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Dio è storia

Briciole dalla mensa - Santissima Trinità (anno B) - 26 maggio 2024

 

LETTURE

Dt 4,32-34.39-40   Sal 32   Rm 8,14-17   Mt 28,16-20

 

COMMENTO

 

La prima Lettura proclama l'unicità di Dio: essa non riguarda tanto il suo essere quanto il suo fare. Mi è rimasta un'impressione dagli anni di studio della teologia: il fatto che il pensiero teologico, basandosi su quello filosofico “occidentale”, consideri l’essere superiore al fare. Per cui, per affermare la realtà assoluta di Dio, si ragionava prevalentemente sulla sua essenza, mentre la sua azione era considerata solo una derivazione secondaria. Così si è creata quella impressione così comune fra gente, cioè che quell’«Essere Perfettissimo» sia lontanano e astratto, e quindi non interessi la vita delle persone sulla terra. Allora occuparsi della fede è solo una specie di hobby: come quello di chi scruta le stelle. Invece, il Dio vero, quello della Scrittura, è un Dio che si trova solo ed esclusivamente nella storia, che si fa storia, che dice di sé facendola diventare storia di salvezza.
Infatti l'appello del primo discorso messo in bocca a Mosé dal Deuteronomio riconosce l'essere di Dio nella creazione, nella relazione con il popolo che si era scelto, nell'azione di liberazione dalla schiavitù, del dono di una terra dove crescere come popolo. Questo è il vero essere, ovvero il vero volto del «Signore nostro Dio». Perciò la fede non si fonda sull'essenza di Dio, bensì sulla storia, e richiede da noi non una risposta teorica, ma un'adesione che metta in gioco tutta la nostra esistenza. Infatti, se Dio si rivela attraverso il suo intervento nella storia, anche la nostra risposta di fede richiede impegno vitale. Sono tale impegno può dare senso alle verità in cui crediamo.

 

Anche la seconda Lettura, per parlare del Dio Trinità non si ferma a disquisire sulla natura delle tre Persone divine. Ma tratteggia il rapporto dell'uomo credente con Dio Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo. Paolo spiega tale relazione attraverso il modello umano del legame fra un padre e un figlio. Grazie al dono dello Spirito, noi possiamo rivolgerci al Padre con la stessa familiarità di Gesù, anzi, con la sua stessa intimità: «Abbà, Papà». Ma come fa l'uomo, limitato e povero di vita, a pensarsi in tale confidenza con Dio «Essere Perfettissimo»? Paolo ricorre al modello giuridico greco della «adozione», sconosciuto al mondo ebraico. Adottare un figlio vuol dire dargli ciò che è essenziale per la vita e che non ha: famiglia, casa, appartenenza, nome, relazioni, patrimonio futuro. Così la grazia divina ci costituisce nella dignità di figli di Dio in modo totalmente inatteso e gratuito. Ciò che ci testimonia e quindi ci garantisce questa incredibile figliolanza è lo Spirito, perché ci svela la qualità più fondamentale di Dio, l'amore. Tanto che la Scrittura proprio su questo punto parla dell'essere di Dio: «Dio è amore» (1Gv 4,8). È un «essere» totalmente aperto fuori di sé nella cura e nella tenerezza, come è l'amore. Dunque lo Spirito ci rende figli di Dio nel Figlio e, quindi, ci fa partecipare della stessa eredità di Cristo, «partecipi della stessa natura di Dio» (2Pt 1,4), destinati alla glorificazione.

 

Il brano evangelico è la conclusione del racconto di Matteo. Questi versetti contengono, nella descrizione che il Risorto fa della missione che affida ai suoi discepoli, la formula trinitaria del battesimo cristiano, e per questo sono proposti per la festa della Santissima Trinità. Stanno a dirci che il battesimo è la prima e radicale rivelazione del mistero trinitario che penetra dentro l'uomo e lo trasforma da creatura in figlio di Dio.
I discepoli, al vedere Gesù risorto, «si prostrarono. Essi però dubitavano». Sono come davanti ad un grande mistero, che avvertono nelle parole di Gesù: andare ad immergere «tutti i popoli» nella realtà più intima ed estroversa di Dio, il suo essere Trinità. I discepoli hanno timore e tremore, per questo sono molto titubanti nella fede. È come se si fermassero sulla soglia, laddove è possibile solo intravedere. Questo per non avere la pretesa di mettere le loro mani sul mistero che Gesù ha loro comunicato. È il paradosso della Trinità, nella quale il mistero è immenso eppure vicino. Dove la trascendenza di Dio non è lontana, non è fredda, eppure è immensa.

 

Noi abbiamo fatto l'abitudine a dire «Padre, Figlio, Spirito Santo». Per questo non ci stupisce più qualcosa che è davvero straordinario: che Dio abbia usato i nostri nomi più "familiari" (padre, figlio, spirito) per dire di sé, del suo mistero che lo fa vivere. Anzi, scrivendo quei nomi con la maiuscola, li abbiamo staccati dalla bellezza della loro realtà umana, e non c'è più l'emozione del padre, del figlio e dello spirito. Non c'è più l'emozione dei volti, delle relazioni che fanno la Trinità. L'uomo è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio. E Dio, per rivelarsi e donarsi, per essere se stesso, per mostrarsi nella sua comunione d'amore, si fa somiglianza dell'uomo, nel suo essere famiglia, accoglienza, riconoscimento dell'altro.

 

Alberto Vianello

 

 

Con la celebrazione della Santa Trinità la Chiesa ricapitola: sono questi i protagonisti della terra e del cielo, del senso e dell’ignoto, della vita oltre il disfarsi dei corpi, della redenzione dopo la caduta, dello spirito e della materia, del Paradiso… Non cercate altrove, nelle pieghe della mente, nel bazar degli incantesimi, non rubate scintille al cielo, vanità di vanità. Se cercate il Dio ignoto dell’Areopago ecco, è il Dio di Gesù. “Non vi è sotto il cielo nessun altro nome che sia stato dato agli uomini, per mezzo del quale noi dobbiamo essere salvati”, è Pietro in Atti 4, 12.

 

Proviamo ad entrare. Nel catechismo di san Pio X si rispondeva alla domanda ‘chi è Dio’: “Dio è l’Essere perfettissimo creatore e Signore del cielo e della terra”. Oggi diciamo che Dio è relazione, e lo capiamo meglio perché la vita è relazione e nessuno può immaginarsi un’isola senza essere affetto da grave patologia. La solitudine non è sempre cosa buona se poi Gesù promette ed invia il ‘Consolatore’. Se ne fa esperienza: le relazioni, le ‘buone’ relazioni fanno sì che gli altri vivano in noi, e noi stessi siamo ricchi di vita. Dio stesso è relazione, dice la Chiesa che in questa solennità riassume la narrazione della salvezza: Dio crea, Dio redime, Dio coabita. La fede si capisce.
Chi è l’origine delle cose, degli alberi, dei mattoni, del mare e della sabbia infinita come le infinite stelle, chi è la causa del pensiero che vorrebbe comprendere, facoltà straordinaria, chi è l’origine dell’uomo e del respiro, chi ha inventato l’amore tra un uomo ed una donna, che è fuoco e brucia i corpi ed accende le anime che si donano vicendevolmente , chi è l’origine della vita che rinasce dai nostri lombi… chi è l’autore dei mille misteri e della creazione tutta, del visibile e dell’invisibile, del piccolo e del grande, della materia di cui siamo fatti e non ci basta, chi sa ogni cosa…? Il Padre.

 

Chi è l’origine del ritorno, dell’innocenza ritrovata, della nostalgia del bene perduto, dell’amicizia insidiata dal suo infelice contrario, chi è l’origine del dono di sé, chi è il perdono, chi paga il prezzo che c’è da pagare, chi ci rende di nuovo liberi e cos’è la libertà, chi l’ha ideata e come la si custodisce, chi è la speranza di non morire, chi la conferma, chi ci redime, chi ci dice in che consiste l’amore fra gli amori, quale valore dargli fra le cose create, cosa è la bellezza e chi la insegna, chi è la sapienza, chi ci rivela la vita piena, chi sazia di ogni bene desiderabile, la nostra sete che i fiumi non estinguono, chi ci dice cosa sia reale e cosa allucinazione, chi ci libera dalle schiavitù del non essere, dall’ego e dal suo alleato, il nemico, l’alienante…? Il Figlio.

 

Chi ci rende possibile farcela, chi ci dà la forza di perdonare e di lasciarci perdonare, di essere fedeli, di rimanere quando si scappa, chi ci fa vedere la bellezza in un volto abbrutito, di piangere con chi piange, di tornare bambini in mezzo a persone seriose, chi ci è così amico da essere noi amici per gli altri, da amare in noi che sappiamo chiaramente di non esserne capaci, chi ci dà il coraggio, la vittoria sulla timidezza, la guarigione dalle malattie, chi ci dà il potere di guarire chi amiamo, chi si comunica a noi ed è vita come in Paolo che non viveva più per sé, chi è giustizia, consolatore in noi, compagnia in noi, chi ci guarisce dalla solitudine e dalla paura, chi ci procura i doni, prendendo dal Padre e dal Figlio, per ridonarli, chi è il Dio in noi che sentiamo che questa vita non basta…? Lo Spirito.

 

Valerio Febei e Rita

 

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