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Il rischio della Parola

Briciole dalla mensa - 5° Domenica T.O. (anno C) - 10 febbraio 2019

 

LETTURE

Is 6,1-2.3-8   Sal 137   1Cor 15,1-11   Lc 5,1-11

 

COMMENTO

Nel Vangelo di domenica scorsa, Gesù indicava ai suoi compaesani che la fede non è un privilegio per quelli di dentro, ma una responsabilità verso quelli di fuori, soprattutto se bisognosi. Il Vangelo di questo domenica, inizia con Gesù che sceglie come pulpito per annunciare la Parola una barca di pescatori, mentre la gente lo ascolta sulla riva del lago. Davvero il Maestro demolisce i recinti dei cuori chiusi all'altro e dei luoghi religiosi che chiudono la Parola, per portare a tutti, «cattivi e buoni», l'invito alle nozze con Dio (cfr. Mt 22,1-14). Perché la salvezza deve essere offerta a tutti, altrimenti non è vera salvezza.

 

La barca sulla quale Gesù era salito era quella di Simone; lui e i suoi soci avevano pescato tutta la notte e non avevano preso nulla. Simbolicamente Gesù occupa proprio il luogo del fallimento della perizia lavorativa dell'uomo e lo trasforma in luogo fecondo: intorno a quella barca preme una grande folla attirata dalla Parola piena di grazia del «figlio di Giuseppe», e anche Pietro diventerà ministro di quella Parola feconda, diventerà «pescatore di uomini».
Ma, prima, Simone deve lasciarsi scomodare da ciò che dice Gesù, che attira tanta gente ma che non fa sconti. Gesù gli chiede, infatti, di tornare a pescare, mentre non avevano preso nulla durante la notte, quando il tempo era più adatto alla pesca. A Simone è chiesto di fidarsi più della Parola di questo Maestro - del quale aveva sì sperimentato la potenza nella guarigione di sua suocera -, ma che ora gli chiedeva di mettere in discussione la sua maggiore conoscenza ed esperienza: quella del suo lavoro. Ci è chiesto di fidarci di Dio non tanto quando parla del cielo e degli angeli, ma quando parla di noi stessi e pretende di saperne di più e, talvolta, in modo contrario, rispetto a quello di cui noi siamo certi. Infatti non ci si può fidare della Parola del Signore se ci si fida di più della propria conoscenza. Però esiste una realtà di questa Parola che ci può conquistare e farci mettere da parte il nostro sapere: è una Parola che promette fecondità. Anche dopo la resurrezione, Gesù, emblematicamente, chiede ai suoi discepoli di avere fiducia nella sua promessa di abbondanza, dopo che, ancora una volta, non avevano pescato nulla: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete» (Gv 21,6).
«Sulla tua parola getterò le reti»: Pietro rinuncia alle sue certezze e accetta il rischio di fidarsi di Gesù. La fede ci chiede non solo di rinunciare ai nostri riferimenti, ma anche di accettare l'incertezza. Finché non vedremo Dio faccia a faccia, bocca a bocca, dobbiamo sapere di dover vivere il rischio di fidarsi della sua Parola. Per secoli si è confusa la fede con una serie di pratiche religiose diffuse: era tutto tranquillo, anzi tranquillizzante, perché procurava un consenso sociale. Ma la fede autentica è un’altra cosa, per questo è molto meno diffusa, perché significa vivere di qualcosa che non è verificabile, non è quantificabile, non procura un risultato immediato. Se non accettiamo che la Parola metta in discussione noi stessi e le nostre (presunte) certezze non ne potremo mai sperimentare la sorprendente fecondità; Pietro ha accettato il rischio e ha sperimentato la bellezza della fiducia nel Signore.

 

Una pesca tanto ricca da far affondare le barche a causa dei pesci presi, fa sprofondare Pietro nel timore: «Signore, allontanati da me, perché sono un peccatore». E’ la gratuità e la sovrabbondanza del dono del Signore, con la sua presenza, che ci fa sentire la nostra distanza da Lui. Il senso del peccato non è, quindi, tanto la presa di coscienza dell'infrazione di una legge o di un codice morale; è, soprattutto, scoprire la generosità del Signore mentre noi non abbiamo il coraggio di fidarci di Lui, e trovarci scettici riguardo alla sua bontà.
Ma Gesù non lascia in sospeso il giudizio su Pietro, come faremmo noi: «Impara, la prossima volta, a fidarti di me...». Anzi, all'opposto, Gesù ripone in Simone la sua massima fiducia, chiamandolo a diventare suo discepolo, a proseguire, quindi, e a comunicare la sua opera di annuncio del Vangelo: «Non temere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini». I dubbi, la mancanza di fiducia, il non accettare l'incertezza vengono superati semplicemente riconoscendo come il Signore crede in noi, pur conoscendo molto bene tutte queste nostre deficienze nella fede. Dio non va in cerca dei perfetti nella fede per farne dei suoi discepoli. Dio preferisce chi fatica a credere, perché nessuno si metta al di sopra degli altri, ma si faccia compagno di cammino soprattutto dei più deboli, condividendone le fatiche e imparando insieme a fidarsi del Signore e della fecondità dei suoi doni gratuiti.

 

Alberto Vianello

 

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