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La resurrezione della storia

Briciole dalla mensa - Domenica di Pasqua - 17 aprile 2022

 

LETTURE

At 10,34.37-43   Sal 117   Col 3,1-4   Gv 20,1-9

 

COMMENTO

 

Un unico episodio (la mattina di Pasqua al sepolcro di Gesù) in due quadri: Pietro e l'altro discepolo lo trovano vuoto (vv. 1-9), Maria di Magdala vi incontra il risorto (vv. 10-18). Per questo scelgo di considerare tutto il brano è non solo la prima parte, come ci propone la liturgia.
Esso è tutto racchiuso dall’«andare», all'inizio dell'episodio, di Maria al sepolcro (v. 1) e il suo «andare», alla fine, ad annunciare di aver incontrato il Signore Gesù risorto dai morti (v. 18). Da un triste pellegrinare verso un corpo morto che dice un amore infranto, a un gioioso andare per il mondo, dopo che la Vita ti ha chiamato per nome («Maria…»), ad annunciare l'esperienza (non la dottrina) di un Amore divino per l'uomo più forte di qualsiasi morte: questa è la trasfigurazione pasquale.

 

«Maria di Magdala si recò al sepolcro di mattino»: donna che esprime tutto il suo femminile nella passione per il suo Signore, anche solo per il suo povero corpo morto, che la rende coraggiosa e decisa. Lei era stata anche sotto la croce, insieme alla madre di Gesù; mentre i discepoli erano fuggiti al momento dell'arresto di Gesù e rimanevano chiusi in casa «per timore dei Giudei» (v. 19). Se fosse dipeso dagli uomini, nessuno avrebbe saputo quell'essenziale della nostra fede: cioè che quel mattino di Pasqua la tomba sarebbe stata vuota, dato che la vera Pasqua è proprio il «passaggio di Gesù da questo mondo al Padre» (13,1), dalla morte alla resurrezione. Tutta la nostra fede poggia su quell'esperienza di Maria al sepolcro.
Lei va subito ad avvisare Pietro e l'altro discepolo: la sua preoccupazione è ritrovare quel corpo, ultimo legame con una Vita che l’ha amata fino a conquistarla del tutto. Ma il racconto della ricerca di Maria viene sospeso, quasi violentemente, per dirci della corsa tanto affannata quanto inutile dei due discepoli al sepolcro. Un elemento da non sottovalutare: «il discepolo che Gesù amava» arriva per primo, ma aspetta Pietro per lasciargli la precedenza. Quel discepolo era rimasto fedele fino all'ultimo a Gesù: è sotto la croce, dove il Signore gli affida sua madre. Mentre Pietro non solo era fuggito, ma aveva anche negato tre volte il suo legame con Gesù, e davanti ad una serva!
Chi ha responsabilità di guida in una comunità cristiana, come Pietro, ha dei doni e delle capacità. Ma questi gli sono dati e gli sono custoditi dalla fedeltà, anche superiore, di coloro che gli sono affidati. I carismi e le doti sono dati alla comunità, e chi la presiede li esprime formalmente, ma non sono caratteristiche sue, così che si possa dire che il venir meno di un responsabile di comunità faccia mancare tale caratteristiche.

 

La tomba vuota rinvia il discepolo alle Scritture, corpo vivo di Cristo, quel corpo che poi Maria incontra effettivamente. Il mondo oggi ci sembra come quel sepolcro vuoto: un luogo di morte, dove non incontriamo il Signore. Ma ci sono i segni della sua morte: le bende e il sudario. Quella morte è stata realissima condivisione umana integrale, ma non può dire tutto di Gesù. La morte è un vuoto di vita: crea il dolore della mancanza, ma, insieme, dice che c'è ben altro. La morte dice quello che non dice: cioè la vita che la supera, in Dio. Oggi si declina, innanzitutto, come bisogno di pace. La Scrittura dice che è solo dono di Dio, come solo Dio vince la morte. Al credente spetta crederla, in Dio, e sperarla, con tutte le forze.

 

Poi il Vangelo torna su Maria di Magdala. Il suo contatto con la tomba vuota è molto diverso da quello dei due discepoli, vuoti di sentimenti, come quel luogo. Invece lei piange e si china verso di esso: esprime il suo dolore, che è anche il suo contatto con il luogo: «Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro». Così questa donna osa il suo sentimento, non lo soffoca. E questo suo osare fa vedere ciò che senza questo umanissimo esprimersi dalla profondità della propria umanità non è possibile vedere; come invece capita alla razionalità tipicamente maschile: Maria vede prima due angeli, e poi Gesù stesso.
Questa esperienza del divino, della vita più forte della morte, supera infinitamente la ricerca di Maria. È una caratteristica delle donne nel Vangelo di Giovanni: cercano o aspettano qualcosa da Gesù, ma Egli dona molto di più. La madre, si aspettava un segno da Gesù, alle nozze di Cana, e riceve la pienezza dei segni, le nozze divine; la samaritana si aspettava acqua e riceve lo Spirito del Messia; Marta e Maria si aspettavano la guarigione del fratello Lazzaro, e lo ricevono risorto; Maria cerca un morto e incontra il Risorto.

 

Maria non riconosce Gesù: è sempre Lui nella sua umanità, come lei l'aveva conosciuto, ma ora il suo corpo è trasfigurato, assoluto paradosso di un corpo umano limitato eppure abitato da tutta la pienezza di Dio, ovvero dalla illimitatezza della vita eterna. Forse facciamo fatica a credere nella resurrezione perché la pensiamo come una semplice ripresa della nostra umanità: una continuità impossibile. Invece, la resurrezione è rottura radicale con la vita precedente, pur essendo legata ad essa perché ciascuno non diventerà altro che se stesso, nella resurrezione. Chiaro è il paragone di Paolo: è lo stesso rapporto fra il seme (questa vita) e la pianta (la resurrezione): assoluto cambiamento, pur nei termini di sviluppo di vita, quindi di continuità. Oggi lo dobbiamo credere e sperare per ciascuno e per la storia: la pace, dono di Dio, sarà la resurrezione della storia.

 

«Non mi trattenere», dice Gesù a Maria. La motivazione: «Perché non sono ancora salito al Padre». Ma il Padre non è tanto un luogo presso cui stare. In tutto il Vangelo di Giovanni, il Padre è tutta la sua volontà e la sua opera di salvezza per la storia dell'uomo, che culmina nel suo Figlio. Gesù deve andare per le strade della storia, per farla risorgere.
Rischiamo ancora di trattenere il Risorto dentro le liturgie che non celebrano Dio perché non comunicano l'uomo; dentro sagome religiose che non hanno la radicalità del Vangelo; dentro attivismi confessionali che non hanno la passione per l'uomo che si è smarrito lontano da Dio. Dobbiamo lasciare andare Gesù dentro i meandri di questa storia oggi impregnata di tutte le peggiori violenze procurate dalla guerra. Quel corpo martoriato ma riempito di luce sa aprire orizzonti altri, che non fanno prevalere la morte e la distruzione, mai.
Buona Pasqua.

 

Alberto Vianello

 

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