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Quale Passione?

Briciole dalla mensa - Domenica delle Palme (anno C) - 10 aprile 2022

 

LETTURE

Is 50,4-7   Sal 21   Fil 2,6-11   Lc 22,14-23,56

 

COMMENTO

 

Alcuni "messaggi" che cogliamo dal racconto della Passione secondo Luca, al centro della domenica delle Palme.
Gesù, un malfattore. Nell'ultima cena, Gesù offre ai suoi discepoli la chiave di lettura della sua Passione. Non parla di sacrificio (mai accennato in tutto il racconto) o di espiazione o di qualche altra categoria devozionale che ci portiamo dietro dai tempi nei quali la Chiesa ha smesso di tenere tra le mani la Bibbia. Invece Gesù dice ai suoi discepoli: «Chi non ha spada, venda il mantello e ne compri una (sembra di essere ai nostri giorni). Perché io vi dico: deve compiersi in me questa parola della Scrittura: E fu annoverato tra gli empi». Poi, alla crocifissione, Luca dice che, insieme con Gesù, «venivano condotti a morte anche altri due malfattori (letteralmente)» (23,32). Dunque l'evangelista ci dice, senza pudori, che «l'autore della vita», colui che opera tutto il Bene di Dio nella storia degli uomini, viene condannato come il peggiore delinquente. Nel Crocifisso c'è tutto il dramma di Dio, che vive pienamente su di sé il rifiuto e la violenza che sembrano dominare il mondo. La più forte denuncia del «mistero di iniquità» del mondo è un Dio che lo subisce nella sua carne come l'ultimo degli uomini. Se l'Incarnazione è la condivisione della condizione umana, la Crocifissione è l’assunzione del dramma e dell'annientamento dell'uomo, ovvero un’Incarnazione fino alla fine. Gesù, il Figlio di Dio, muore in Ucraina assieme ai civili torturati, violentati e trucidati. E non c'è denuncia più forte del male del mondo e che sia Dio a patirlo, insieme all'uomo.

 

Per tre volte Pilato - l'unica autorità costituita per giudicare - aveva affermato l'assoluta innocenza di Gesù, in maniera formale e inequivocabile. Dunque la passione è la storia di una contraddizione: al cuore vi è la scandalosa condanna di un innocente. Se Gesù avesse commesso delle colpe non avrebbe tanto rovinato l'impeccabilità di Dio, quanto la sua solidarietà con gli uomini, perché non sarebbe stato più vicino, ma complice. Gesù ha provato su di sé tutta la forza negativa del male e la ferita dell'odio, che uno prova quando lo condannano pur non avendo fatto del male. Tutto questo serve anche a farci sentire realmente e profondamente compresi dal Signore nelle nostre ferite. Ci sostiene e ci rafforza sapere che Gesù è "in sintonia" con noi quando nella vita compare un dramma o una grande fatica, perché Lui sa bene cosa vuole essere persone umane provate.

 

Gesù intercessore. «Padre, perdona loro… Oggi sarai con me nel paradiso… Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». Tutta l'agonia di Gesù sembra concentrarsi prima della sua Passione, sul monte degli Ulivi, quando la preghiera si è tramutata in sudore di sangue, tanto da aver bisogno del conforto di un angelo. In quella situazione, Gesù ha vissuto interiormente il dramma che poi "materialmente" ha vissuto sulla croce: il triplice invito degli astanti a salvare se stesso. Ma l'auto-salvezza contraddice radicalmente la salvezza cristiana. Gesù era chiamato a passare attraverso l'esperienza di perdere la propria vita: è il dramma dell'uomo. Ma voler mettere in salvo la propria vita è la vera tentazione (cfr. Lc 4,1-13). Chi vuole salvare se stesso, cioè fa di se stesso un fine, il proprio fine, finisce, in realtà, con il perdere la propria umanità.
Una volta superata tale agonia, il Gesù della Passione, nel Vangelo di Luca, diventa, sulla croce, non più un disgraziato abbandonato anche da Dio, ma un potente intercessione e un garante della salvezza. Egli chiede al Padre il perdono dei responsabili della sua uccisione, vivendo così Lui, in prima persona, l'invito fatto ai discepoli di amare anche i propri nemici, pregando per loro (cfr. Lc 6,27-28).
Poi assicura il paradiso al ladrone. Quest'uomo constata la condivisione della sua condizione di condanna da parte di colui che «non ha fatto nulla di male», e questo lo apre alla fede in Gesù: «Gesù (nessuno, in tutto il Vangelo di Luca, lo chiama con il suo solo nome), ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». La fede non è una conquista: è essere riconquistati dalla condivisione dei nostri mali da parte del Signore. Cosicché non c'è uomo che possa dire che Dio è lontano da lui. A quell'uomo Gesù garantisce che, in quello stesso giorno (!), Egli trasfigurerà quella loro compagnia: poiché Dio ha raggiunto l'uomo (sulla croce), allora l'uomo potrà raggiungere Dio (in paradiso). «Oggi sarai con me nel paradiso»: l'accento cade sul «con me». È questo il paradiso: stare in relazione piena, umanissima con Gesù.
Infine, sempre sulla croce, Gesù si consegna al Padre. Non è solo un sentimento di abbandono fiducioso, ma è piena accettazione del disegno di salvezza di Dio, che sa trasformare la volontà di male degli uomini in opera divina di bene. Così Gesù ha dato all'atto del suo morire il valore di rimettere se stesso al Padre: è morto perché ha donato la propria vita, prima che la morte gliela strappasse.

 

Gesù contemplato. Luca dice che la folla «stava a vedere questo spettacolo»: in greco è il termine della contemplazione. Il dramma di un Dio che muore come i peggiori sventurati fra gli uomini è la vera contemplazione cristiana. Quello che fonda una vera passione per l'uomo, ove contemplare la Passione di Dio.

 

Alberto Vianello

 

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