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Discendere e donare

Briciole dalla mensa - 19° Domenica T.O. (anno B) - 8 agosto 2021

 

LETTURE

1Re 19,4-8   Sal 33   Ef 4,30-5,2   Gv 6,41-51

 

COMMENTO

 

«I Giudei si misero a mormorare contro Gesù»: è la ricerca di complicità nella critica, nella sfiducia, nella demolizione dell'altro. Manca il confronto franco, aperto; perché manca la relazione, manca la fiducia nell'altro. È un vizio ecclesiale tuttora presente, sia nelle "alte sfere" che in quelle "basse". Forse dietro c'è un «io» sopraesaltato, che non ha ancora saputo fare i conti con la realtà di se stessi. Nei Vangeli, Gesù sembra avere sempre le "antenne" a cogliere la sotterranea mormorazione nei suoi confronti. Così Egli dimostra che la mormorazione non può reggere davanti al Signore, per la sua falsità e negatività nei confronti del tessuto ecclesiale: e questo gli uomini di Chiesa dovrebbero saperlo.

 

La mormorazione da parte dei Giudei riguarda la "troppa" umanità di Gesù: «Costui non è il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre?». Anche oggi fa scandalo l'umanità del Figlio di Dio. Tanto che lo si pone altissimo, inarrivabile e, quindi, "impassibile", sopra gli altari oppure nelle morali, smemorate dei suoi incontri e accoglienze dei peccatori o, ancora, nelle leggi canoniche con le quali si vuol governare la Chiesa, invece che con il Vangelo.
Gesù, per tre volte, dichiara di essere «disceso dal cielo»: Lui è il vero rivelatore e donatore della realtà di Dio come Padre. Il suo venire è preceduto dalla sua esperienza di intimità: «Il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è Lui che lo ha rivelato» (Gv 1,18). Gesù ha "tradotto" l'esperienza divina di Dio in esperienza della sua umanità. Una "traduzione" che è anche una consegna (tràdere, in latino). E questo è lo straordinario: Gesù non ci ha fatto vedere un lembo del mantello di Dio, o le sue spalle (come con Mosé): ci ha consegnato tutto il volto di Dio, tutta la sua grandezza e bellezza, tutta la sua cura per l'uomo. In Gesù non c'è nulla di Dio che già non possiamo conoscere e sperimentare, se solo ci liberiamo dal condizionamento del peccato. Ed è ancora più straordinario il fatto che tale comunicazione e dono avvengono proprio attraverso l'umanità di Gesù. Così è una vera comunicazione e comunione.

 

Ma Gesù dice che c'è anche un'altra azione necessaria nella rivelazione divina e nell'accoglienza umana attraverso la fede: «Nessuno viene me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato». Il significato letterale del verbo è meno elegante ma più rappresentativo: «trascinare». Tale azione divina dice che tutta l’iniziativa e l'opera sono solo del Padre: gli sforzi dell'uomo di aprirsi, di sua spontanea capacità, alla rivelazione di Gesù sono molto limitati, per quanto ci possa colpire tale rivelazione. È il Padre che proprio ci prende con forza e ci porta a conoscerlo, nell'umanità del Figlio. Per questo Gesù denuncia la mormorazione dei Giudei: essi si rifiutano di lasciarsi «trascinare» dal Padre a conoscere il Figlio.
Per noi credo che sia incoraggiante quest'affermazione di Gesù: la nostra fede, se pur personalissima (e quindi dipendente dalle nostre attitudini), tuttavia è anch'essa agita dal Signore. Richiede consegna e docilità, per riconoscerci presi e condotti a sperimentare la relazione con il Signore.

 

«E io lo risusciterò nell'ultimo giorno». La rivelazione del Signore, la sua conoscenza, l'apertura di fede non sono una "semplice" esperienza di Lui: è una relazione di comunione che non può venir meno. Non è dunque un saggiare e sapere di Dio, ma essere «trascinati» dentro la sua stessa vita. Gesù, il rivelatore, diventa anche il donatore, di se stesso e della sua vita, che diventa, così, per noi, dono di vita eterna attraverso la risurrezione dai morti.
In definitiva, Gesù è il Figlio di Dio che scende e dona: dai cieli, sulla terra, fin sottoterra, per poi attirarci, nel Padre, ai cieli, cioè alla vita in pienezza, perché fatta solo di amore.

 

Tutto questo è preannunziato dalla Scrittura, dice Gesù, e chiunque ascolta la Scrittura impara dal Padre e «viene a Gesù». Se Dio è all'origine della fede dei credenti, questa sua opera avviene attraverso la parola di Dio contenuta nelle Scritture. In questo modo Gesù è «pane di vita»: è Parola che guida il cammino dell'uomo. La Scrittura è pane buono, che ci permette di affrontare anche le fatiche e le precarietà della vita. La parola di Dio è nutrimento che dà forza: non toglie la fatica, ma permette di affrontarla. È la carne di Gesù, il Verbo fatto uomo.
Dopo la pandemia, il vero programma della Chiesa non può che essere il ritorno alla parola di Dio: per rinnovarsi, per saper rispondere stando dentro le situazioni concrete dell'uomo di oggi, per saper guardare avanti nella storia dell'uomo verso la pace e l'umanizzazione. Perché questa è offerta da Dio: in Gesù, suo Figlio, che è disceso e dona la sua stessa vita, per la vita dell'uomo.

 

Alberto Vianello

 

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