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Nelle mani di Dio, non delle false notizie

Briciole dalla mensa - 1° Domenica di Avvento (anno b) - 3 dicembre 2017

 

LETTURE

Is 63,16-17.19; 64,2-7   Sal 79   1Cor 1,3-9   Mc 13,33-37

 

COMMENTO

Siamo tutti veramente grati a don Giorgio per il servizio alla Parola che ha compiuto in questi tre anni. Lo ringraziamo per la sua capacità di lettura profonda delle Scritture e per la sua passione per il mondo e per la storia. Io posso anche testimoniare che, preso da tanti appuntamenti, ha sacrificato parecchie ore di sonno per essere fedele ogni settimana a questo servizio. Un po' di stacco da questo impegno lo farà trovare ancora più disponibile a riprenderlo; e contiamo che non passi molto tempo.

 

Con la prima domenica di Avvento inizia il nuovo anno liturgico. Iniziamo da dove abbiamo terminato. Domenica scorsa abbiamo visto che alla fine di tutto rimarrà solo l'amore. E le Letture di questa domenica ci invitano a lasciarci determinare oggi da tale prospettiva: come invocazione dell'intervento del Padre celeste (prima Lettura), come frutto dello Spirito che dona stabilità alla vita cristiana in attesa del «giorno del Signore» (seconda Lettura), come vigilanza nella notte (Vangelo).
La prima Lettura è tutta racchiusa nell’invocazione del Signore come «nostro Padre», all'inizio e alla fine del brano. Dio si è mostrato tale perché mai si è visto nella storia che «un Dio abbia fatto tanto per chi confida in lui». La paternità di Dio per gli uomini non è tanto spirituale, ma, piuttosto, concreta: si prende cura di loro, soprattutto quando vivono situazioni di fragilità. Ma Israele è stato infedele a Dio. Non perché non abbia osservato la Legge e il culto. Ma questi atti religiosi sono diventati come dei «panni immondi» perché «nessuno invocava il tuo nome, nessuno si risvegliava per stringersi a te». Anche oggi si possono incontrare contesti ecclesiali impeccabili in quanto a osservanza religiosa, ma privi di un vero rapporto con Dio perché incapaci di riconoscersi umili, terra: «noi siamo argilla e tu colui che ci plasma, tutti noi siamo opera delle tue mani». Se siamo così fatti di Dio tanto da essere plasmati dalle sue mani non possiamo non desiderare che egli determini la nostra storia: «se tu squarciassi i cieli e scendessi!». Tale venuta non è solo ciò che celebriamo a Natale, ma è anche l'appello dell'uomo di oggi, fatto di terra e che, nei suoi drammi, brama di essere e riplasmato dalle mani di Dio.

 

La seconda Lettura è l'inizio della prima Lettera ai Corinti. I doni dello Spirito, che Paolo riconosce in questa comunità, anche se diversi, devono unire i cristiani perché ciascuno di essi è esperienza della caparra della nostra eredità (cfr. Ef 1,14): ci mostrano che tutti siamo destinati al Regno, e così «aspettiamo la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo». I doni dello Spirito ci devono portare all'unità del cammino, non alla suddivisione in tante e autonome "collaborazioni".

 

Per quattro volte, nel brano del Vangelo, Gesù esorta alla vigilanza. Ma inizia il suo insegnamento con un altro imperativo: «fate attenzione», letteralmente: «guardate». Gesù invita ad avere gli occhi aperti, a conoscere effettivamente ciò che ci sta attorno, a confrontarci con la realtà, quella ordinaria, di ogni giorno. Questo invito interessa particolarmente l'uomo di oggi. Perché ricevere molte notizie, come accade a noi oggi, non vuol dire per forza conoscere la realtà. Anzi: si può deviare dalla vera conoscenza. Notizie false, parziali, strumentalizzate possono creare visioni della realtà totalmente false Per esempio, molti prendono posizione sulla questione dell'immigrazione, ma quanti conoscono la vera situazione? I dati reali rivelano che non siamo invasi dagli immigrati, come dice una certa propaganda, che non è vero che non siano bisognosi, che non sono dei fannulloni approfittatori, che non sono tutti violenti, che non sono sempre a carico nostro... La via della fede è anzitutto amore per la verità, onestà intellettuale e rispetto per la realtà effettiva della vita. Per questo, Giuseppe Dossetti insegnava che il cristiano ogni giorno deve leggere il Vangelo, anche studiare la storia: conoscere le grandi dinamiche della vicenda umana e gli studi seri e approfonditi sulla complessità delle situazioni. Perché tutti i regimi assoluti e autoritari, per potersi affermare e reggere, hanno falsificato la realtà.

La vigilanza è atto di umiltà: «non sapete quando è il momento... non sapete quando il padrone di casa ritornerà». Il Signore è diverso e più grande di noi, perciò ci sorprende sempre. Lasciamo perdere i "quando" e i "come" e lasciamoci, invece, provocare dalla sua venuta.
La vigilanza è poi responsabilità: «ciascuno il suo compito». La venuta del Signore non ci può cogliere sprovveduti se siamo fedeli alle cose di tutti i giorni, vivendole come se fossero le definitive. L'atto religioso più autentico è fare le cose bene: le cose della nostra quotidianità, fatte semplicemente, ma bene. Abbiamo spesso un rapporto snaturato con il tempo: non ne abbiamo e così facciamo le cose male, soprattutto trascuriamo le relazioni. L'attesa vigilante del Signore, del suo tempo, comporta un'opera “ecologica”: disinquinare il nostro tempo, rispettare la sua natura, essere così disponibili alla novità portata dal Signore, «Ecco, io faccio nuove tutte le cose» (Ap 21,5).

 

Alberto Vianello

 

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