Briciole dalla mensa - 22° Domenica T.O. (anno B) - 1 settembre 2024
LETTURE
Dt 4,1-2.6-8 Sal 14 Giac 1,17-18.21-22.27 Mc 7,1-8.14-15.21-23
COMMENTO
Se abbiamo incorniciato un Gesù tutto dolcezze non possiamo che rimanere sconcertati dal Gesù duro e polemico di questo brano del Vangelo di Marco. I versetti che poi leggiamo sono stati sforbiciati: in quelli che non sono previsti (consiglio di prendere la Bibbia e leggere per intero il brano) la sua denuncia e la critica nei confronti dei farisei sono ancora più accusatorie ed aspre.
Perché Gesù viene meno alla sua amorevole pazienza e assume la veste del critico senza appello? Nel brano precedente, Gesù si era immerso nell'umanità dolente della gente che incontrava: «E là dove giungeva, in villaggi o città o campagne, deponevano i malati nelle piazze e lo supplicarono di poter toccare almeno il lembo del mantello; e quanti lo toccavano venivano salvati» (Mc 6,56). Gesù prosegue il suo cammino portando negli occhi e nel cuore questa umanità sofferta, per la quale spende se stesso e alla quale rivela la via a Dio: quella della piccolezza, della minoritaria. A questo punto incontra gli uomini religiosi che lo accusano di non essere da Dio perché i suoi discepoli non si lavano le mani fino al gomito prima di mangiare. Possiamo capire come anche Gesù diventi aspro, ruvido, polemico! Anzi, soprattutto Lui, che ci presenta il volto di un Dio così chinato sulle miserie umane!
È una messa in guardia anche per noi oggi ad essere una Chiesa della carità; accanto ai deboli e ai sofferenti, con le vittime delle guerre e delle violenze, con i rifiutati dal mondo egoista: che le leggi di una certa tradizione religiosa non ci portino a preoccuparci solo di osservanze esteriori, che escludono il cuore piegato ai deboli del mondo.
Un piccolo esempio. Un'associazione che aiuta le persone che cercano di liberarsi dalle dipendenze ha chiesto la disponibilità di una stanza del patronato di una parrocchia per gli incontri. È stato risposto che era meglio cercare in qualche altro luogo, perché «la presenza di quelle persone inquina». Probabilmente Gesù sta chiedendosi se in tali parrocchie si è ascoltato il Vangelo.
Torniamo al brano. Marco ci fa un lungo elenco di alcune usanze della tradizione giudaica intorno alle leggi di purità. Facevano parte di quell'apparato di seicentotredici precetti che costituiva come una "siepe" intorno alla legge di Dio, per proteggerla. Ma il risultato è stato che la siepe si è così moltiplicata da soffocare da Legge. Perciò Gesù dice che, in tale maniera, si invalida, si annulla la legge di Dio con tale tradizione umana.
Questo vale anche per il cristianesimo. Infatti si è accumulata una tradizione, figlia di epoche ormai passate, che ha dato vita a un cristianesimo ormai lontanissimo dalla semplicità, dalla quotidianità, dal concreto, "carnale" del Vangelo, che si mostra così presente all'uomo, così prossimo alle sue sofferenze, alle sue difficoltà, alle sue tragedie, ai suoi drammi. Una siepe ha coperto e soffocato ciò che voleva proteggere. È stata la grande profezia di Papa Giovanni: sfrondare la siepe, perché riappaia il Vangelo. Le tradizioni degli uomini cancellavano la parola di Dio.
Bisogna tornare al cuore del Vangelo che è il discernimento del cuore. Questo bisticcio di parole viene dall'insegnamento stesso di Gesù: «Ciò che esce dal cuore è quello che rende impuro l'uomo». Gesù parla in negativo, perché la questione è quella posta dai giudei riguardo all'evitare l'impurità. Essa non viene dal contatto esterno, formale con realtà materiali. Ma l'impurità è provocata dal cuore. E qui Gesù fa riferimento anche, e in prima istanza, a quel sistema religioso che esclude i deboli e gli imperfetti. Impuro è colui che esclude, non colui che è escluso.
In questo modo, Gesù lega l'impurità al peccato, che è lontananza dalla parola di Dio e centramento solo su se stessi: è il peccato di Adamo. Di fronte a realtà negative, si è invitati, prima di tutto, a guardare al proprio cuore, a non essere noi stessi causa di negatività, invece di usare meccanismi di autogiustificazione, con i quali accusiamo gli altri per non mettere in discussione noi stessi.
Ma Gesù non propone una polarità tra interiorità ed esteriorità. Queste due realtà non sono dimensioni opposte, ma in continuo collegamento e interazione. L’esteriorità chiede all'interiorità di donarle quello che non è capace di darsi, e viceversa. Dal cuore vengono i sentimenti e i propositi, ed è la nostra esteriorità che li fa essere: con un abbraccio diciamo l'amore. Altrettanto la nostra realtà esteriore ha bisogno del cuore, perché ciò che compie non sia vuoto attivismo, fredda obbedienza, insensato movimento, parole prive di senso e di contenuto.
Ma tutto è dettato dal cuore. Chi ha soffocato la parola di Dio con la siepe è senza cuore: non permette ai figli di sostenere i propri genitori. È il cuore che conta: è come sei nel cuore che dice la bontà o meno. Giacomo dice (seconda Lettura) che «la religione è vana» se è senza cuore: se non vede le malattie, le difficoltà, i drammi dell'umanità.
Alberto Vianello
Qualche anno fa ci trovavamo a Brema. Lì c’era una ragazza, membro di un’associazione, come noi del resto, che si occupava della missione presso i portuali. Era da poco uscita da un istituto religioso. Era meticolosa nella gestione della casa, tutto in ordine, tutto pulito, tutto… non so se questa attitudine fosse sua o le venisse dalla consuetudine precedente. Ci poneva qualche difficoltà. Quando le cose corrispondevano alla sua idea di ordine concludeva: “Oh, tutto è a posto”. Ora è tutto convento, dicevo. Non c’era ‘famiglia’. Grazie. Signore, perché sono laico.
Non me ne vogliamo i fratelli di Marango, che, anzi, quel che li rende ‘non separati’ è proprio lo stile di famiglia su cui sta la loro fondazione. Ma il rischio del fariseismo non risparmia nessuno: il rischio di scambiare la qualità di una relazione con il rispetto formale. La qual cosa è molto frequente dato che è frequente l’insufficienza delle fede-fiducia. In fondo è la legge dell’entropia che governa il mondo fisico; la tendenza dei sistemi a trovare equilibrio al minor dispendio di energia. C’è alienazione, ma che fa? Ipocrisia, appunto. La perfidia di giustificarci ci raggiunge ovunque. Ho recitato le preghiere, (‘recitare’ così si diceva o si dice ancora), sono a posto. “Siate di quelli che mettono in pratica la Parola, e non ascoltatori soltanto, illudendo voi stessi”. Meno male che Giacomo c’è. La relazione è un rapporto affettivo, un’amicizia vera, in cui non c’è timore, ansia, retropensiero, diffidenza, distanza… E così deve essere anche con il prossimo.
Un prete nell’omelia parlava con calore di fraternità, siamo tutti fratelli, quel che è mio è tuo… In fondo alla chiesa un poveraccio ascoltava. Ite, missa est. Si fece mezzogiorno. A quel tale che era in fondo alla chiesa l’ora del pranzo gli batteva nello stomaco. Che faccio che non faccio? Si ricordò del prete che parlava di fratellanza con entusiasmo, si volse indietro, bussò in canonica, si affacciò una donna: “Chi è?”. “Sono il fratello del prete!”. Le distanze vanno ridotte. Come è bella la verità quando ci lasciamo vincere!
La religione, dice Gesù, non è una ideologia igienica o alimentare. Non è una questione idolatrica, ché il cibo può diventare anche questo. Ovvio che le qualità e le quantità sono fuori discorso. Ma sembra che al tempo di Gesù si facesse molto caso al risvolto ritualistico pseudo religioso dell’alimentazione. Al tempo di Gesù?
No, è quel che esce dal cuore dell’uomo che lo assolve o lo contamina. Questo lo diceva a tutti. Ai più vicino spiegava in chiarezza. È una tecnica di insegnamento. Suscitare la curiosità, indurre le domande e l’interesse. Vuoi saperne di più? Bene ,ecco il resto. L’ideazione del male, lo spazio mentale dato alla distruzione della fraternità che è a capo dei comportamenti negativi.
La Parola di Gesù vale sempre, così sta scritto. Quali sono le abluzioni con cui mi giustifico? Poiché è certo, dato l’assunto, ci sono ipocrisie in me. Se mi adatto al mio carattere ormai consolidato e immodificabile, sono vecchio, la perfezione non è di questo mondo: faccio del mio carattere un idolo. Non è ipocrisia questa? Dico, non sono convertibile e sbaglia il Vangelo. Per esempio. Non c’è verso: i rapporti sono formali, non di cuore.
Confondo le mie consuetudini morali per pratiche di fede e ciò basta per essere a posto con il convento, cioè con Dio.
Che fare? Che strade sono di aiuto per camminare nel Vangelo? La vita comune, la fraternità del pranzo, la preghiera, la meditazione del Vangelo quotidiano, il collegamento con altre persone, con un prete se, c'è quando c'è, con altre coppie, che condividono il desiderio…. Nell’incertezza, nel dubbio, nell’indeterminatezza, sarà non sarà, far memoria che Gesù davanti al nostro tentennare ci dice: “Io ho fatto sul serio…”.
Valerio Febei e Rita
Monastero di Marango
Strada Durisi, 12 - 30021 Marango di Caorle - VE
0421.88142 pfr.marango@tiscalinet.it