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SS. NOME DI MARIA IN MARANGO 
CHIESA GIUBILARE

 

 

1. Che cos'è il Giubileo

Il 24 dicembre 2024, vigilia di Natale, papa Francesco ha aperto la “porta Santa” in San Pietro, dando così inizio al Giubileo. Domenica 29 dicembre 2024 il patriarca ha dato inizio all’Anno giubilare nella Diocesi di Venezia con una solenne liturgia in san Marco.

L’origine di questo anno particolare sta nella tradizione ebraica e nei sacri testi della Bibbia. L’invito è quello di concedere un anno di riposo  per tutta la terra, perché si rinnovi; la liberazione degli schiavi, perché possano ritrovare la loro dignità; il condono dei debiti, perché nessuno si senta inferiore ad un altro; la restituzione dei beni confiscati; l’accoglienza a chi è povero, straniero, in difficoltà. 
Il termine “Giubileo” deriva dallo strumento che veniva suonato per indicare l’inizio di questo anno particolare; si trattava dello Yobel, il corno di montone.
Non si sa bene se e in quale misura l’esortazione che leggiamo nei testi della Bibbia sia stata poi rispettata. Quello che si sa è che a un certo punto l’anno giubilare è entrato a far parte della tradizione cattolica. Nel 1300, per volere del papa Bonifacio VIII, fu istituito un anno dedicato alla remissione dei peccati, alla riconciliazione, alla penitenza.

Aprendo la porta Santa papa Francesco ha detto: «Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c’è speranza anche per te!».
All’omelia il papa ha sottolineato che «dobbiamo portare la speranza  dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza».
Il Giubileo si apre dunque perché a tutti sia donata la speranza del Vangelo, la speranza dell’amore, la speranza del perdono.

Un elemento fondamentale di questo tempo giubilare è il pellegrinaggio.
Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Il pellegrinaggio a piedi favorisce molto la riscoperta del valore del silenzio, della fatica, dell’essenzialità. 
Con un Decreto il patriarca Francesco ha stabilito che per tutta la durata del Giubileo Ordinario dell’anno 2025 a partire dal 29 dicembre 2024 fino al 28 dicembre 2025, alcune chiese nel Patriarcato di Venezia siano da considerarsi Chiese Giubilari, per gli incontri di preghiera e per i pellegrinaggi.

Tra queste chiese il patriarca ha scelto la Chiesa del Santissimo Nome di Maria, cioè la chiesa del monastero di Marango. Questo significa che la nostra comunità sarà coinvolta in prima persona a realizzare gli scopi del Giubileo, attraverso un cammino di conversione, la preghiera perseverante e la pratica esigente della carità. 

 

2. Bolla di indizione

Vi invitiamo alla lettura della Bolla di indizione del Giubileo: “Pellegrini di speranza”.
In questo documento papa Francesco ci esorta , in un tempo particolare di grazia, ad un incontro vivo e personale con Gesù, “porta” di salvezza. Essere uomini e donne di speranza è infatti credere che niente e nessuno ci potrà mai separare dall’amore di Cristo Gesù.
La nostra vita di cristiani è un cammino, che ha periodi di slancio e altri di stanchezza. Ha bisogno allora di momenti forti per nutrire e irrobustire la speranza.
Mettersi in cammino è tipico di chi va alla ricerca del senso della vita. Le chiese giubilari, lungo il percorso, potranno essere oasi di spiritualità dove ristorare il cammino della fede e abbeverarsi alle sorgenti della speranza.


leggi il testo completo

 

3. Preghiera di papa Francesco per il Giubileo

Padre che sei nei cieli,
la fede che ci hai donato
nel tuo figlio Gesù Cristo nostro fratello,
e la fiamma di carità
effusa nei nostri cuori dallo Spirito Santo,
ridestino in noi la beata speranza
per l’avvento del tuo Regno.

La tua grazia ci trasformi
in coltivatori operosi dei semi evangelici
che lievitino l’umanità e il cosmo,
nell’attesa fiduciosa
dei cieli nuovi e della terra nuova,
quando vinte le potenze del Male,
si manifesterà per sempre la tua gloria. 

La grazia del Giubileo
ravvivi in noi pellegrini di speranza,
l’anelito verso i beni celesti
e riversi sul mondo intero
la gioia e la pace
del nostro redentore.
A te Dio benedetto in eterno
sia lode e gloria nei secoli.

Amen

 

4. Accoglienza dei pellegrini a Marango

La chiesa SS. Nome di Maria in Marango può essere punto di arrivo dei pellegrinaggi a piedi o punto di partenza per altre mete. Le mete più vicine sono il Santuario della Madonna dell'Angelo di Caorle (13km con passo-barca; 12 km via pista ciclabile) o la cattedrale di Santo Stefano Protomartire a Concordia Sagittaria, chiesa madre della diocesi di Pordenone (11 km). 

Ai pellegrini proponiamo:

- accoglienza di singoli o piccoli gruppi in giornata o per più giorni da concordare e programmare con la comunità

- la disponibilità dei fratelli o delle sorelle della comunità monastica per un colloquio e dei fratelli presbiteri per il sacramento della riconciliazione 

- la condivisione dei momenti di preghiera: liturgia delle ore, eucaristia, lectio divina orari

- la giornata di silenzio ogni lunedì con adorazione eucaristica dalle 15.30 alle 17.30

- camminate meditate il 3 maggio e il 20 settembre 2025 (altre date in fase di programmazione)

- libri e pubblicazioni per la riflessione sul tema del giubileo "Pellegrini di speranza"

 

5. Libretto per la preghiera nella chiesa giubilare Ss. Nome di Maria  libretto per la preghiera
 

6. Le indulgenze: una questione aperta

Il tema delle indulgenze è un tema delicato sul quale non sono mancate le incomprensioni storiche, che hanno inciso negativamente sulla stessa comunione tra i cristiani. Anche oggi, parlare di “indulgenze” crea una certa difficoltà, fino a sembrare a molti un residuo del passato. Avvertiamo perciò l’esigenza che questa antica pratica, intesa come espressione significativa della misericordia di Dio, venga ben compresa e accolta. L’esperienza attesta come alle indulgenze talvolta ci si accosti con atteggiamenti superficiali, che finiscono per vanificare il dono di Dio, gettando ombra sulle stesse verità e sui valori proposti dall’insegnamento della Chiesa. Oppure, al contrario, ci può essere un rifiuto aprioristico che preclude ogni possibilità di comprensione del valore delle indulgenze.

Il punto di partenza per comprendere l’indulgenza è l’abbondanza della misericordia di Dio, manifestata nella croce di Cristo. Gesù crocifisso è la grande «indulgenza» che il Padre ha offerto all’umanità, mediante il perdono delle colpe e la possibilità della vita filiale nello Spirito Santo (Gv 1,12-13; Gal 4,6; Rm 5,5; 8,15-16).

Questo dono tuttavia, nella logica dell’Alleanza che è il cuore di tutta l’economia della salvezza, non ci raggiunge senza la nostra accettazione e la nostra corrispondenza.

Alla luce di questo principio non è difficile comprendere come la riconciliazione con Dio, pur essendo fondata su un’offerta gratuita e abbondante di misericordia, implichi perciò al tempo stesso un laborioso processo, in cui la Chiesa è coinvolta nel suo compito sacramentale e l’uomo nel suo impegno personale.

Per il perdono dei peccati commessi dopo il battesimo, tale processo ha il suo centro nel sacramento della penitenza, ma si sviluppa anche dopo la sua celebrazione. L’uomo infatti deve essere progressivamente “sanato” rispetto alle conseguenze negative che il peccato ha prodotto in lui. Facciamo degli esempi. Se uno ha il vizio di bestemmiare, o di bere fino a commettere atti di violenza, o di essere infedele al matrimonio, se si confessa, viene perdonato dal suo peccato, ma gli rimane certamente la debolezza, quella fragilità che inevitabilmente lo porterà a ripetere il peccato, appena si presenterà una nuova occasione. Questa fragilità, nel linguaggio giuridico della Chiesa, si chiama “pena” o “residuo del peccato”: la confessione cancella il peccato, ma non la pena.

In tale contesto la pena esprime la condizione di sofferenza di colui che, pur riconciliato con Dio, è ancora segnato da quel «residuo di peccato» che non lo rende totalmente aperto alla grazia. Appunto in vista della guarigione completa il peccatore è chiamato a intraprendere un cammino di purificazione verso la pienezza dell’amore.

Il senso delle indulgenze va colto in questo orizzonte di rinnovamento totale dell’uomo in virtù della grazia di Cristo Redentore affidata al ministero della Chiesa. In questo Giubileo papa Francesco ci esorta a scoprire l’abbraccio misericordioso del Padre, e a ottenere non solo il perdono dei peccati, ma anche la remissione della pena: questa è l’“indulgenza”: «la pienezza del perdono di Dio che non conosce confini». È come se la Chiesa, che è chiamata ad essere il volto umano della misericordia di Dio, dicesse a ciascuno di noi: «Tu sei pentito del tuo peccato, hai ottenuto il perdono del Signore, ma rimani debole: la guarigione per essere vera e reale deve essere totale».

Qual è allora la via per una completa guarigione? Si comincia tornando a partecipare fedelmente all’Eucaristia, ad una liturgia della Parola, ad una celebrazione penitenziale nella quale riceviamo il perdono, ma poi si continua, come ancora ci indica papa Francesco, con un continuo rinnovamento spirituale che ci impegna nella trasformazione del mondo. Solo in un cammino che ci apre agli altri, attraverso la gioia del dono, la nostra debolezza è vinta e in noi può nascere davvero l’uomo nuovo. Un uomo liberato dalla umiliazione della propria pena.    

Possiamo ora comprendere cosa vuol dire il legislatore quando scrive che per indulgenza si intende la «remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro  delle soddisfazioni di Cristo e dei santi» (Enchiridion indulgentiarum, Normae de indulgentiis, Libreria Editrice vaticana 1999, p. 21; cfr Catechismo della Chiesa Cattolica 1471).

È un linguaggio giuridico che pastoralmente deve essere tradotto. Non si può continuare a fare un “copia e incolla”, senza uno sforzo di traduzione nel linguaggio comprensibile ai più.

La Chiesa sa di essere ascoltata dal Padre quando – in considerazione dei meriti di Cristo e, per dono suo, – gli chiede di annullare l’aspetto doloroso della pena, di guarire la debolezza che ci sfianca e ci umilia, proponendo altri percorsi di grazia. È come se ci dicesse: «Non avere paura della tua debolezza; io sono con te e cammino al tuo fianco».

Si vede allora come le indulgenze, lungi dall’essere una sorta di «sconto» all’impegno di conversione, sono piuttosto un aiuto per un impegno più pronto, generoso e radicale. Questo è richiesto al punto che condizione spirituale per ricevere l’indulgenza plenaria è l’esclusione «di ogni affetto verso qualunque peccato anche veniale» (Enchiridion indulgentiarum, p. 25).

Sbaglierebbe allora chi pensasse di poter ricevere questo dono con la semplice attuazione di alcuni adempimenti esteriori. Essi sono richiesti al contrario come espressione e sostegno del cammino di conversione. Manifestano in particolare la fede nell’abbondanza della misericordia di Dio e nella meravigliosa realtà di comunione che Cristo ha realizzato unendo indissolubilmente la Chiesa a se stesso come suo Corpo e sua Sposa.

 

 

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