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La gioia nella radicalità di rispondere al dono

Briciole dalla mensa - 17° Domenica T.O. (anno A) - 30 luglio 2023

 

LETTURE

1Re 3,5.7-12   Sal 118   Rm 8,28-30   Mt 13,44-52

 

COMMENTO

Nella parabola del seminatore (Vangelo di due domeniche fa), il seme tra i rovi è chi ascolta la Parola ma si fa prendere dalle ricchezze. Ora, le parabole del tesoro e della perla spiegano come si fa a non farsi prendere dalle ricchezze: è la gioia di aver scoperto un bene ancora più grande. La parabola della rete che tira su pesci buoni e cattivi risponde, invece, alla domanda relativa al buon terreno (ancora in riferimento alla parabola del seminatore): quando i giusti riceveranno la loro ricompensa? Dio sopporta gli empi in questo mondo e non affretta il giudizio «fino a quando non saranno entrate tutte le genti» (Rm 11,25).
Molti autori oggi sottolineano che il vero soggetto delle due prime parabole non è l'uomo che ha trovato un tesoro nel campo, né il mercante che ha trovato una perla preziosa, ma il soggetto sono proprio il tesoro e la perla: è il loro valore che dà nuovo senso e nuovo orientamento alla vita. È a causa del loro valore e nella prospettiva di averlo per sé che i due personaggi vendono tutto, abbandonano tutto. Se vogliamo uscire dalla logica economica, possiamo paragonare a quando uno si innamora: viene totalmente preso, è spinto dall'emozione di un tesoro più grande che ha scoperto. È quel tesoro che non lo lascia più fermo, è la bellezza di quella perla, che non lascia più in pace il mercante.

 

Allora si può lasciare tutto, ed essere «pieni di gioia». Il vendere, il lasciare rappresentano la radicalità della vita cristiana, ma la radicalità va vissuto con gioia, perché l'impegno cristiano è dono gratuito di Dio e gratitudine a Lui, da rinnovare ogni giorno; e questo conduce, appunto, alla gioia. È la scoperta di essere, ciascuno, un tesoro prezioso per Dio, una bellissima perla: questo suo amore è il motivo della gioia della radicalità cristiana. È questo amore che può rinnovare le vite di oggi, così chiuse nella stanchezza, nell'insensibilità, nel cinismo, nell'indifferenza.
Qualcuno ha detto che noi abitiamo là dove è il nostro tesoro: è il tesoro che dà senso alla nostra vita. E questo tesoro è Cristo che abita in noi (cfr. 2Cor 13,5): se questo avviene proprio in noi, allora possiamo gioire di una gioia indicibile nel cammino verso il Regno (cfr. 1Pt 1,8-9). Noi dobbiamo soltanto risvegliare, ogni giorno, da coscienza della nostra fede riguardo alla preziosità del dono ricevuto, andando controcorrente rispetto alla secolarizzazione che prende tanti nostri cristiani della domenica, molto segnati dal banale, dallo scontato e dal «tutto è dovuto».

 

La gioia dell'uomo nel campo e quella del mercante sono causate dalla scoperta del tesoro e della perla; è una gioia che "cova" e continua anche nel vendere, per comprare il bene prezioso trovato, tanto da continuare anche quando «vendono tutti i loro averi». Ma soprattutto è attesa di gioia per il futuro. E qui è forte il contrasto con il giovane ricco che resta nella tristezza (cfr. Mt 19,22).
Ho conosciuto persone splendenti di gioia: avevano perso tutto, o quasi, nella vita. Denaro, successo, salute, ma avevano la gioia di ritrovarsi in un dialogo, in un sorriso, in un abbraccio. Così poveri da donarti tutta la ricchezza della loro trasparente umanità. Invece, è raro, fra quelli che si proclamano cristiani tutti d'un pezzo, trovare la gioia: impegno sì, ma è raro l'innamoramento, il coraggio, anche un po' di follia. Prevale il calcolo.

 

Infine c'è il detto sullo scriba «che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche»: lui si è così messo alla scuola del Regno. Gesù aveva già proclamato che non si cuce una pezza di panno nuovo su un abito vecchio, e non si mette del vino nuovo in otri vecchi (cfr. Mt 9,16). Cioè non si possono mettere insieme cose così disparate, come ciò che è nuovo e ciò che è vecchio. Eppure Gesù, secondo le parole che Matteo ci riporta, aveva proclamato di non essere venuto ad abolire il vecchio, ma a compierlo (cfr. Mt 5,17-18). Allora si vuol dire che il rapporto fra nuovo e antico si dipana nel fatto che l'antico diventa nuovo e il nuovo non è valido se non è reinterpretazione dell'antico.
Per rimanere fedeli all'antico bisogna superarlo e attualizzarlo, altrimenti l'antico è come una bella conchiglia, ma ormai vuota. Però il nuovo non si sostituisce all'antico, quindi non lo abolisce: il nuovo compie l'antico. Per Matteo, già l'insegnamento di Gesù, trasmesso dalla tradizione, è, per certi versi, antico cioè è caratterizzato da quella certa antichità che richiede una riattualizzazione, in funzione delle necessità nuove della Chiesa del suo tempo (J. Dupont). E, ancor di più, per la vita della Chiesa nel mondo di oggi. Si tratta allora di uno sforzo pastorale primario, come primo compito di una Chiesa che è chiamata a vivere e ad annunciare Cristo oggi: il «nuovo» dell'uomo contemporaneo e l’attualizzazione del «vecchio» di Gesù Cristo.

 

Alberto Vianello

 

 

 

Un fumo di gente sulla riva, mossa da chissà quante ragioni: un problema di salute curiosità, 'magari fosse l'uomo giusto', una speranza di cambiamento politico, paure varie, fascinazione... Terreni sassosi, rovi, terreno buono.
Parole in parabole, qui pro quo affinché se c'è un discepolo fra quelli, faccia un saltino, capisca per scegliere e scelga di capire.
E voi avete capito tutte queste cose ?Oh, certo: sono tutte qui, in fronte!

Ad ogni modo ve lo ripeto: il regno di Dio, la vita di Dio nell'uomo, il suo di pensiero, cielo e terra nuova, Gesù stesso insomma, è vicino a voi, ma non coincide con i tentativi di essere ben educati, seppure ci riuscite, ché poi tornate alle preoccupazioni... Tutta un'altra roba.
Più di allora, per noi il regno di Dio è a portata di mano, di Chiesa, di Eucarestia.
Sulla riva del mare, fra chi ci mettiamo? Sui banchi della chiesa? Chi cercate? Spinti da cosa? La perla preziosa, di grande valore? La cassa d'oro? Un 6 al Superenalotto? Bingo! "Ecco, io sono più di tutto questo, lì nell'Eucarestia.

L'amore di Gesù, Gesù stesso persona, vale più di quel che si può desiderare: dovremmo scoppiare di contentezza. Santa Caterina de' Pazzi usciva di chiesa dopo l'adorazione urlando come una 'pazza':"L'amore non è amato, l'amore non è amato!".
Il seme cade su ogni terreno, buono e cattivo. Alla fine si vedrà: grano da una parte e zizzania dall'altra, lo stesso dei pesci comunque tirati su nella rete, così di coloro che ascoltano, quanti hanno inteso e fruttificato da una parte e quanti hanno prodotti spini dall'altra.
Quanto al sottoscritto,: bada di non uscire di chiesa come ci sei entrato: la perla vale molto più dei tuoi affanni. E quando preghi per le tue cose, sappiti ascoltato!

 

Valerio Febei e Rita

 

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