Il Concilio ha messo le sacre Scritture direttamente nelle mani dei fedeli, esortandoli ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» (Fil 3,8) con la lettura frequente (lectio), accompagnata dalla preghiera (oratio), poichè «quando preghiamo, parliamo con Lui; Lui ascoltiamo quando leggiamo la Parola» (DV 25).

La risurrezione di Cristo è il segno massimo della presenza di Dio nella storia degli uomini, una presenza che non è condizionata da ciò che accade, ma che deriva la sua forza da se stessa, da Dio che si rende presente introducendo nuove forme di presenza.

La possibilità di vivere da figli, divenendo connaturali alla vita di Dio, questo è ciò che opera in noi l'adesione alla Parola, la fede in Gesù, Parola che sta sempre rivolta verso il cuore del Padre.

Diventare pellegrini della fede è lasciarsi dietro tutto un mondo fatto di certezze materiali, di orizzonti culturali, di relazioni affettive. Solo chi decide nel suo cuore questa nuova partenza, diventando per sempre «un forestiero, un uomo di passaggio» (Gen 23,4) potrà sperare di trovare un approdo sicuro, fino ad ereditare i beni promessi.

La vita cristiana è come un viaggio. Negli Atti degli Apostoli i discepoli sono spesso chiamati quelli della strada. Si viene via da un posto, da una situazione e ci si dirige verso un'altra sponda. Si lascia per ricevere. Si perde per trovare.

La vita consacrata deve affermare, vivendolo, uno spazio di inutilià; deve gridare, con il Vangelo, che solo una vita persa, senza alcun guadagno, nemmeno spirituale, è davvero una vita vissuta nella gratuità e può essere gradita a Dio.

«Qualsiasi comunità della chiesa, nella misura in cui pretenda di stare tranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficacia affinchè i poveri vivano con dignità e per l'inclusione di tutti, correrà anche il rischio della dissoluzione, benchè parli di temi sociali o critichi i governi. Facilmente finirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale dissimulata con pratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti» (EG 207).

In un tempo in cui, soprattutto nel nostro Occidente fortemente secolarizzato, l'altro viene ritenuto un problema, e spesso anche una minaccia, il monachesimo, ma più in generale la vita cristiana, nella sua incessante attesa di "Colui che viene", ha gli strumenti spirituali, il cuore e l'orecchio attento, per far sì che il lontano superi la soglia dell'estraneità, e diventi vicino. 

Il Crocifisso è l'amore di Dio che raggiunge il suo scopo, il suo vertice, quando finalmente, sulla croce, incontra l'uomo. È festa. È la pienezza della Pasqua. È la nuova Alleanza. Sono le nozze del Figlio di Dio con la creatura. Il peccato è vinto ed vinta anche la morte. L'amore infatti è più forte della morte (cfr. Ct 8,6).

La nostra vita, spremuta di giorno in giorno, con i nostri dolori, le nostre rinunce, le nostre vittorie sull'egoismo, nell'unico calice del sangue di Cristo, è la nostra adorazione pura al Dio vivente e insieme la nostra migliore offerta, non solo per la nostra salvezza, ma per la vita del mondo. La vita diventa eucaristia.

La preghiera settimanale nelle case, sostenuta dalla comunità monastica, è un'esperienza che dura ormai da molti anni. Le case sono il luogo della condivisione del pane, della vita, dell'accoglienza degli amici. Nella casa la vita cristiana diventa esperienza quotidiana e viene trasmessa ai figli. La preghiera nelle case è un'esperienza che rivela una notevole efficacia evangelizzatrice e rende credibile la comunicazione dalle fede anche ai più piccoli, accompagnandoli all'incontro con il Signore.