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La luce della coscienza che cerca la verità

Briciole dalla mensa - Epifania del Signore - 7 gennaio 2024

 

LETTURE

Is 60,1-6   Sal 71   Ef 3,2-3.5-6   Mt 2,1-12

 

COMMENTO

Da quando eravamo fanciulli, la festa dell'Epifania è segnata, nel nostro immaginario, dal racconto dei Magi venuti da oriente: un racconto che arricchisce di fascino questa festa. Oggi, diventati adulti, sappiamo che tale racconto non è una nuda cronaca. Gli studiosi ci dicono che il Vangelo di Matteo rielabora materiali diversi e costruisce un bellissimo racconto religioso (midrash), che non è solo la storia di Magi, ma storie di donne e di uomini di tutti i tempi. Perciò il racconto diventa ancora più coinvolgente, emozionante, perché vi leggiamo anche un pezzo della nostra storia. Non per nulla i Magi sono senza nome, perché potrebbero avere il nostro nome.

 

L’Epifania è la festa della luce, di questa luce che irraggia sui volti come i nostri, come un giorno su quello dei Magi. Una luce cercata, seguita con gli occhi; poi, al ritorno, riempirà i loro volti.
Quella dei Magi è storia di cammini e di domande, come la nostra storia. E cammini non brevi e veloci, ma lunghi ed estenuanti: da «Oriente», e anche in questo caso non c'è un nome. Là dove sorge il sole di una vita umana inizia il faticoso e affascinante cammino. Come nasce, ogni donna o uomo porta con sé la domanda dei Magi: «dov'è?». Perché non basta nascere: quando uno nasce si dice che «viene alla luce», ma subito ci si chiede dov’è la luce che non tramonta, quella che illumina e riscalda i cuori.
La storia del mondo - quella vera, quella che non sta nei protagonismi dei potenti e nelle loro guerre - sta dentro questa domanda: dov'è? Dov'è per noi la felicità, la promessa che non delude, la via per una terra dove dimori la pace e la giustizia, dov’è l'ingresso dei cieli nuovi e della terra nuova, dov’è la fonte dell'acqua viva, quella che placa la sete del cuore?

 

Quanto cercare, quanto indagare a seguito di questa domanda: dov'è? Tutta la terra e la storia sono attraversate da questi cammini, sono fatti di questi cammini. Proprio i nostri giorni sono segnati da interi popoli che hanno bisogno di cammino, per garantirsi un futuro. Ma il mondo ricco ed egoista lo vuole impedire in tutte le maniere. Costruisce barriere e divieti, provoca guerre per arricchire e dare ancora più potere ai costruttori di armi. Perché oggi ci sono le persone di serie A, che appartengono ai Paesi ricchi, e quelle delle serie inferiori, che appartengono agli altri Paesi.

 

Per fortuna c'è una cometa, che attraversa tutti cieli e tutte le terre, e non distingue in categorie gli uomini. Lasciando da parte l'astrologia o le predestinazioni, io "declino" la stella con la nostra coscienza: è la luce della nostra coscienza. E ciascuno cammina seguendo questa luce. Bisogna che l'uomo di oggi non si lasci sedurre da altre luci, scintillanti ma vuote, che attraversano i cieli: sono meteore, sono maschere del nulla.
A proposito, nel racconto non fanno bella figura le autorità, sia politiche che religiose. Quella politica ha in sospetto le parole nuove: perché ha privilegi consolidati da difendere. Quelle religiose, come dirà Gesù, dicono e non fanno: da nomadi - nomadi di Dio - sono diventati sedentari. Hanno ucciso il «dov'è?»: dentro loro stessi, e poi negli altri. Come il sacerdote Eli che, al giovane Samuele che udiva la voce di Dio chiamarlo per nome, rispondeva: «Torna a dormire» (cfr. 1Sam 3,1-20). Sono diventati sedentari dello spirito.

 

E i potenti di quel tempo drammaticamente cercano di uccidere il Bambino, perché è una Parola nuova, quindi pericolosa. Ma non sanno che Dio salva il suo Figlio da una morte annunciata, come un tempo ha salvato Mosé dalle acque del Nilo.
Mistero strano e sconcertante: il fatto che arrivino i lontani e non i vicini, quelli che dovrebbero arrivare. Forse perché loro si aspettavano qualcosa di più dal loro Dio, uno spettacolo diverso, e non questa disarmante umanità e un silenzio. Nelle liturgie di Natale contempliamo ancora una volta tale mistero: un uomo, una donna, un bambino, il Figlio di Dio, e un silenzio in cui adorare. Troppo poco per muoversi. In loro non abita più la domanda: dov'è? Si è spenta la stella della coscienza. Perché un Dio troppo uomo e troppo povero non può essere il riflesso del loro "io" impeccabile, che si è messo al posto del vero Dio.

 

I Magi rappresentano, dunque, tutti cercatori di verità. Sono sapienti che con la loro ricchezza culturale e religiosa, con la loro contemplazione del creato, si incamminano sulle tracce di Cristo. I Magi rappresentano tutte le genti, che non appartengono al popolo del Signore, ma che hanno una loro gloria da portare a Gerusalemme (cfr. Is 60,1-6), un loro tesoro spirituale da portare al Messia, attirati da Lui proprio dalla loro stessa ricchezza. Così Cristo, fin dalla sua nascita, è spazio d'incontro per tutti gli uomini, soprattutto i più lontani.

 

Alberto Vianello

 

 

Parola del Signore.
1964, Dino Buzzati scrive Che scherzo. Termina così: “… E se sul serio venisse? Silenzio! O Gesù Bambino per favore cammina piano nell’attraversare il salotto. Guai se tu svegli i ragazzi, che disastro sarebbe per noi così colti così intelligenti brevettati miscredenti noi che ci crediamo chissà cosa coi nostri atomi coi nostri razzi. Fa’ piano, Bambino, se puoi”.
L’Epifania suona come l’ultima chiamata. Guardate che è nato il Figlio, l’Atteso. Il Salvatore, e non ne verrà un altro. Oh, certo, diremo: che bisogno c’è di un salvatore? La storia è nostra, nostro è il mondo e noi siamo colti ormai e adulti più che negli anni 60. Il Natale va bene, ma per il sentimento di un giorno, per concederci una volta l’anno l’innocenza dell’infanzia. Gesù va bene per il dolce incanto del presepe, per la magia delle lucine intermittenti e colorate. Ti concediamo tanto e non di più. Se si passa il segno diventi politicamente scorretto, imbarazzante e dovremmo chiamarti ‘cucù’. Restiamo alle lucine e al misto fritto di sentimenti positivi.

 

“E se tu fossi davvero venuto?”. Diceva Pascal, e secondo lui era una ragione per credere: “Conviene. Se Dio non è non abbiamo perso niente, ma se è abbiamo guadagnato tutto”. Non è una buona ragione, insegna comunque una religiosità opportunistica e strumentale. Non basterebbe. C’è poco da girarci attorno: credere è uno scandalo all’intelligenza, alla cultura, alla adultità moderna.
È più facile che la fede nella nascita di Gesù (con quello che poi si dice di Lui!), è come la fede in babbo natale. Si dice ai bambini perché credano con dolce inganno ancora al mistero, alle immagini di fantasia che una volta l’anno, almeno, si concretizzano con i regali, sicché quelli più scaltri, pur venendo a sapere che si tratta di un’invenzione dei grandi, fanno finta di crederci ancora per via dei regali. Per contro c’è da chiedersi se la delusione legata alla scoperta che si tratta di una favola non sia da considerare come una perfida iniziazione alla miscredenza, alla disperazione, ‘all’arido vero’, come lo chiamava Leopardi: dei misteri belli non c’è traccia e la vita è tutta qui.

 

Eppure i Magi erano sapienti, colti, esperti del mistero che unisce il cielo alla terra, dell’essenza della realtà. Gente di scienza insomma. Si fa presto a dire di loro ‘creduloni’, ‘superstiziosi’. Venivano dall’Oriente, terra di una civiltà già antica di almeno tre millenni… Si può scommettere che, per senso della realtà, reggono il confronto con la cultura scientifica moderna. Li descrive bene un intenso film di Ermanno Olmi, senza orpelli, senza retorica. Si misero in viaggio, che non era come prendere un treno, e vagarono verso l’occidente, seguendo una traccia che ora appariva ora dispariva finché videro e credettero, e consegnarono i loro doni al Bambino su cui era caduta la sorte delle stelle in vista dell’amore e la salvezza degli uomini.

 

Ciò non toglie che sempre ci vuole un grande coraggio a tacitare le voci del pragmatismo dentro e fuori di noi, a dire ‘no grazie so andare anche da solo’ e volgere l’attenzione alla parola dei profeti “come a lampada che brilla in luogo oscuro finché non spunti il giorno e si levi la stella del mattino, come per i magi (cfr. 2Pt 1,19). Occorre ancor più una grande umiltà a credere e riconoscere il mistero di quel Bambino che ripaga oltremisura il dono, il credito ricevuto.

 

Valerio Febei e Rita

 

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