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La maternità di Dio

Briciole dalla mensa - 14° Domenica T.O. (anno C) - 3 luglio 2022
 

Da questa settimana le nostre Briciole diventano pane più sostanzioso. Accogliamo, infatti, il contributo di Rita e Valerio, due amici di vecchia data di don Giorgio e poi della comunità di Marango. Ora vivono a Rimini, e da sempre coniugano la fede con un notevole impegno nella carità, insieme al dono di avere nove figli. La loro sensibilità spirituale e la passione per il Vangelo vissuto arricchiscono il cammino insieme.

 

LETTURE

Is 66,10-14c; Sal 65; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20

 

COMMENTO

Cominciamo daccapo. All’inizio della Messa, dopo l’atto penitenziale e il Gloria, ci si siede e si prende un po’ di riposo. Le parole della prima Lettura in particolare passano via senza lasciare traccia o quasi. Riserviamo l’attenzione al Vangelo, che poi il prete spiega recuperando Isaia e san Paolo. Fa il suo mestiere. Bene.
Il fatto è che ci sono dati due canali, due modalità per farci cristiani: l’ascolto (comprensione, meditazione) della Parola e l’Eucarestia. Il resto viene, bene o male.
La Parola è la lettera di Dio. C’è Dio lì, come c’è nell’Eucarestia. Quindi custodire la Parola leggendola qualche giorno prima, qualcosa se ne pensa che può essere un contributo per un pane a più mani. Lo Spirito spira in chiesa e in casa.
Che dice allora Isaia? «Voi sarete allattati al seno delle sue delizie, come il bambino che si appaga al petto della mamma, sarete portati in braccio e sulle ginocchia sarete accarezzati. Come un a madre consola un figlio così io vi consolerò, a Gerusalemme sarete consolati».
Gerusalemme città simbolo, non c’è altro luogo in cui possa compiersi l’ultimo gesto d’amore di Cristo che avendo dato tutto alla fine dà se stesso. Non c’era più verso di dire altro, di spiegare, di supplicare quasi: credetemi almeno per le opere che compio. Povero amore, amore povero! E manda avanti i suoi a due a due (battute a parte, due è il numero minimo dell’amicizia e della Chiesa) ad annunciare che il Regno è vicino anche a chi non ne vuol sapere.
In «‘questa Gerusalemme’ sarete consolati, lo vedrete e gioirà il vostro cuore…»...
Ora viene il bello. Cioè, viene se capisco che queste parole mi riguardano e quanto.
Perché se a Messa ci vado ci saranno pure dei motivi, uno scrupolo, il senso del dovere, una tradizione da rispettare… va ben tutto. Ma se è solo questo mi perdo il meglio, la promessa. E che promessa! Consolazione, tenerezza, grazia, gloria come di un figlio unico… conoscenza diretta del Padre e con essa di tutte le saggezze. Insomma il non plus ultra del vivere.
Tanto che potrei dire come san Paolo: sono pieno dell’amore di Cristo, che è vita vera, non sprecata, gioia senza stop… e voi, Galati, smettetela di seccarmi anteponendo la necessità dei vostri sforzi umani all’amore gratuito di Dio manifesto in Gesù. Non dobbiamo fare nulla se non saperci amati di un amore che non si merita, non si conquista. L’amore o è gratuito o non è. Questo le mamme lo capiscono meglio e prima dei duri di testa. Lo sa anche Isaia che le tratta da Dio. E sono più vicine alla fede.  E la fede è la condizione che volge il futuro (sarete consolati) al presente, all’oggi. Eh, sì, la fede… e come si fa ad averla?!
La Parola è come un giardino, un albero dal quale pende un frutto alla vista buono e gustoso. I Galati, che sono scemi, cincischiano, perdono tempo: sarà vero o è una visione, quanto costerà, bisogna fare le abluzioni, circoncidersi …?
Paolo dice: e prendilo!

Valerio Febei e Rita

 

«Il Signore designò altri settantadue e li inviò»: la logica è la stessa del miracolo dei pani, cioè la condivisione del poco, che, per grazia del Signore, sovrabbonda per tutti. Allora la missione non consiste nell’andare a portare una dottrina e una morale a della gente che ignora o che è anche ribelle; È, invece, condividere il cammino umano, mettendo a disposizione degli altri quel poco che si è, che apre la generosità anche degli altri, a moltiplicare esperienza di vita. Certo, i nostri 5 pani sono sostanziosi, perché sono Gesù Cristo. Ma il pane chiede di diventare cibo, dimensione “laica”, e non etichetta o pretesa superiorità.

 

«Davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi»: la Chiesa non è la presenza del Signore, ma semplicemente lo precede. Deve solo preparare l’avvento della sua grazia. Anche nel nostro Occidente è ormai terminato il regime di cristianità, che portava tutti ad andare in chiesa, ma era una presenza che ingannava. Se infatti fossero stati davvero cristiani non avrebbero condotto a infinite guerre, fino all’attuale guerra; guerre, fra l’altro, fra cristiani. «Città e luoghi» dove Gesù stava per andare tornano ad essere, oggi, luoghi dove la Chiesa deve rendersi presente, fuori dei recinti parrocchiali. La laicità del lavoro, degli interessi culturali, della sensibilità dell’uomo di oggi devono diventare i luoghi della ricerca della Chiesa. Cercare la presenza del Signore.- più che portarla - e condividerla, laicamente, con le altre persone.

 

«Non portate borsa né sacca…», totale povertà, per farsi accogliere. Ma Gesù non voleva fare dei suoi discepoli degli approfittatori o degli orgogliosi che si fanno servire perché loro sono dediti al più importante, cioè la missione. La povertà e l’inermità del cristiano sono, invece, le condizioni che, per spontaneità umana, portano a mettersi in relazione e comunione con gli altri facendosi piccoli. Poi ci sarà anche il tempo e le occasioni per vestirsi da buon samaritano: ogni volta che si incontra una umanità ferita. Ma sempre da poveri. Perché il sacerdote e il levita che sono passati oltre senza curare il ferito erano ricchi delle loro motivazioni religiose per non usare carità.

 

«In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa”». Nella prima Lettura, la pace viene messa in parallelo con la «gloria delle genti». La «gloria» è la consistenza, il contenuto di una realtà: allora la consistenza e il contenuto dei diversi popoli sono la pace. Questo è l’atto creativo di Dio e il dono finale e definitivo, il Regno. I popoli scorreranno come fiumi verso Gerusalemme, luogo speciale della presenza del Signore, per portarvi pace, grazia del Signore. Questo è il sogno di Isaia. Nel Vangelo di Luca, per Gesù, la dinamica si rovescia: da Gerusalemme - luogo di pacificazione dell’umanità con Dio attraverso il perdono dato da Gesù sulla croce (cfr. Lc 23,34) - la pace deve essere portata a tutte le città e a tutte le case. Questa è la missione degli inviati.
Tanto che questo elemento determina l’accoglienza o meno dei missionari: «Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui altrimenti ritornerà su di voi». La sintonia si crea non sull’accettazione o meno di un dettato di fede, ma quanto sul trovarsi come «figli della pace». In Gesù Cristo, il cristiano è tale, è figlio di Dio, proprio nella misura dell’accoglienza della pace, espressione proprio della maternità di Dio.

 

Alberto Vianello

 

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