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Avvolgere

Briciole dalla mensa - Natale del Signore - 25 dicembre 2023

 

LETTURE

Is 9,1-6   Sal 95   Tt 2,11-14   Lc 2,1-14

 

COMMENTO

Un censimento serviva a contare i sudditi dell'impero per il reclutamento militare e per le tasse. A quel tempo, come oggi, dominavano le guerre e l'interesse economico oppressivo dei potenti. In quel tempo, come nel nostro, il Signore entra nella storia nel modo più dirompente possibile: si sottomette, la vive sulla sua pelle, diventa una delle tante vittime della guerra e dell'ingiustizia sociale.
I tempi della pax romana e quelli di oggi della guerra in Palestina sono tra i più violenti e ingiusti della storia; con il pericolo, per il nostro tempo, di una spirale di degenerazione e allargamento che non conosce precedenti, e non può prevedere un futuro. Rimane sotto i nostri occhi, giorno dopo giorno, l'uccisione di tanti civili, soprattutto bambini, che nessuna azione militare "difensiva" può giustificare.

 

È questo il mondo in cui nasce oggi il Figlio di Dio che diventa uomo come noi: anche lui censito! Come dire: appartiene alla storia, questa nostra storia. È un nome fra i tanti, un numero fra i tanti. L'unica cittadinanza in questo mondo è di essere un consumatore, fra i tanti, una civiltà di numeri e non di persone. Una società che ci tratta come convenienze economiche, perché quel che conta è far quadrare i conti. Se sei solo un costo, non sei nel censimento. Diventiamo tutti dei numeri, senza storie di umanità e senza sentimenti. Così viene a mancare l'unica cosa che ci fa vivere: la relazione.

 

L'antico inno del Te Deum una dice che il Signore Gesù non ha considerato un orrore, una vergogna («Non horruisti») entrare in questo mondo. Così, più il mondo ci appare brutto, negativo, più siamo portati a riconoscere quanto sia illogica, assurda, paradossale l’incarnazione del Figlio di Dio. Non ci può essere alcuna ragione se non l'amore di Dio per l'umanità.
Gli angeli annunciano che «oggi è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo Signore». Viene a liberarci dal male, dal suo dominio sulle nostre relazioni, sempre più conflittuali e antagoniste. Questa è senz’altro la prima cosa di cui abbiamo bisogno. Ma diventa uomo perché non può star lontano da questo umanità che è come il figliol prodigo: ha sperperato tutti i suoi beni, non è più suo figlio, perché non è capace di riconoscere che si è tutti figli di Dio. Si può disperare dell'uomo, ma mai della grazia del Signore, perché Dio è tutto e solo amore.

 

Un censimento che toglie umanità, e, contrapposti i gesti più belli di umanità, quelli di Maria: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia». Dove deponiamo oggi il Signore? È un numero? Lo deponiamo nei registri delle statistiche per i calcoli economici? Lo deponiamo nella fredda coreografia di riti? Oppure lo deponiamo nella vita? Dove poniamo le fasce, la mangiatoia, la povera vita del Figlio di Dio che nasce?
Dobbiamo ridare splendore a questi verbi, di fronte al dominio di considerare l'uccisione di civili come "effetti collaterali", e considerare le persone solo in base alla convenienza economica: «dare alla luce», «avvolgere in fasce», «deporre» (letteralmente: «adagiare»). Sono i verbi della premura, della tenerezza, della custodia della persona: soprattutto fragile, bisognosa, come lo è un neonato, e di una famiglia nella precarietà di essere stata costretta a lasciare la sua casa: come tanti profughi della guerra e della fame di oggi.

 

E non basta un giorno per dare alla luce. Anche a sette anni un figlio va accompagnato alla luce, anche a quindici anni. Anche le persone che ci vivono accanto, anche l'anziano. Tutti hanno bisogno di essere consegnati non allo sconforto, alla solitudine, ma alla luce. «Avvolgere, deporre» sono i verbi dell'attenzione, della premura. Devono tornare ad essere i verbi di questo umanità perduta nella chiusura, nell'egoismo, nella contrapposizione, nell'interesse.

 

Il colore e la tenerezza del «avvolgere» sono le straordinarie esperienze che fanno i pastori. La luce e la bellezza, che sono le caratteristiche di Dio, sono indossate come un mantello da questi semplici e ignari uomini: «La gloria di Dio li avvolse». Vestono tutto ciò che di Dio si può conoscere e sperimentare in termini di vita, di cura, di amore, diventati concreti, divenuti storia.
Gli studi scientifici sulla sindone dicono che il lenzuolo - che ha avvolto il corpo morto di una persona che è stata sottoposta alle torture e alla croce - quel lenzuolo è stato esposto per 0,06 secondi ad una tale luce sconosciuta, proveniente proprio da quel corpo, che è stata capace di imprimere sul telo tutti i particolari di quel corpo che avvolgeva. Per i credenti, quei 0,06 secondi di luce unica sono la risurrezione. La stessa luce ha avvolto i pastori. È luce di un'umanità concreta, quella del Figlio di Dio che nasce come uomo. La luce di un corpo che si spenderà totalmente per amore nostro, porterà su di sé le ferite del mondo del censimento, ma che ci mostrerà, così, che è possibile un'altra umanità. Basta lasciarsi avvolgere, consolare e inviare ad avvolgere i feriti di questa storia.
Buon Natale.

 

Alberto Vianello

 

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