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Aprire l'umano

Briciole dalla mensa - 23° Domenica T.O. (anno B) - 5 settembre 2021

 

LETTURE

Is 35,4-7   Sal 145   Gc 2,1-5   Mc 7,31-37

 

COMMENTO

 

«In pieno territorio della Decapoli»: Gesù si reca in terra pagana ad annunciare il Regno. Lo attrae l'umanità, soprattutto ferita e priva di consolazione: gli «smarriti di cuore» (prima Lettura). Non solo: Marco dice che vi si reca «di nuovo». Nella terra dei senza-Dio, vi ha già incontrato la sorprendente fede della donna siro-fenicia, che, per la guarigione della sua figlioletta, si accontenta delle briciole che cadono dalla mensa del popolo del Signore (cfr. Mc 7,24-30). Gesù va a riconoscere la presenza del Padre in donne e uomini che «promuovono la solidarietà, la fraternità, il desiderio di bene, la verità, la giustizia. Questa presenza non deve essere fabbricata, ma scoperta, svelata» (Evangelii Gaudium 71). Per questo Gesù non si fa chiudere nei recinti religiosi del tempio e di Israele, ma cerca ogni uomo, soprattutto chi più ignora di avere un Dio che si prende cura integralmente della sua vita.
Forse anche noi, talvolta, ci "misuriamo" con Dio solo attraverso la nostra parte religiosa; ignorando che Egli ci ricerca e sorprendentemente si trova anche nei nostri territori "pagani": là dove non possiamo esibire la nostra religiosità, ma siamo autenticamente noi stessi, comprese le nostre lontananze da Dio. Io sono convinto che una cosa che non faccia minimamente problema al nostro Signore siano i nostri personali territori senza Dio. Anzi, in essi forse Egli si sente più "libero" di rivelarsi e donarsi, rispetto ai vari veli religiosi.

 

«Gli portarono un sordomuto». Puntualmente un esegeta nota che il testo parla di una «sordo che si esprime a fatica»: l’incapacità di ascoltare va a condizionare gravemente la capacità di parlare, che di per sé non sarebbe impedita in quest'uomo. Nel nostro mondo mancano le parole: non nel numero di esse, ma parole "belle", che esprimono l'uomo, il mondo, Dio, nella loro bellezza: sono le parole poetiche. Infatti, le parole che ascoltiamo sono quelle degli ambiti dove ci gioca il male: le parole del denaro, del potere, del successo. Impossibilitato ad ascoltare «parole che facciano viva la vita» (Gv 6,67), l'uomo di oggi diventa balbuziente: perde la capacità di relazione attraverso la comunicazione. Finiamo con usare parole che non aprono all'altro e che lo facciano sentire fratello.
Dobbiamo tornare ad usare parole e gesti che non facciano discriminazione fra le persone: fra il ricco e il povero, perché «Dio non ha forse scelto i poveri agli occhi del mondo, che sono ricchi nella fede ed eredi del Regno, promesso a quelli che lo amano?» (seconda Lettura). Ci attendono parole di bene, di accoglienza, di valorizzazione dell'altro: da ascoltare e, quindi, da dire; sapendo che così andremo per forza contro il mondo. Infatti sorprende amaramente constatare che la gente rimane sorpresa se le si rivolge una parola rispettosa, gentile, affabile: perché le persone sono abituate ad udire parole fredde, dure, arroganti, irrispettose e anche violente!

 

Gesù guarisce il sordomuto con degli atti del proprio corpo: gli pone le dita negli orecchi, gli tocca la lingua con la saliva, sospira dicendo «Apriti!». È l'umano concreto che è capace di curare l'umanità ferita.
È tutto l'opposto della magia, che usa, invece, oggetti, segni, parole estranee alla normalità. Noi tutti abbiamo qualcosa di "magico" nella nostra ordinarietà; perché, con il nostro corpo, cioè con la nostra umanità concreta, possiamo compiere i gesti della tenerezza e della cura. Così Gesù ha esercitato sì tutta la potenza che gli dava l'essere Figlio di Dio, ma sempre attraverso la sua umanità. Essa era capace di esprimere "umanamente" tutto il suo coinvolgimento e il suo interesse per l'uomo. Per esempio, sono state le sue umanissime lacrime davanti la tomba di Lazzaro che lo hanno portato a compiere il gesto più divino e a soddisfare l'attesa più umana: far risorgere da morte l'amico. E l’icona della Discesa agli inferi mostra Gesù che prende con la sua mano la mano di Adamo.
Perciò il miracolo non è solo di Dio: anche noi lo possiamo compiere, quando permettiamo alla nostra umanità di essere veramente "umana", cioè quando abbiamo membra che toccano le ferite dell'altro, quando instauriamo una relazione che permette all'altro di guarire dai suoi mali di relazione, ecc.

 

«Apriti!»: Gesù apre le orecchie e la bocca del sordomuto. Il male dell'uomo è la chiusura, che è forse la sofferenza più grande - mi viene da dire - vedendo alcune persone. Ma il miracolo di Gesù è simbolo di tutte le "aperture" che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è venuto a compiere. Innanzitutto è venuto ad aprire il cuore alla consolazione. Ma poi, Lui vuole dare aria a tantissime altre chiusure, personali e comunitarie. Il Signore nel quale crediamo non è fatto per i recinti, per le mura innalzate: è venuto ad abbattere le divisioni e a rendere libero il cammino umano.
Vieni Signore Gesù, e demolisci le barriere che il nostro egoismo continua a costruire, e prenditi cura di tutti gli esclusi che stanno soffrendo per questo.

 

Alberto Vianello

 

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