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Immacolati nell'amore

Briciole dalla mensa - Festa dell'Immacolata Concezione di Maria - 8 dicembre 2024

 

LETTURE

Gen 3,9-15.20   Sal 97   Ef 1,3-6.11-12   Lc 1,26-38

 

COMMENTO

 

Quest'anno, in deroga alle norme dell'ordinamento dell'Anno liturgico - che prevedrebbero di dare la precedenza alla seconda domenica di Avvento -, la S. Sede ha concesso che la festa dell'Immacolata si celebri lo stesso giorno, soppiantando così l'Avvento. Per questo commentiamo le Letture dell'Immacolata.

 

Questa festa era celebrata in oriente fin dal VIII secolo; poi si estese in Occidente; e nel 1854 Pio IX ha definito come dogma di fede l'immacolato concepimento di Maria.
Che cosa significa «immacolata concezione»? L'uomo è chiamato a realizzare se stesso nel dialogo d'amore con Dio. Ma la storia umana mostra che c'è qualcosa di oscuro e di ribelle che prende l'uomo e lo spinge a rifiutare il dialogo con Dio, facendo dell'amore un’esclusiva preoccupazione per se stesso. È quello che la Chiesa chiama peccato originale.
Ora, per Maria, Dio ha pensato a un disegno che è tutto e solo amore gratuito: quello che l'angelo le annuncia chiamandola «piena di grazia». Fin dal primo istante della sua vita, Maria è stata presa solo dalla grazia, dalla luce, dalla santità di Dio.
Ma la sua non è una perfezione che la stacchi dagli umani: tuttora esistono, infatti, delle devozioni mariane che la esaltano come se fosse una semi-dea. Ma questo non è un buon onore fatto alla Vergine. Invece, è tutto il dono gratuito e l'opera preveniente del Signore che l'hanno custodita dal tradire il desiderio buono. In questa festa, celebriamo il grande amore di Dio per Maria; la quale è stata chiamata a credere più alla potenza della parola di Dio che all'evidenza della impotenza umana.

 

Sono proprio le Letture che ci portano a non collocare Maria a mezz'aria. I primi capitoli della Genesi non vogliono essere la cronaca registrata dell'origine del mondo. Essi parlano della nostra storia. Sono una riflessione sapiente che ci segnala la forza devastante, ma anche misteriosa, che il male ha di influire nel nostro vissuto. Sembra che l'uomo non abbia la forza di resistere all'influenza del male, del serpente; e finisca inesorabilmente per soccombere.
In questo modo, pare proprio che la Genesi parli del nostro tempo, dei nostri giorni. Millenni di storia avrebbero dovuto mostrare all'uomo quale distruzione porti la guerra. Eppure, anche con questa coscienza, sembra che l'uomo di oggi ricerchi ancora e primariamente la guerra, e ne faccia motivo di crescita e sviluppo del proprio Paese. Il serpente non poteva ingannarci meglio!

 

Eppure, nella storia, ci sono i segni che il male non è inesorabilmente vincente e Maria è uno di questi segni: per la grazia divina che l'ha amata e ne ha fatto un disegno d'amore, di piena umanità.
La prima conseguenza di aver ascoltato il serpente, per uomo e per la donna, sta nel crearsi di una disarmonia, dove prima, fra loro, c'era stata perfetta armonia: «Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto». Eppure ci sono i segni di speranza anche in questo racconto. La tradizione ebraica ha fatto notare che né l’uomo né la donna muoiono: eppure questa doveva essere la condanna per aver mangiato dell'albero (cfr. Gen 2,17). Non solo, ma non vengono neppure maledetti: il serpente, soltanto, viene maledetto. E Adamo può guardare in faccia la sua compagna e chiamarla «vita»: sembra, infatti, che il nome «Eva» derivi da un verbo che significa «vivere».

 

E alla discendenza della donna toccherà una responsabilità grande: schiacciare la testa del serpente, combattere e vincere lo strapotere del male. L’inimicizia non è fra Dio e l'uomo, che ha disobbedito alla sua legge: è fra la stirpe della donna, l'umanità, e la stirpe del serpente, cioè ogni forma di male. Il male non è amico dell'uomo, anche se l'uomo si lascia prendere da esso. Dio non condanna l'uomo, ma lo chiama a una dura lotta contro il male: questa è l'unica risposta possibile alla presenza del male nel mondo.

 

Anche il termine «immacolatezza» può far pensare ad un certo distacco della condizione umana concreta. Ma la seconda Lettura specifica il campo in cui si deve porre tale termine: «Dio ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità». Essere immacolati nella concretezza dell'amore. Paolo dice, in questa bellissima benedizione, che siamo stati benedetti da Dio, «con ogni benedizione spirituale», nella realtà stessa di Dio («nei cieli») in quella benedizione che è in Cristo. Per questo Dio ci ha scelti: è tutto suo progetto d'amore. E l'ha fatto addirittura «prima della creazione del mondo»: ben al di là di ogni nostra volontà o capacità o corrispondenza. È un amore che non possediamo, ma che ci possiede: questa è l'immacolatezza.

 

Il Vangelo esprime l’immacolatezza con un'altra espressione, che sta nelle parole dell'angelo a Maria: «Il Signore è con te». Dio non si è preparato una dimora umana perfetta perché non poteva entrare in qualcosa di impuro. È la sua stessa presenza, attraverso tutto il suo favore e la sua benevolenza per Maria, che rendono la sua umanità ricettiva di quel dono che è la vita stessa di Dio, in Gesù. Dio assume tutto il limite umano, come quello di una ragazza nemmeno sposata: quel limite che sarà assunto in toto sulla croce, massima povertà e impotenza umane.
Immacolato non è ciò che è perfetto e senza macchia di alcun genere, ma chi riesce a cogliere, nella fede, che il Signore viene a condividere, come «Signore», la nostra stessa condizione di limite e di povertà, facendola diventare luogo di dispiegamento di tutta la sua benevolenza e grazia; e lì, nella propria umanità concreta condivisa da Dio, combattere e vincere il male.

 

Alberto Vianello

 

 

Com’è vero, caro vecchio Adamo, che sei stato giocato. D’un tratto, per un invito stuzzicante, per vantaggio da niente, il gusto di assaggiare un divieto, una scelta sconsiderata, l’ebrezza di far da sé e hai perso l’innocenza, persa la promessa bella e misteriosa in che consisteva la vita. Ora ti tocca sfogliare i giorni, uno dopo l’altro, cantava Tenco, senza un senso, cercando un po’ di luce, un po’ di bellezza, un po’ di bene ma dove, in cosa? Distrazioni, frattempi…

 

Capita di rimanere a lungo su questa battuta che par che dica che il domani è una partita giocata e persa. Quello che sono stato sono, non sono più innocente e allegro e per quanti trucchi utilizzi la sostanza non cambia. Ho perso l’a tu per tu con la mia causa prima, il mio fondamento, con chi mi ha dato l’essere. Le giustificazioni non cambiano le cose di una virgola. Mi sono reso orfano!
Chi non sa né prova questa perdita in realtà non ha contatti con la propria origine e non ne ha nostalgia. Ma “tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio:::”.
Non ci si pensa, si sopravvive volgendo altrove lo sguardo. Così si vive occupandosi del lavoro per ben che vada e di altro, ‘cisterne screpolate’ dice Geremia. Ma questa alienazione comporta che la pace se ne va, le relazioni si complicano… è un vero dramma

 

Da qui nasce la storia della salvezza. Che non è una sacra rappresentazione, una mitologia o un genere letterario. Sono fatti. È un fatto l’annunciazione ad una ragazzina ‘innocente’, Maria, è un luogo Nazaret, un fatto è la nascita di Gesù in cui si ricrea la creazione, si riannoda il rapporto di Adamo con l’Autore che stavolta ha l’identità del Padre. Come si fa a credere questo? Solo se è vero si può credere. Continua san Paolo ai Romani ; “… Ma sono giustificati gratuitamente per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesú”.

 

Ogni Avvento che ci è dato di vivere è buono per ricalcolare la portata dell’evento. In Gesù si restaura la filiale confidenza col Dio che passeggia nel nostro giardino e non si ha più ragione di pensarsi figli di nessuno. È ripristinata l’innocenza originaria.
La società, in cui agisce lo spirito del mondo, ci deruba anche il Natale facendone una ‘festa’ edulcorata, panettone, lucine e palline rosse “Auguri di buon Natale”. Cioè? Non si sa. Genericamente: auguri di bene. Ma qual è il bene? L’unico bene è farsi cristiano, cioè vivere in Cristo.

 

Valerio Febei e Rita

 

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