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Resilienza

Briciole dalla mensa - 32° Domenica T.O. (anno A) - 8 novembre 2020

 

LETTURE

Sap 6,12-16; Sal 62; 1Ts 4,13-18; Mt 25,1-13

 

COMMENTO

 

Il Vangelo di questa domenica ci spiazza. Perché noi ci lamentiamo del tempo sempre troppo breve che abbiamo; invece la parabola delle dieci vergini denuncia il rischio opposto di non saper gestire un tempo che diventa lungo. Con tre parabole, Matteo spiega bene come vivere l'attesa del ritorno del Messia: il suo «tardare» necessita la responsabilità al proprio compito (la parabola del servo fedele), il mettere in conto e attrezzarsi per una attesa che diventa lunga (la parabola delle dieci vergini), l'impegno di una fedeltà nelle piccole cose (parabola dei talenti).

 

Il Vangelo ci parla di uno strano matrimonio, che vede dieci ragazze andare incontro allo sposo e metà di esse entrare nella stanza nuziale, mentre la sposa non è nemmeno mai nominata. In una reale festa di matrimonio, le ragazze avrebbero fatto da corteo alla sposa, non allo sposo. Quest'ultimo è un'immagine del Messia (cfr. 2Cor 11,2; Ef 5,23; Ap 19,7) . Forse si può dire che sono le dieci vergini a rappresentare insieme la sposa: è la Chiesa, che, nel suo insieme, è la «sposa del Messia». Allora risulta inutile cercare gli elementi che corrispondono ad una situazione reale di festa di nozze. Il racconto è un'immagine, costruita da Matteo, per raffigurare una attesa del ritorno del Signore che diventa lunga.
Non è solo questione di calendario: ora lo aspettiamo da più di duemila anni! La lunghezza non è data solo dal tempo, ma anche dello scarto fra la condizione umana promessa dal Messia e quello che si vive attualmente nella storia. Oggi, più che mai, siamo lontani dal tempo del Messia; perciò attendiamo tutto come grazia, ma non passivamente. Come allora non rimanere sorpresi per questo scarto, come non essere rinunciatari, o, all'opposto, come non rinchiudersi in attese piccole, che chiudono l'orizzonte a quella più grande?
Cinque stolte e cinque sagge: la Chiesa è sempre una realtà mista: in essa non si separano i santi e peccatori, ma non ci si deve lasciar influenzare da una certa stoltezza che prende molti. In che cosa consiste? Di per sé non si tratta di un comportamento morale sbagliato. Rispetto all'attesa dello sposo, il racconto dice che tutte e dieci «si assopivano e si addormentarono». Vuol dire che non c'è nemmeno richiesto di avere una fede e una prassi che siano perfettamente coerenti e corrispondenti all'attesa della venuta del Messia: essere dei nuovi inflessibili Giovanni Battista, che con l’esempio e la parola annunciano che il Signore sta per tornare. No, semplicemente è chiesto di prendere l'olio di riserva. Cioè saper esercitare la riflessione che fa mettere in conto una attesa prolungata nella notte, pensare all'eventualità che lo sposo ritardi di molto la sua venuta. Se non è solo questione di calendario, ma, come dicevamo prima, anche di scarto fra situazione attuale e realtà attesa, vuol dire che calcolare un'eventuale ritardo significa non essere rinunciatari di fronte a tale scarto. Il Messia porterà la pace, la felicità, il benessere per ogni uomo sulla terra; constatare e vivere l'esperienza contraria nella storia significa abbracciare e praticare una maggiore resilienza in questo tempo e in questa situazione. Il peccato delle cinque stolte consiste nel non attrezzarsi nella fede a questo rimanere lì, magari addormentate, ma pronte alla voce dello sposo se si è messo nel conto di resistere a questo scarto.

 

Per tutto questo, non mi pongo nemmeno la domanda, come capita spesso interpretando questa parabola, che cosa rappresenti come immagine l'olio, così decisivo e dirimente per entrare o essere esclusi dalle nozze. In effetti, questo racconto, globalmente vuol essere un ammaestramento sulla necessità di avere discernimento, intelligenza, il saper fare i conti con un tempo lungo, con una situazione che si prolunga nella sua lontananza da quello che il Signore ci ha promesso e che noi attendiamo.

 

In questo senso, non ci deve lasciar perplessi anche il particolare antipatico della non condivisione dell'olio, da parte delle sagge, con le stolte. Significa che - se il giudizio sarà sulla capacità di rimanere nell'attesa attrezzandosi per un lungo tempo - a quel punto ognuno dovrà rispondere di se stesso, e nessuno potrà dare un aiuto a un altro. E sono convinto che alla fine non ci sarà chiesto tanto il conto dei nostri peccati, ma se avremo avuto la forza, nonostante i nostri sonni, di sperare ancora il Signore. Non una speranza evanescente, condita di scetticismo e passività. Invece una speranza che sa anticipare ciò che si attende, che crede fermamente in Dio ciò che non vede nell'uomo, che non si scandalizza per la mescolanza di bene e di male nel nostro oggi, ma semina il bene e resiste al male. Dio non è un provvedimento governativo che mette a posto tutte le cose. In Gesù, Egli è una mano tesa che afferra quella dell'uomo naufragato. E io, guardo le acque che ancora mi affogano, oppure provo a sentire la presa di quella mano che non mi abbandona?

 

Alberto Vianello

 

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