proprie idee», e si rifiuta di aprirsi a qualsiasi confronto e dialogo. Quando si incontrano posizioni diverse, spesso si reagisce con l’insulto e l'offesa. Le «idee» che poi si hanno, sono spesso fondate sul nulla: non c'è dietro alcuno studio, alcuna riflessione. Si sceglie una presa di posizione come si sceglie la propria squadra di calcio: visceralmente. E, da quel momento, tutto ciò che porta dei colori diversi viene considerato un avversario. Siamo il popolo che legge meno di tutti e si informa di meno. Per questo si diventa facilmente preda di chi agita le viscere dell'istintività. Il Vangelo c'insegna che le parole vere della vita sono «accoglienza, ascolto». Mentre se oggi le fermi, rischi di prenderti degli insulti!

 

Mentre Maria sta così in ascolto di Gesù, «Marta era distolta dai molti servizi». Il testo letterale dice che «era spogliata» dal molto fare. Il suo non è altro che un'altra forma di rifiuto dell'ascolto: si difende lavorando. Così viene spogliata della sua identità e della sua stessa operosità: perché noi siamo noi stessi solo quando siamo per l'altro, più che fare per l'altro. Talvolta, anche il gran correre dei nostri giorni finisce con l'essere una scusa buona per non dare tempo e spazio all'altro. Facciamo delle cose per l'altro, ma non ci facciamo suo ascolto. Chi ascolta, impara ad amare l'altro. E, allora, quello che poi farà per lui sarà molto più fecondo, perché dettato dall'amore.
Anche nella Chiesa si è generosi nel fare, ma molto tirchi nell'ascoltare. I preti stessi, sono esempi di una vita generosamente spesa negli impegni pastorali, ma molto povera di relazioni: si fa una gran fatica a mettersi insieme.

 

Il rimprovero di Gesù a Marta rivela il suo essere ansiosa e affannata, come chi si preoccupa del mangiare e del vestire, senza aver fiducia nel Signore (cfr. Lc 12,22-31). Una preoccupazione che finisce per turbarla in profondità. Invece di gioire perché riceve il dono di un tale ospite, finisce con l'esserne contrariata, a causa del suo molto fare.
Infine, Gesù riconduce a unità la nostra vita: «Di una cosa sola c'è bisogno». Di «uno» c'è bisogno: di Dio e del suo ascolto.

 

Alberto Vianello

 

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