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Il Regno della Parola

Briciole dalla mensa - 15° Domenica T.O. (anno A) - 12 luglio 2020

 

LETTURE

Is 55,10-11   Sal 64   Rm 8,18-23   Mt 13,1-23

 

COMMENTO

 

La parabola del seminatore illustra il motivo per il quale ci sono reazioni diverse fra la gente, alle parole di Gesù: le persone sono varie come lo sono i terreni sui quali cade il seme. Poi Gesù dice che, per chi non vuol accogliere il suo messaggio, il parlare in parabole non fa altro che evidenziare l'incomprensione provocata dalla loro chiusura. Infine, con l’interpretazione allegorica del tipo di terreno sul quale cade il seme, Egli rivela il rapporto tra la Parola che annuncia e che porta il regno di Dio e ciò che caratterizza l'uomo: questo è il contenuto del Vangelo di questa domenica.
Stupisce sempre e innamora il gesto del seminatore: è largo, generoso e sovrabbondante. In un terreno, tipicamente palestinese, nel quale la terra buona è intrecciata con piccoli viottoli, con la presenza di molti sassi e l’impossibilità di eliminare le sterpaglie, la semina non può essere in alcun modo selettiva: se il contadino volesse che il seme cadesse solo sulla terra buona, non potrebbe mai seminare. Perché il seme cada sulla terra buona, deve cadere insieme anche su quella meno buona.
Anche la Chiesa, oggi, non può pensare ad una diffusione selettiva del messaggio cristiano: deve aprirsi generosamente nel donare la Parola, libera dal vizio ecclesiastico di contare «quanta gente è venuta…». Domenica scorsa abbiamo ascoltato l'esito della missione di Gesù: pochi e i più poveri lo hanno accolto.

 

I semi sono tutti uguali, il gesto del seminatore è unico, i semi prendono la stessa aria, la stessa pioggia, sono seminati nella medesima stagione: l'esito diverso, e anche opposto, fra un seme e un altro è determinato solo dal tipo di terreno. Le persone sono diverse: per cultura, per sensibilità, per formazione, per situazioni di vita. Se tutti e uniformemente accolgono un messaggio religioso, significa che li c'è un'imposizione o, quanto meno, un'adesione che, in molti, è solo formale. Un terreno dove non c'è una terra buona non può portare frutto: una persona non disponibile interiormente non può accogliere un messaggio così coinvolgente come quello cristiano. Non si tratta di condannare né di mettere all'indice nessuno: la fede è offerta a tutti, ma l'adesione deve essere assolutamente personale, libera e consapevole.
La Chiesa la deve smettere di correre dietro alla gente per dare a tutti le perle false made in China, deve custodire le perle preziose, e condividerle con chi, in una svolta della propria vita, si trova ad apprezzarle; piccolo o grande, cattivo o buono che sia.

 

Se stupisce l'esito negativo dei terreni non disponibili, ci deve stupire di più l'esito positivo: «Un'altra parte cade sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno». Per la mentalità antico orientale è sempre un miracolo che stupisce il frutto del seme. Noi viviamo con il pane che viene da questo frutto: invece, abbiamo il vizio di stare, tante volte, a rimirare tutti i fallimenti e tutte le delusioni dei semi caduti sui terreni non buoni.

 

Nell'interpretazione che Gesù dà della parabola cogliamo, nei terreni non buoni, tre necessità positive. Nel caso del seme caduto sulla strada, che per Gesù è la Parola che non può attecchire e viene portata via dal male, impariamo la necessità un'accoglienza vera e profonda della parola di Dio. Pur nella semplicità, essa deve entrare nella nostra vita interiore, perché è lì che il Signore la pone: «Questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la mette in pratica» (Dt 30,14).
Nel caso del seme caduto sul terreno sassoso, che germoglia con entusiasmo, ma presto si secca, impariamo la necessità della perseveranza. Gesù parla di un costanza che, di fronte alle difficoltà, fa rinunciare. Questo vale molto nel nostro mondo attuale, dove spesso si concepisce una vita fatta di momenti, di situazioni, di frammenti, dove lo stile è quello della volubilità e della ricerca del cambiamento. Invece, il perseverare è la vera virtù di chi vive e di chi ama.
Nel caso del seme caduto fra i rovi, soffocato dalle preoccupazioni e dall’inganno della ricchezza, impariamo la necessità dell'impegno, addirittura della lotta. Anche questo è un valore controcorrente oggi: di fronte alle difficoltà, alle fatiche, ai problemi, alle sconfitte si rinuncia e si abbandona. Non si ha l'umiltà di trarre frutto dalle contrarietà, che mettono a nudo la complessità delle situazioni, la nostra effettiva piccolezza da accettare e la necessità di mettere sempre il meglio di noi stessi ed esercitare la virtù della pazienza, nelle situazioni della nostra vita.
Infine dobbiamo ricordare che la diversità di terreno e di frutto, non sta solo fra persona e persona, ma sta anche dentro di noi stessi: in ciascuno di noi c'è la varietà di questi terreni, con gli esiti diversi che essi producono in ordine al seme della Parola.

 

Alberto Vianello

 

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