Home     Chi siamo     Come arrivare     Contatti     Iscriviti

     Calendario    Login

Dio nella tempesta

Briciole dalla mensa - 12° Domenica T.O. (anno B) - 23 giugno 2024

 

LETTURE

Gb 38,1.8-11   Sal 106   2Cor 5,14-17   Mc 4,35-41

 

COMMENTO

 

«In quel giorno»: durante tale giorno Gesù ha parlato del Regno come di un minuscolo seme (Vangelo di domenica scorsa). Noi tendiamo a rifiutare ciò che è piccolo. Diamo riconoscimento a ciò che umanamente vale, ci appare significativo, riempie i vuoti, ci appaga. Ci facciamo dipendere da ciò che vale. Invece la via, ci dice Gesù, è quella di accogliere la propria piccolezza, il proprio non valere, e camminare insieme agli altri. Ciò che conta, prima o poi ci lascerà, e misureremo soltanto dei vuoti; mentre la nostra piccolezza ci rimane: è la nostra ricchezza.

 

«Passiamo all'altra riva», dice Gesù ai suoi discepoli: è terra pagana, il «paese dei Gerasèni». È andare ad incontrare altre piccolezze, per riconoscere la cosa più grande: Dio è per tutti. Perché Dio, in Gesù, dice Paolo (seconda Lettura) ha preso in comune con tutti l'umanità. Quella reale, concreta, quotidiana: quella segnata dal suo grande limite, cioè la morte. «Noi sappiamo bene che uno è morto per tutti, dunque tutti sono morti». La morte non è più la stessa, perché l’ha condivisa il Figlio di Dio. La cosa più comune agli umani è diventata la condizione più particolare di Dio, che è solo vita. Giusto per mostrarci la sua solidarietà senza limiti né confini. Lì dovrà giungere la loro traversata.

 

«Lo presero con sé, così com'era, nella barca». Com'era Gesù? Il racconto poi dice che si è addormentato. E dormiva così profondamente che nemmeno la «grande tempesta» lo svegliava. Evidentemente Gesù era molto stanco, nella condizione di impotenza nel suo dormire in mezzo al mare e alla tempesta: i "nemici" simbolici, che rendono precaria e impotente la condizione dell'uomo.
Noi vogliamo immaginarci un Dio sempre all'altezza, sempre pronto, mai limitato come lo siamo noi. Allora "divinizziamo" degli uomini, delle dottrine: sono valori assoluti che ci appagano. Poi, quando vengono a mancare o sono sostituiti, si vive di lutti, di assenze. Invece la vita deve portare frutto: un seme muore per far crescere una pianta. Mentre la pietra preziosa la si ammira in sé, ma non fa crescere nulla.

 

«Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca». Questi eventi negativi, pericolosi e ostacolanti vogliono impedire l'arrivo nel paese dei pagani. Gesù stesso ha incontrato contrasti nel suo cammino. Perché non ha distribuito privilegi a nessuno: né ai suoi parenti, né alle autorità civili, e nemmeno ai potentati religiosi del suo popolo. Lui è venuto a portare il Vangelo, il Buon Annuncio a tutti gli emarginati ed esclusi. Chi si mette su questa via incontrerà le grandi tempeste, le opposizioni di coloro che si aspettavano onori e riconoscimenti da colui che veniva da Dio, perché loro si credevano di Dio.
Scusate se mi ripeto, ma lo snodo, oggi, è sempre lo stesso: come dice papa Francesco, bisogna uscire, camminare con la gente comune, che ormai è estranea al mondo religioso. Abbiamo in comune la cosa più bella, cioè l'umanità: questo ci unisce, pur rimanendo nella pluralità dei modi di sentire e di vivere. È questa umanità che costituisce “il credo, il simbolo” che si fa camminare insieme. Se rimaniamo noi nei nostri riti e nelle nostre attività pastorali saremo sempre più stanchi ed esigui.

 

«Maestro, non ti importa che siamo perduti?». Quasi che Gesù non fosse anche Lui nella barca con loro. La tempesta ha preso il loro cuore, più che l'atmosfera. Hanno perso la bussola che li orienta all'essenziale: Gesù condivide la condizione dell'uomo. Sempre, anche, e soprattutto, quando questi si trova in situazioni di precarietà e di angoscia. Sono talmente centrati su se stessi che non colgono più il miracolo più grande: la solidarietà divina con la condizione umana, nell'uomo Gesù.
Si può interpretare male tale solidarietà: se il Signore mi accompagna, allora mi toglie tutte le cose negative della vita. Invece, la sua vicinanza sempre, fa sentire che ciò che conta non è ciò che accade, ma che Lui non ci lasci mai.

 

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Fede e paura sono inconciliabili, opposte: la fede deve far superare la paura e aprire alla fiducia, nel Signore che sta nella barca, con noi, anche quando è impotente, come uno che dorme e non si sveglia.
«Chi è dunque costui?». I discepoli sono ormai da tempo con Gesù. Eppure non lo hanno ancora conosciuto. Essi sono attaccati a Gesù, ma sono rinviati a Lui solo nella condizione di angoscia. Non sono spinti dall'amore. Questo ci insegna che la fede cristiana è un movimento di fiducia, come quella di un bimbo in braccio a sua madre.

 

Alberto Vianello

 

 

“Perché avete paura?”. Che domanda! Chi non avrebbe paura? Preda dello spavento: lì non si ragiona più, si tirano giù i santi. Appunto. Si capisce bene lo stato d’animo di quegli uomini: le barche sono piene d’acqua, il vento non le lascia governare e non devono aver paura? Perché Gesù li rimprovera? L’hanno svegliato male?
Non è raro trovarsi in queste situazioni. In verità andiamo in panico per molto meno, per cose che poi a ben vedere sono tempeste in un bicchier d’acqua. La prima emozione non basta a stabilire cosa è e cosa non è. Per lo più è così; ma guardando con calma si presentano vie di uscita, aperture insospettate. Si chiude una porta si apre un portone, si dice. Questa può essere una lezione: non c’è motivo di avere paura, visto?

 

Ma non stavolta. quei discepoli in maggioranza sono barcaioli esperti e conoscono quel lago infido, dove a causa del giro dei monti d’intorno si formano improvvisi vortici di vento che alzano le onde, peggio che in mare. Alle prese con un forte sentimento del pericolo tutti gli spiriti, le facoltà psichiche, fuggono via. Siamo perduti! La barca affonda. È notte. Salvarsi a nuoto in quelle condizioni neppure viene in mente.
E Gesù, come fa a dormire in quel trambusto? Neanche le cannonate, poveretto, non ne poteva più dalla stanchezza. Ma l’imminenza del disastro spinge al richiamo giudicante: “Non ti importa che moriamo?”. Si alza, sgrida il vento e il mare che si calmano, ma ce n’è anche per loro. “Perché fate tanto strepito? La bambina non è morta ma dorme!” (Mc 5, 39). Anche quella volta Gesù sgrida e zittisce. Non gli credono, ovvio. Ciascuno agisce in base al proprio punto di vista. Anche Gesù si rivolge ai discepoli a partire da quel che sta per fare. Lo stesso accade alla risurrezione di Lazzaro, lo contraddicevano. ‘È lì dentro da quattro giorni e non spande un buon odore…’.
Il rimprovero in questi casi sormonta e anticipa la disperazione per l’imminenza della sconfitta fronte alle forze della natura, della morte… Sembra che voglia dire: ‘Di che avete paura, ci sono qua io, non avete ancora fede?!’. Certo, hanno fede ed è ben per questo che essi lo chiamavano! Ma la paura ci sta, se non ci fosse lo lascerebbero dormire! Perché quindi li rimprovera? Ci deve essere qualcos’altro. Hanno fede in lui, ma non fino a quel punto. “Chi è mai costui al quale anche il vento e il mare gli obbediscono?”.
Difficile credergli anche oggi che il senso di Dio è scemato, tant’è che di fronte al limite diciamo rassegnati: “Siamo perduti!”, equivocando sulla ‘volontà di Dio’: volontà di Dio è credere nel Figlio (cfr. Gv 6,40). Ma non pare che il brano, il Vangelo per intero autorizzi una simile conclusione. Al contrario: Cristo ci rivela e ci dona la sua realtà. “Perché avete paura, non avete ancora fede?”. Quale fede?

 

Mt 9,8: “Le folle, vedendo questo, furono prese da timore e resero gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini”. Gv 6, 12: “In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi…”. Lc 17, 6: “Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: ‘Sràdicati e vai a piantarti nel mare’, ed esso vi obbedirebbe”. Mt 20,28: “Ecco, io sono con voi fino alla fine del mondo”. Eccetera.
In Lui questo può il credente. Per noi una sfida misurarci con queste parole. Ne risulta in ogni caso un cammino di approfondimento e di ricerca, in vista di una sempre maggiore conformazione a Cristo. Il compimento della fede, la pasqua, dice Paolo agli Efesini (3,17) è “che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado…”, tra le altre cose perfette, di comandare al mare e al vento.

 

Valerio Febei e Rita

 

  •  bricioledm
  • commento-Vangelo-12°-domenica-tempo-ordinario-anno-B
  • la-tempesta-sedata
  • missione-ai-pagani
  • l'apertura-della-Chiesa
  • debolezza-umana-di-Gesù
  • fede-come-fiducia
  • solidarietà-del-Figlio-di-Dio-con-la-condizione-umana

Home                                                       Calendario                                               Monastero                                                  Iniziative                                                              Articoli e pubblicazioni

Chi siamo                                                Iscriviti                                                      Preghiera                                                     Briciole dalla mensa                                         Orari SS. Messe

Come arrivare                                         Contatti                                                     Ospitalità                                                     Una famiglia di famiglie                                   Audiovisivi

Monastero di Marango 

Strada Durisi, 12 - 30021 Marango di Caorle - VE

0421.88142  pfr.marango@tiscalinet.it

Privacy