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Dio non preferisce che l'amore

Briciole dalla mensa - 6° Domenica di Pasqua (anno B) - 9 maggio 2021

 

LETTURE

At 10,25-27.34-35.44-48   Sal 97   1Gv 4,7-10   Gv 15,9-17

 

COMMENTO

 

Lo Spirito Santo scende anche sui «pagani» (prima Lettura) considerati senza fede e senza Dio. Pietro rimane sorpreso e sconvolto da tale "stile" di Dio. «Sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persona». Pietro è costretto ad arrendersi alla caduta della più rilevante istituzione religiosa: la distinzione fra chi rispetta le regole religiose e chi no, distinzione che determinava quindi l'appartenenza a Dio o meno. Il dono dello Spirito (di amore) anche ai “non-fedeli” dimostra che anch’essi sono graditi a Dio.
Purtroppo ancora oggi, nella Chiesa, non si vuole accogliere l'abbattimento di tale muro di divisione (cfr. Ef 2,14-18), così le iniziative di un Vangelo nella vita di tutti - fuori dunque anche della dimensione prettamente religiosa - vengono considerate come non pastorali e quindi, in tempo di crisi, non sostenibili. È perfettamente l'opposto della "storia" del Vangelo e della sua dinamica dirompente i recinti religiosi. Lo "stile" con cui Dio ha aperto ai discepoli di Gesù il loro annuncio oltre le barriere religiose dovrebbe metterci un totale apertura e disponibilità ad un cammino "umano" con tutti: non perché gli altri divengano "cristiani", ma perché diventiamo tutti più "umani".

 

La seconda Lettura è un monumento alla fede nell'amore, con un linguaggio elementare quanto limpido, tanto da non doversi spiegare neanche a un bambino. Essa invita unicamente ad amare gli altri e a lasciarsi amare. Questa è l'unica condizione per appartenere a Dio: tutto ciò che porta a vivere l'amore fraterno esprime pienamente la propria fede.
Questo perché «Dio è amore»: è l'espressione più sintetica e capitale di tutta la Scrittura. Essa è la "definizione" di Dio che lo rivela come Padre che stringe a sé con il massimo della tenerezza ogni uomo, suo figlio. Un amore divino che sempre, nella Bibbia, è concreto e storico: «In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è Lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati». Letteralmente: il suo Figlio «nell'atto perenne e continuo della sua offerta». Gesù ci ama e si dona sempre per noi, donando la sua vita umana e divina a nostro favore. Così vince il male che ci impedisce di vivere l'amore, e ci fa appartenere a Dio e al suo essere, appunto, «amore». Il suo è dunque un amore vero e concreto, che ci rivela Dio e che ci mostra la nostra vocazione umana alla carità.
Dunque la fede sta tutta nella parola «amore». Ma l'amore non è un nostro impegno. Questo testo sommo dice che consiste nel lasciarsi amare dal Signore nel dono della sua vita e nel lasciarsi abitare così dal suo amore in modo da essere capaci, a nostra volta, di amare gli altri. È la stessa "pratica religiosa" che Gesù ha vissuto: si è lasciato amare dal Padre nella sua umanità e ha vissuto l'amore nei confronti delle persone che incontrava, amando di più quelle che ne avevano più bisogno: i pubblici peccatori, gli stranieri, Giuda, il ladrone crocifisso con Lui… È davvero un amore fedele: che ama anche ciò che non è amabile. Solo così Gesù può chiederci quell'eccesso di cura per l'altro che è l'amore per i nemici. Non è uno sforzo eroico e ingiusto: è la naturale conseguenza dell'esperienza di essere amati con altrettanta passione e resi capaci della stessa dedizione.

 

Il Vangelo sancisce anch'esso la centralità dell'amore: «Come il Padre ha amato me, anch'io ho amato voi… Amatevi gli uni gli altri». Gesù raccomanda di «rimanere» in tale amore: come il tralcio nella vite, come un collegamento naturale, vitale ed essenziale. Se non si porta frutti di amore, non si è tralci di quella vite fatta tutta di amore.
Per «rimanere» bisogna «osservare i comandamenti». «Questo è il mio comandamento: chi vi amiate gli uni gli altri». L'amore fraterno è un comandamento del Signore: è sua volontà, è suo desiderio, è suo progetto, è suo fine che gli uomini vivano fra loro l'amore. Non scegliamo noi di amare: il Signore che ci ha voluti per amare, ci ha destinati ad amare. Lui è Signore di amore, perché vive in se stesso la relazione d'amore; Lui è Signore nell'amore, perché vuole che noi lo obbediamo vivendo l'amore. Così, l'amore è tutto il nostro ascolto di Dio, la nostra esperienza di Dio, la nostra ascesi per Dio, la nostra prova in Dio: a seconda della situazione di vita in cui ci troviamo. L'amore è personalissimo: ogni persona è chiamata a viverlo in sé. Però la sua origine e la sua capacità stanno unicamente in Dio: l'uomo non può inorgoglirsi nelle sue capacità di amare, né può rinunciare aprioristicamente nelle sue fatiche ad amare.
Così noi siamo suoi servi, perché dobbiamo obbedire a questo suo comando; ma siamo anche l'opposto di servi, perché siamo suoi amici-amati. Rivelandoci l'amore come sua volontà per l'uomo e per il mondo, Gesù ci rivela tutto di Dio: «Tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi». L'amore è la massima intimità di Dio. In tale partecipazione al più profondo del palpitare divino, troviamo ancora di più il senso e la forza per vivere un'esistenza umana caratterizzata solo dall'amore.

 

Alberto Vianello

 

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