Home     Chi siamo     Come arrivare     Contatti     Iscriviti

     Calendario    Login

Acqua vera è un incontro

Briciole dalla mensa - 3° Domenica di Quaresima (anno A) - 12 marzo 2023

 

LETTURE

Es 17,3-7   Sal 94   Rm 5,1-2.5-8   Gv 4,5-42

 

COMMENTO

 

L’incontro tra Gesù e la donna samaritana interpella il credente sulla sete, ovvero sul desiderio che ci abita. E suggerisce che la nostra sete profonda è sete di incontro e di relazione.
L'incontro inizia dall’atto con cui Gesù osa il suo bisogno di fronte alla donna, la sua sete: è il bisogno che Dio ha dell’uomo. È come se dicesse: tu puoi dare qualcosa a Dio. A questo Dio assetato. Appartiene allo stile di Gesù di valorizzare qualcosa che è in te. Quando Gesù deve fare il miracolo del vino, chiede ai servi di portare l'acqua delle giare. Quando deve moltiplicare il pane per i cinquemila, chiede al ragazzo di mettergli a disposizione i suoi cinque pani. Questo è il modo di Dio di togliere le distanze: è Dio che mi chiede qualcosa, e non chiede chissà che cosa. È un sorso d'acqua, sono cinque pani, è un piccolo passo. È la bellezza della rivoluzione di Gesù. Lui va ad affermare l'importanza del pozzo che è scavato in ciascuno di noi. Altra rivoluzione: Gesù rivendica il primato del cuore, dello spirito. Per la vera adorazione non è più questione di monti: a confronto dell’adorazione in spirito e verità.

 

La domanda di Gesù viene interpretata dalla donna come se sottintendesse qualcos'altro: dietro le parole di Gesù si nascondesse un’avance. In effetti, il contesto biblico dell'incontro al pozzo è un classico, che diventa occasione di fidanzamento. Ma questa donna di Samaria aveva già conosciuto il corteggiamento, nella sua vita, e il suo inaridimento, cinque matrimoni falliti alle spalle. Aveva conosciuto questo andare continuo al pozzo dell'amore. Attingere per poi ritrovarsi con la brocca vuota. Perché i mariti, come dice Osea, si sono rivelati dei Baal, cioè dei padroni: Os 2,16-19. Come il profeta, anche qui c'è uno che ti parla al cuore. La donna è incantata per quelle parole che vanno al cuore, che è il parlarsi dell'amore. Qui c'è il Messia, ed è nell'immagine di uno che ci parla. Non uno che ti giudica, ma di uno che ti parla. È buona notizia. La buona notizia non è una parola che ti svergogna, ti condanna, ma una parola che ti interpreta, ti incuriosisce, riguarda il desiderio di qualcosa di altro che abita la tua sete. Così, dietro le parole di Gesù, la donna comincia a prendere contatto con una parte di sé che le era nascosta, e che ora le viene svelata. L'acqua comincia a zampillare dentro di sé.

 

Gesù rompe le distanze: chiede l'acqua a una donna di un popolo eterodosso, una donna che vive una vita tumultuosa. Mi sembra che abbiamo davvero motivi per incantarci. Ancora oggi: davanti a uno che chiede, superando tutti i nostri preconcetti. È lo stile di Gesù, è il suo modo di dire a ciascuno (soprattutto a chi si vive lontano e viene considerato tale): guarda che per me tu non sei un vaso vuoto, che la tua anfora non è senz'acqua. È uno stile che tocca la sostanza del suo modo di essere: è lo stile di non minacciare, invece è quello di seminare curiosità, di insinuare un desiderio. «L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente d'acqua che zampilla per la vita eterna».

La domanda torna a noi. Dopo millenni di storia cristiana, che cosa trovano gli altri in chi si dice cristiano? Trovano gli occhi di questo rabbi giudeo che parla con la samaritana, oppure trovano la freddezza e la rigidità  delle pietre? Dio lega il suo nome all'acqua, all’acqua viva. Dio non è dove c'è l'acqua stagnante, chiusa, dove c'è la pesantezza e la noia. Se ti disseti a questo pozzo vero, a questa vera religione, se fai posto dentro di te allo spirito di Dio, di Gesù, anche in te si potrà sentire il gorgogliare dell'acqua nuova, che zampilla per la vita eterna.

 

L'incontro avviene attraverso cose comuni: il pozzo, l'anfora, la sete, le parole quotidiane, lo sguardo, il dialogo con uno sconosciuto. È come se dicesse: sta dentro anche tu alla vita, nella tua vita. Ma non in modo pesante, soffocante, non con i pregiudizi: «Pensa un po', questa ha avuto cinque mariti». Vedi come fa Gesù con la donna samaritana. Non fa violenza, e lei esce poco a poco come un germoglio dal terreno.

L'incontro è emozionante anche per Gesù. Tanto è vero che prima dimentica la sete, e poi dimentica la fame, quando i suoi discepoli gli portano del pane. Come pare diverso Dio, in Gesù Cristo, da come a volte l'abbiamo immaginato noi: è un Dio che si perde negli incontri! Così strano per noi, che abbiamo teorizzato l'uomo religioso come un essere impassibili, misurati, programmati. Proprio per questo, la donna samaritana progressivamente si apre alla relazione con questo giudeo. Sente che, in Lui, non c'è un giudizio, quel giudizio che si era sentita addosso per tutti quegli anni, a causa della sua vita. E la samaritana rivela la sua sete, che era quella di incontrare un uomo di Dio per il quale il fatto dei cinque mariti non fosse un pregiudizio. Acqua vera è un incontro. Ma se non c'è incontro, anche la religione stessa diventa piatto moralismo, etica arida, senz'anima.
Allora non dobbiamo tanto meravigliarci del deserto. La nostra vita conosce sempre, poco o tanto, questo essere aridi, riarsi. E dunque il problema non è tanto quello di non aver sete, perché nella vita avremo sempre tanta sete. Preoccupiamoci, invece, che l'acqua sia viva, e non quella delle cisterne screpolate, di cui avvertono i profeti. Non si tratta di spegnere la sete. Si tratta, invece, di chiarire a se stessi che la sete, quella vera, non possiamo chiuderla con la storia dei cinque mariti. Il problema religioso non è quello di spegnere la sete con le nostre troppe facili risposte. C'è tutta una mentalità tesa a spegnere, una mentalità religiosa. Il problema è il pozzo a cui ti disseti.

 

L'acqua viva è Gesù, lui è il pozzo, la sua parola è l'acqua viva. Lo diciamo con gioia ad ogni persona che cerca qualcosa di vivo. E la samaritana non poteva tenere per sé quell'incontro al pozzo. È tornata in città trasfigurata da quell'incontro. Oggi entra nella nostra città e ci viene a raccontare la sua sorpresa. Quello di aver incontrato un uomo dall’acqua viva. «Venite e vedete». E noi accogliamo il suo invito. Usciamo. A vedere.

 

Alberto Vianello

 

 

Il tempo di Quaresima, tempo delle ripartenze. ‘Esci dalla tua terra, separati dai tuoi, dalle parole che dicono il già noto, il circolo vizioso, la coazione a ripetere, la rappresentazione del mondo già data, le relazioni stantie… e vai verso un luogo che io ti indicherò’.

 

Ci vuole coraggio per nascere. Capita infatti che per molti anni, per tutti gli anni, alcuni considerino la loro storia ‘già’ scritta nelle vicende del passato. Al quale si preferisce restare legati, ai sentimenti dolciastri del rammarico, del risentimento, a conti fatti per viltà. Ne son piene le pagine di scrittori famosi, i verbali dello psicoterapeuta. Ecco la colomba di Kafka che volteggia presso l’arca per farvi subito ritorno, rifiutandosi di cercare terre emerse. Ecco il poeta Pascoli che ripiega sul nido familiare. Ce n’è per tutti. L’esodo è il paradigma della vita umana, un modo di essere e non è che sia databile in un periodo o in una sola occasione: ogni giorno è buono per esodare, ogni circostanza è buona per passare dall’abitudine alla novità, dai miei modi ai modi di Cristo. Ogni volto incontrato, ogni interazione e ogni atto del pensare: si può far del bene o del male, portare nel cuore qualcuno o scaricarlo.
Se pregare è pratica evangelica tanto preziosa da doversi fare ‘in spirito e verità’, se anche ‘solo’ la preghiera, quel moto interno di premura per qualcuno presentato a Dio, l’arte ‘inutile’ dei monaci ma di chiunque altro, basta che abbia una stanza ed una porta da chiudersi dietro, è occasione di una continua ripartenza, slancio da qui a Dio o dalla distrazione all’amore.

Dice uno: ‘Ma dove si vede il bene di cui parli?’. Non si vede? Meglio. Questo potrebbe essere il senso del tempo che ci è dato, finché ne abbiamo: non fallire l’occasione di ogni istante. Non mancheranno neppure le occasioni per dubitare e peggio. Noi che veniamo dopo, abbiamo la testimonianza di tanti, a partire da Paolo che scrive: “Dio mostra il suo amore per noi perché. mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi”. Ma il comportamento degli Ebrei rappresenta una categoria dell’essere umano universale: di fronte alle situazioni difficili e non preventivate lo sconvolgimento ci sarà sempre. Tanto più Gesù ci fa attenti: “Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto al regno di Dio” (cfr. Lc 9,62).

 

La categoria dell’Esodo vale anche per i personaggi del brano di Giovanni. È una catechesi sul motivo dell’acqua, su cui si gioca l’equivoco. E che donna, questa samaritana, molto ‘vera’, concreta, saputa delle cose di questo mondo, spiccia a trattare con uomini! I discepoli, ebrei, sono perplessi e imbarazzati nel vedere Gesù conversare con lei (e la cosa non ci fa meraviglia considerando come oggi, a distanza di duemila anni, si gioca il rapporto uomo donna da quelle parti!). L’educazione avrebbe disposto che lei tornasse al pozzo più tardi evitando chiacchiere con sconosciuti. Infatti la domanda c’è: “Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me che sono una donna samaritana?”. Eccetera.
Poi Gesù spariglia le carte della donna e lei, vistasi scoperta (la rivelazione dei cinque uomini più uno con cui ha vissuto è uno scossone) accusa il colpo, ne esce deviando su un tema ‘adeguato’ al Giudeo, la religione. Buon pedagogo e paziente Gesù la segue e insegna la stupenda regola dell’adorazione: in spirito e verità. “E il momento è questo”. È sempre questo. Giovanni, che scrive, doveva essere presente: troppi particolari concreti e vivaci per raccontare l’episodio per sentito dire, e da chi?

 

All’arrivo dei discepoli un attimo di pausa e lei approfitta per uscire di scena. Troppa tensione finora. Che verosimilmente scarica dai suoi compaesani: un profeta mi ha detto... che sia il Cristo? Evidentemente l’attesa del Messia venturo è viva anche presso questa parte minore di Israele.
Coi discepoli un’altra catechesi. Non si vantino: ad essi il compito di raccogliere quel che altri (i profeti) hanno seminato. Chissà che cosa capiscono. La conclusione è affidata ai Samaritani, verso i quali Gesù non fa differenza, ugualmente visitati, amati. Commentano con la donna, che evidentemente ha svolto bene il suo lavoro: “Non è più per i tuoi discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo”. Che suona così somigliante alle parola di Giobbe: “Io ti conoscevo per sentito dire, ora i miei occhi ti vedono” (Gb 42,5).

 

Valerio Febei e Rita

 

  •  bricioledm
  • commento-Vangelo-3°-domenica-quaresima-anno-A
  • Gesù-e-la-samaritana
  • fede-come-incontro
  • l'acqua-viva
  • adoratori-in-spirito-e-verità
  • Gesù-rompe-le-distanze
  • acqua-viva-è-Gesù
  • sete-dell'uomo

Home                                                       Calendario                                               Monastero                                                  Iniziative                                                              Articoli e pubblicazioni

Chi siamo                                                Iscriviti                                                      Preghiera                                                     Briciole dalla mensa                                         Orari SS. Messe

Come arrivare                                         Contatti                                                     Ospitalità                                                     Una famiglia di famiglie                                   Audiovisivi

Monastero di Marango 

Strada Durisi, 12 - 30021 Marango di Caorle - VE

0421.88142  pfr.marango@tiscalinet.it

Privacy