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Regnare è servire

Briciole dalla mensa - Festa di Cristo Re dell'universo (anno B) - 21 novembre 2021

 

LETTURE

Dn 7,13-14   Sal 92   Ap 1,5-8   Gv 18,33-37

 

COMMENTO

 

Nel Vangelo di Giovanni, il processo e la condanna di Gesù sono raccontati come una solenne proclamazione della sua regalità, seppur per via di negazione, quindi in maniera paradossale. È questa la chiave di lettura che dobbiamo applicare ai versetti che leggiamo questa domenica, nella festa di Cristo re. Propongo perciò una prima parte di semplice interpretazione del testo.
«Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Gesù risponde con queste parole alla domanda di Pilato se Lui fosse il re dei Giudei. Quella di Gesù non è una risposta evasiva né una piccata precisazione. Infatti Egli interroga Pilato su come il governatore romano dica «re dei Giudei»: se lo dice nella maniera in cui lo intende un pagano come lui, cioè re come gli altri re della terra, oppure come lo direbbe un ebreo, che usa «re dei Giudei» come titolo del Messia, e dell'Inviato di Dio a portare la salvezza al suo popolo.
Infatti Pilato risponde: «Sono io forse Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me». Così Pilato precisa che intende «re dei Giudei» in senso religioso, come danno, appunto, questo significato al termine coloro che appartengono al popolo del Signore. Dunque Gesù è interrogato e giudicato riguardo proprio al suo essere il Messia. Certamente la consapevolezza che Pilato aveva del titolo è un'altra questione, ma rimane il fatto che il governatore qui dica «re dei Giudei» non come lo direbbe un romano, ma un Giudeo. Alla fine Gesù verrà condannato proprio per questo e sarà questa l’iscrizione posta sulla sua croce. Solo così, in quanto Messia-Re, Gesù ci procura la salvezza con la sua morte.

 

«Che cosa hai fatto?». Gesù risponde ora alle due domande: sull'essere re e sulla sua azione. «Il mio regno non è di questo mondo»: implicitamente afferma che il suo regno è di un mondo futuro, che è quello di Dio e di quel regno Lui è effettivamente re.
«Se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto…». È questo l'elemento primo dei regni terreni: la lotta, le contese, la violenza, la guerra. Non è questo l'ambito del regno di Cristo. Perché è, invece, totalmente nella luce, nella pace, nella dolcezza e nella vita. È ancora la croce nella sua economia di apparente sconfitta e di grande misericordia. Infatti l'avverbio «quaggiù» è usato anche alla crocifissione, i due ladroni uno «quaggiù» e l'altro «quaggiù» (Gv 19,18) («uno da una parte e uno dall'altra», come dice la nostra traduzione). Perciò la mitezza e l'amore che giungono fino alla croce sono il criterio di discernimento nella contrapposizione tra «questo mondo» e «l'altro mondo».

 

«Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici: io sono re"». Gesù accetta ora questo titolo, perché è stato ormai precisato: Egli è re, ma in questo modo! Poi segue la risposta alla seconda domanda: «Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità». Gesù è nato per essere il Messia, il re, colui che ha la missione precisa di operare la salvezza secondo il piano di Dio, profetizzato dall’AT.
E precisa tre cose: «Sono venuto nel mondo», quindi la sua origine non è di questo mondo; ha una missione nell’universo («nel mondo»); la salvezza che Egli porta è universale. Infine, questa frase di Gesù precisa la sua missione: «Rendere testimonianza alla verità». Nel linguaggio del Vangelo di Giovanni significa che la missione di Gesù è rivelare Dio Padre nel suo essere amore fedele che opera la salvezza della vita dell'uomo. Allora, chi sceglie tale verità di Dio e si mette dalla sua parte («essere da») può cogliere la pienezza di rivelazione in Gesù, nel suo essere il re, il Messia che compie il piano di salvezza del Padre.

 

Possiamo ora trarre delle semplici conclusioni sulla regalità di Cristo, così come il testo ce le offre. La regalità di Gesù non è una pomposa esaltazione della sua realtà, per di più con le categorie umane di forza, di potenza, di prevalenza e, alla fine, di violenza. Gesù è sì re, quindi agisce con efficacia influente sulla realtà delle cose, ma con modalità e con un esito opposti alle logiche del mondo. È una regalità che si realizza come servizio e dono gratuito: non realizza se stesso, ma si prende cura ed "esalta" chi ne ha più bisogno, cioè i poveri.
E per compiere questa regalità non si serve degli eserciti, del denaro, dei giochi di potere; ma umilia se stesso, invece di farsi esaltare, subisce la violenza, invece di provocarla, dona gratuitamente agli altri, invece di pretendere per sé.
Gesù è poi re perché, rivelando la sua regalità, rivela la realtà di Dio Padre. Nella logica opposta a quella del mondo, Dio è grande non perché è superiore, ma perché si fa inferiore, più piccolo dell'uomo, servendolo nel suo Figlio: sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle sue mani, il Figlio prende fra le sue mani i piedi dei discepoli per lavarli (cfr. Gv 13,1ss). Dio non vuole onori per sé, non ricerca esaltazioni della sua regalità. Come Padre, si sente onorato ed esaltato vedendo i propri figli realizzati come persone. Il Padre ha già visto realizzarsi questo nel suo Figlio unigenito, ora attende che possa realizzarsi in tutti gli uomini, sui figli, proprio attraverso l'opera del Figlio che «testimonia la verità»: ci rivela e ci dona l'opera d'amore di Dio per tutti.

 

Alberto Vianello

 

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