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Attendere l'inatteso

Briciole dalla mensa - 3° Domenica di Avvento (anno A) - 11 dicembre 2022

 

LETTURE

Is 35,1-6.8.10   Sal 145   Gc 5,7-10   Mt 11,2-11

 

COMMENTO

 

«Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». In Giovanni, come in ciascuno di noi, la fede può essere attraversata dal dubbio. Ma non significa necessariamente che non si crede: perché il dubbio può avere l'essenziale funzione di affinare la fede, può portare al passaggio (Pasqua) dall'immagine di Dio che nutriamo, a Dio stesso nel suo rivelarsi.
In effetti, Giovanni Battista era attraversato dal dubbio in quanto le opere di Gesù non sembravano rivelare un Messia come quello preannunciato da lui: opere che fossero severo giudizio su tutte le inautenticità della fede, a partire soprattutto da quelle legate ad una religione ridotta all'appartenenza formale e arrogante, senza vivere l'amore di Dio e del prossimo.
In effetti, Gesù risponde al dubbio del Battista citando dei passi della Scrittura che si compiono nella sua opera, nei quali, però, non sembra rivelarsi quell'azione che ci si aspettava dal Messia. Soprattutto, Gesù aggiunge la beatitudine di chi «non inciampa su di me»: skàndalon è una parola greca che si applica a qualcosa che fa inciampare chi cammina. Gesù ammette che, nonostante le sue opere, non è affatto evidente che Lui sia considerato il Messia in base al suo agire. Per aderire a Gesù, come il Consacrato atteso da Dio, c'è uno scandalo da superare: e lo scandalo è quello di un Messia povero e disarmato in questo mondo.
Allora Giovanni, incarcerato e ormai prossimo al martirio, potrà scoprire, in questa sua sorte, non il fallimento della sua missione, ma, all'opposto, il suo pieno compimento. Prefigurerà la sorte di «colui che deve venire» con il martirio: «La sua stessa morte è un annuncio di Pasqua, della morte e risurrezione di Cristo» (Marco Cé).

 

Quello che trovo estremamente significativo è il fatto che Giovanni, nel suo dubbio, non rivolga a Dio, oppure a se stesso, o ad altri la domanda, ma si rivolga direttamente a colui di cui dubita: «Sei tu…?». Più che mai, qui la fede appare come affidamento personale, come un cammino attraverso il quale cresce la relazione, una relazione fra viventi. L'altro può diventare un dubbio per me. Invece di chiudermi, posso trasformarlo in interrogativo che apre ad orizzonti inaspettati.

 

Subito dopo, Gesù testimonia che il Battista era tutto fuorché un uomo dubbioso, esitante: non era come «una canna sbattuta dal vento». Non era cioè un fuscello agitato da qualsiasi vento spiritualistico. La sua attesa e il suo annuncio del Messia erano assolutamente pertinenti il piano dell'opera salvifica del Signore e radicati nella Scrittura. "Era l'ora" che venisse il Messia, perché la situazione del suo popolo lo richiedeva.
Gesù poi testimonia la coerenza del Battista: per predicare il suo battesimo di conversione, Giovanni ha assunto uno stile di vita che ne fosse conforme: cioè caratterizzato dalla radicalità. Quindi non stava «in morbide vesti nei palazzi dei re», ma nel deserto e nella durezza della vita che esso richiedeva. Una radicalità che voleva portare le persone ad aprirsi al Messia e alla sua opera.
Per questo, Gesù dice che «non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista», perché Giovanni è il solo dell'AT che può annunciare la presenza del Messia atteso dal suo popolo. Giovanni realizza in sé la figura del ritorno di Elia a preparare tale venuta. Giovanni è il più grande uomo che sia nato grazie a questa sua prossimità con il Messia.

 

«Ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui». «Il più piccolo» viene interpretato come qualsiasi che appartiene al Regno inaugurato da Gesù, «mentre Giovanni, in quanto precursore, è rimasto alla porta» (nota della Bibbia di Gerusalemme). Questa lettura provoca però la sgradevole impressione che il Battista resti escluso dal quel Regno che è venuto a preparare, in contrasto con il suo ruolo di nuovo Elia che conduce a colui che introduce a tale Regno. «Il più piccolo» può significare, allora, «il più giovane», il discepolo, cioè Gesù in rapporto a Giovanni. Infatti, nella dimensione puramente storica, Gesù non è risultato superiore a Giovanni. Basti considerare il fatto che il grande storico del tempo, Giuseppe Flavio, dedica una lunga pagina a Giovanni Battista, mentre non parla mai di Gesù. Invece, nella economia del Regno, Gesù è il più grande, perché è il Messia, mentre Giovanni ne era "solo" il precursore.

 

Anche noi apparteniamo al Regno con il titolo di «più piccoli». Perché c'è questo scarto che ci scandalizza: il più piccolo diventato il più grande. È superato il giudizio, inteso non solo come condanna, ma anche come valutazione delle opere. Fossero anche le opere dell'amore. Alla fine, ciò che resterà di ciascuno sarà l'amore che ha vissuto, il resto si decanterà: questo è il giudizio. Temo che di me rimarrà allora ben poco, ma il Signore ricostituirà il mancante, intrecciando amore per una nuova umanità. Il giudizio non seleziona, ma trasfigura.

 

Alberto Vianello

 

 

Chi siete andati a vedere: un uomo piegato dal vento, un uomo di potere, un profeta? Più che profeta, egli è il messaggero inviato a preparare la strada… La domenica scorsa il protagonista era proprio lui, il Battezzatore che ci avvertiva degli ultimi tempi, non ci si illudesse di avere la Chiesa per madre, un’appartenenza ideale e insegnava a cambiare mentalità. Rappresentazione del mondo, a non riporvi fiducia perché non dura, e terremoti, guerre, pandemie ne sono il segno. Ma se questo mondo crollerà, è già crollato! Non ha in sé vita, finalità “…e l’uomo e le sue tombe / e l’estreme sembianze e le reliquie / della terra e del ciel traveste il tempo”. Così stupendamente il Foscolo nel carme Dei sepolcri. 
Tutto è silenzio ‘the day after’. Allora accade qualcosa di veramente nuovo, l’Avvenimento della storia dell’umanità: nella notte una luce rifulse. Che c’è di strano?

Molte cose, parlando di cristianesimo, non sono articoli di fede ma di cultura, di due più due. Per esempio: che la realtà sia fragile e che la vita non sia in noi se non perché ci viene data, non è un articolo di fede. Ma si può non pensare e rifiutare il problema.
Per il resto l’Avvenimento era stato previsto da molti profeti di questo popolo straordinario fra tutti. Lo stesso Isaia 7,14: “Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”. Isaia che profetizza un mondo di pace ecumenica ed ecologica leggendo per noi l’archetipo, l’anima segreta, eterna attesa sepolta in ciascuno di noi. Chi può dire: non mi ci riconosco? Quella profezia si avvera oggi, disse Gesù nella sinagoga di Nazareth (Lc 4,21): “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”. Lo spinsero per buttarlo giù dalla rupe.

 

Chi siete andati a vedere? Un profeta, certo, e che ne avete fatto?  Quale è stata la vostra risposta ai suoi richiami?  Siete forse simili a quei “bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”? (Lc 7,31).
Parla di gente scompensata, distratta incapace di prendere alcunché sul serio. E noi oggi assistiamo alla scena: del Natale parlano gli oggetti da comprare, i pacchi regalo avvolti in carta rossa, i panettoni a non finire e i primi a goderne siano i commercianti… Anche il nostro linguaggio si è assuefatto: buon Natale, diciamo fra poco, ma che vuol dire? È invalsa l’opinione che la religione sia un argomento sensibile, politicamente scorretto, questione privata, un’opzione come tante nel market del libero consumo. Auguri, di cosa? E un sorrisetto melenso nasconde il tradimento.

 

“Beati quelli che non si scandalizzano di me”. Sa che sarà così per i molti, fatica per tutti. Perché non dovremmo scandalizzarci? Perché, dice Gesù, io sono un fatto della storia vivo e vero, non un’invenzione. Con chiarezza Pietro (2Pt 1,16) spiega: “Infatti, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza”.
Si tratta di scegliere a chi, a cosa fare riferimento: alle rappresentazioni del mondo con le sue concupiscenze che pretende di stabilire chi siamo, che desideriamo… o al Cristo, l’atteso delle genti annunciato da millenni e testimoniato poi con la vita da migliaia di credenti. Per dire che la fede non è un gesto di volontarismo dubitante, un breve pensiero pietoso, ‘tanto per’.  E Gesù stesso ci esorta: “Anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10,38). Nicodemo sentiva l’insufficienza del sistema religioso e quella volta anche per noi andò da Gesù, di notte, e gli disse: “Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui” (Gv 3,2).
Nel vangelo di Luca si dice che Gesù in vista di Gerusalemme indurisce il volto e si incamminò verso la sua ora. Occorre che anche noi, attestati nella carità, induriamo il volto di fronte al mondo che ci va usurpando il santo Natale. 

 

Valerio Febei e Rita

 

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